FERIRNE DUE ANZICHE ‘ UCCIDERNE UNO
Con l’Elezione di Trump si ammorbidisce il pressing americano su Mosca. Isolare completamente il Cremlino, come voleva fare Obama, non sarà più una priorità della Casa Bianca. Russia e Usa non diventeranno amici ma dovranno intendersi perché, in questa fase, conviene a tutti e due. A Washington non serve annichilire un avversario più debole, benché in recupero di influenza, che può essere strumentalizzato per frenare le iniziative di altri attori regionali, ad ovest come ad est. A Mosca non è utile il muro contro muro con il Gigante d’oltreoceano poiché essa non è all’altezza di lanciare una sfida diretta al predominio a stelle e strisce, ovvero, non è in grado di proporsi come perno di un sistema alternativo a quello esistente, che pur si presenta debilitato rispetto al passato.
Obama, insistendo nella campagna russofoba, stava invece gettando i russi nelle braccia dei cinesi favorendo il rinsaldarsi di una pericolosa entente antiegemonica tra stati riluttanti che hanno in ballo contese etnico-territoriali e non si sono mai fidati l’uno dell’altro. Perché facilitare una simile luna di miele tra spasimanti che non si amano, costretti a stare insieme dalle circostanze?
E’ vero che per il dominio statunitense del mondo un’alleanza eurasiatica tra Russia, Germania e Francia (e Italia) sarebbe di sicuro più perniciosa di un mesto avvicinamento sino-russo, fondato sulla reciproca diffidenza, tuttavia, non è il caso di arrivare a strappi di cui poi è difficile prevedere le conseguenze.
L’America non è più la strapotenza di un tempo e non può più agitare unilateralmente il big stick per sistemare i suoi affari. Deve giocare d’astuzia ricorrendo a strategie più flessibili che includano nuove variabili e tengano conto dello sviluppo delle situazioni nelle diverse aree del pianeta, al fine di non prestare il fianco in nessun luogo dove si infilano competitor di stazza inferiore ma molto agguerriti. Con le sanzioni, i contingenti Nato e lo scudo ABM ai confini europei la Russia è stata per il momento sistemata. E con essa anche l’Ue il cui dialogo con Mosca è sempre più problematico. Un danno gravissimo per due partner quasi naturali. Perseverare in questa direzione, pertanto, non ha alcun senso. Si vedrà che Trump allenterà la morsa ma non la spezzerà. Piuttosto, empatizzerà col Cremlino, accogliendone le ragioni, quando sarà di sua convenienza o gli costerà poco accettarle. In nome di una fantomatica cooperazione per il bene dell’umanità e per la stabilità delle relazioni globali. Per esempio, comprendendo le apprensioni della Russia circa la pressione demografica cinese nelle province siberiane orientali (per estremizzare così la minaccia di quell’espansionismo di Pechino che agita il mar cinese meridionale e orientale e i vicini giapponesi, coreani e taiwanesi, “giustificando” la presenza Usa nella zona) o le inquietudini per le minacce islamiche ai suoi margini meridionali, per continuare con la retorica della guerra al terrorismo che “legalizza” l’interventismo (soprattutto americano), in ogni parte del pianeta. Nella battaglia Usa per assicurarsi la predominanza in Asia-Pacifico, dunque, anche Mosca può tornare utile. Crediamo che la riproposta di un reset delle relazioni russo-americane derivi da queste valutazioni. Come scrive D. Suslov su Limes: “La […] causa per la quale i futuri vertici a stelle e strisce non considerano Mosca una minaccia risiede nella loro convinzione che il vero nemico sia la Cina. Non saranno la Russia o l’Europa le priorità strategiche della nuova amministrazione, bensì l’Asia. Verrà rafforzato il contenimento politico-militare di Pechino, mentre la prosecuzione dello scontro con la Russia – nonché il suo contenimento in Europa e nello spazio post-sovietico – verranno considerate meno prioritarie se non addirittura controproducenti. Nel sistema di coordinate anticinese, Mosca, almeno in un primo tempo, verrà considerata un partner potenziale e non un nemico…Al contempo, si procederà con un nuovo reset. Ufficialmente questo termine non verrà usato, ma il senso sarà lo stesso: tentare di uscire dalla crisi e instaurare una collaborazione in tutti i settori dove sia possibile e conforme agli interessidelle parti”.
Proprio quello che scrivevamo poc’anzi. Però con una precisazione. Dubitiamo che a Washington considerino la Cina il vero nemico. Piuttosto, hanno capito che non è saggio percuotere sempre lo stesso rischiando che questo, messo all’angolo, reagisca brutalmente come ogni animale ferito. Finora si è bastonato troppo l’orso risparmiando il dragone. Meglio ferirne due che ucciderne uno.