FUORI DALL’EURO
Lo studio di Mediobanca Securities (ufficio studi londinese della banca d’affari di Piazzetta Cuccia) avverte una opzione possibile che può verificarsi a breve: l’uscita dalla moneta unica. Uno scenario a tinte fosche con vantaggi possibili e sopratutto risibili. Ed è in questo ragionamento che Mediobanca offre una interpretazione monca che affida all’analisi dei costi l’uscita dall’euro: ragioni squisitamente economiche ma mai politiche.
Ma seguiamo il ragionamento di Mediobanca. Negli ultimi quindici anni (dal 2008 in poi) il Pil italiano non è cresciuto di una virgola e non riusciamo più a ripagare il debito nonostante il maggiore avanzo primario in Europa con un handicap non indifferente: lo Stato italiano incassa dalle nostre imprese tasse più di quanto successivamente spende. Ed alla fine i nostri conti pubblici sono sempre in rosso perché il ragioniere dello Stato ha dovuto pagare gli interessi sul debito pubblico. E nonostante ciò il debito è cresciuto, è fuori controllo. Le imprese private sono stremate e producono in perdita.
In questo scenario la festa è finita; non abbiamo più la possibilità di avere livelli di tassi d’interessi sul debito bassi. Ma si tende nel mondo dell’economia ad avere un rialzo dei tassi sul debito per una serie di problemi: mentre in Italia i prezzi calano (0,1%) nel resto dell’Europa sono all’1’1%; la tendenza della Bce è quella di un rialzo dei tassi e questo al seguito della Fed (americana) che ha intenzione di alzare i tassi; oggi paghiamo 69 miliardi di tassi d’interessi a fronte di un debito di 2.173 miliardi, che cosa accadrebbe se aumentasse di un solo punto il tasso d’interesse, andrebbe fuori controllo il pagamento degli interessi complessivi; Mario Draghi non può continuare all’infinito a comprare i nostri Bpt ed ad un certo punto si dovrà arrestare; le nostre banche sono in default e secondo i regolamenti europei dovranno ridurre l’acquisto di Btp onde ridurre i rischi.
L’insieme di questi considerazioni condotta da una banca di dubbia italianità ma in un misto di inglese- americana, conducono ad una sola conclusione: l’inevitabile aumento del tasso d’interesse. A questo punto l’unica soluzione possibile (secondo Mediobanca) è che diventi necessaria l’uscita dall’euro con una ridenominazione del debito e con un deprezzamento della Lira oltre ad una sostanziale decurtazione del debito, in cui può ritornare sovrana la moneta italiana per un rilancio dell’economia.
Lo studio di Mediobanca sull’uscita dall’euro è un modo tacito quasi concordato con l’amministrazione inglese (vedi brexit) per ottenere la sua benevolenza per chiamare a raccolta o far uscire allo scoperto le forze del cambiamento che ancora sono recalcitranti, non solo in Italia, e che non vogliono impegnarsi alla nuova fase che li attende. In sostanza l’uscita dall’euro così come viene rappresentata può essere un tentativo introdotto come atto simbolico per trattare i singoli Stati in accordi bilaterali. Si tratta di sostituire il monolite europeo fatto con i suoi migliaia di regolamenti che organizzano e dirigono tutta la vicenda europea, con una procedura più snella e che possa imprimere un diverso indirizzo teso ad un riordino di tutta la vicenda europea nella nuova era di Trump.
Ed in queste insieme di avvisaglie fatte di nuovi proclami o tentativi per nuovi indirizzi da imprimere in Europa che si innesta l’affermazione di Navarro (capo di un nuovo organismo voluto da Trump) che “l’euro è solo un marco mascherato al servizio della Germania”. La sua idea è che consente di esportare a prezzi vantaggiosi in America, in sostanza “una manipolazione valutaria.” Nel confronto con la Germania ha risposto Angel Merkel affermando che ha sempre sostenuto che tutto questo si svolge con l’indipendenza della Bce; interpretazione alquanto illusoria in quanto è risaputo che tutto dipende dalla Fed ( ” non si muove foglia che Dio non voglia”, che tradotto si deve intendere che nel periodo Obamiano sia esistito un accordo tacito della Fed che ha permesso la cosiddetta “ manipolazione valutaria” ).
Una semplice schermaglia politica di Trump nei confronti della Merkel che deve cambiare atteggiamento nei confronti della Russia per favorire le forze del cambiamento.
Il segnale della Merkel che l’indirizzo dell’Europa deve essere a due velocità è una resistenza nei confronti di Trump. Impedire o rallentare questo processo di riavvicinamento con la Russia e rendere più difficile la nuova era che si sta già avviando quella di un nuovo multipolarismo.
Il problema principale è rappresentato dalla Germania che per certi aspetti ha rappresentato nel ”maggiordomo” dell’Europa come il più fedele esecutore di ogni direttiva Usa. Tant’è che continua a comportarsi come se avesse sempre Obama alla guida degli Usa. Non ha capito o fa finta di non capire chi è il nuovo Presidente; ma del resto è la vecchia politica che continua come se non fosse successo niente e cambiare improvvisamente per i vecchi dirigenti europei non è affare da poco.
GIANNI DUCHINI, febbraio ‘17