GORBACIOV: IL MAGGIORDOMO SUL LUOGO DEL DELITTO
Mikhail Gorbaciov ritorna sul luogo del delitto, come un maggiordomo dilettante colpevole già al primo sguardo. Tra pochi giorni ricorre quel nefasto 25 dicembre in cui, ormai quasi 26 anni fa, egli si dimise da Capo dello Stato Sovietico favorendo la dissoluzione dell’Urss, ufficialmente proclamata il giorno successivo. Oggi Gorbaciov dichiara: “Schiumo dalla bocca, come si suol dire, si chiamo’ alla preservazione dell’Unione ma il popolo rimase silente. Gli intellettuali rimasero muti”. Costui reclama di essere stato lasciato solo in un momento critico della Storia del Paese. Ma è solo il pretesto di un individuo meschino che si arrampica sugli specchi. L’Urss non doveva capitolare in quel modo poiché c’era lo spazio per avviare un periodo di riforme controllate che non si riducesse ad una mera svendita dello Stato per favorire lo storico rivale geopolitico, gli Usa. Chi vuole restaurare il comunismo è senza cervello, chi non lo rimpiange è senza cuore. Dice bene Putin, in quanto c’è da rimpiangere il ruolo geopolitico del grande blocco dell’Est che per decenni si era opposto alla società occidentale a trazione statunitense, ponendo importanti limiti all’espansione della potenza oltreoceanica poi divenuta egemone su tutto il globo. Il tradimento di Gorbaciov non avvenne, del resto, in quei giorni ma iniziò con la perestrojka o catastrojka, fase di false riforme e promesse mancate che diede il colpo di grazia all’Unione Sovietica, la cui stagnazione andava avanti dagli anni ’50. Abbiamo spiegato altrove che il tradimento è il risultato di un processo oggettivo il quale si realizza per determinate circostanze e condizioni storiche. Ma ciò non sgrava quest’uomo dall’averlo incarnato, essendo stato lui il portatore soggettivo di una dinamica dissolutoria che mandò in rovina, non l’idea (irrealizzabile) e l’ideologia del socialismo, ma la Russia e i suoi satelliti. Gorbaciov e la sua cricca di liquidatori, nonché chi prese il potere successivamente (Eltsin ed oligarchi), debbono assumersi le responsabilità di quanto avvenuto dopo le loro politiche ed eclissarsi per sempre dalla vita pubblica. Meriterebbero il carcere a vita e la damnatio memoriae per quanto hanno causato, per il male che hanno fatto a milioni di russi e non solo. In seguito alle decisioni scellerate di questa banda di liquidatori, il 70% della popolazione finì sotto la soglia di povertà. La mortalità raggiunse livelli da terzo mondo e la gente fu abbandonata a se stessa, discese letteralmente nelle fogne, andò ad elemosinare per strada, a prostituirsi, a scannarsi per un tozzo di pane. Migliaia di morti come in un genocidio. Altro che crimini di Stalin! Adesso questo carnefice senza scrupoli, insignito col Premio Nobel per la Pace nel 1990, continua a balbettare scuse, a inventare giustificazioni. Oltre alle migliaia di vite spezzate sono anche da considerarsi le migrazioni di massa e la crisi demografica che svuotarono e depauperano ulteriormente l’Unione Sovietica negli anni a seguire. Mancano all’appello almeno 48 mln di persone in tutta l’ex Urss per colpa di questo pusillanime ingaggiato da Vuitton per pubblicizzare borse e dalla Hut per propagandare fast food. Una catastrofe inaudita che distrusse il tessuto sociale, l’apparato industriale, quello militare e assistenziale di una superpotenza mondiale di tutto rispetto riportata d’emblée indietro di decenni. Fortunatamente, prima Primakov e poi Putin sono riusciti ad uscire da quel baratro ma c’è ancora molto da fare per recuperare su Washington. Un tale inetto, celebrato unicamente dai nemici di un tempo (ça va sans dire), non merita nessuna considerazione e deve essere svillaneggiato fino alla fine dei suoi giorni ed anche oltre.