Trump e il Mar Cinese meridionale. di R. Vivaldelli
Il Mar Cinese meridionale sarà oggetto di una nuova e accesa disputa tra la Cina e gli Stati Uniti? Nei giorni scorsi il governo di Pechino ha lanciato un avvertimento ben preciso all’amministrazione Trump, invitando gli Usa ad esprimersi con grande prudenza sull’argomento. A riportare la notizia è ilSouth China Morning Post. “Gli Stati Uniti non sono coinvolti nelle controversie relative al Mar Cinese Meridionale” – ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying in una conferenza stampa svoltasi pochi giorni fa. “Esortiamo gli Stati Uniti a rispettare la realtà e ad esprimersi con cautela, in modo da evitare di minacciare la pace e la stabilità della regione” – ha aggiunto.Un monito che suona come una replica alle parole del portavoce della Casa Bianca Sean Spicer, il quale ha recentemente confermato la posizione diWashington e del presidente Donald Trump in merito: “Difenderemo i territori siti in acque internazionali – ha affermato Spicer – è nei nostri interessi”. Il Segretario di Stato nominato da Trump,Rex Tillerson, ha ribadito che a Pechino non dovrebbe essere consentito l’accesso alle isole realizzate nelle acque oggetto della controversia internazionale, paragonando il comportamento del gigante asiatico “all’annessione russa della Crimea”.
Secondo gli esperti interpellati dal South China Morning Post, è da escludere che laCina faccia un passo indietro: “E’ altamente improbabile che la Cina comprometta le sue pretese di sovranità di fronte alla pressione degli Stati Uniti, possiamo essere sicuri del fatto che la controversia finirà per diventare un contenzioso molto pericoloso nelle relazioni tra Washington e Pechino”, sostiene Ian Storey, senior fellow del think tank ISEAS- Yusof Ishak Institute diSingapore. Per Teng Jianqun, ricercatore presso l’Istituto cinese di studi internazionali, “Trump potrebbe aumentare la presenza militare degli Stati Uniti nella regione, pur agendo sotto il profilo diplomatico e puntando sulla sentenza del tribunale internazionale dello scorso anno la quale ha, di fatto, invalidato le pretese della Cina verso quell’area”.
L’analista geopolitico Pepe Escobar, in unarticolo pubblicato su Asia Times, illustra le regioni per le quali quei territori sono così importanti: “Il Mar Cinese Meridionale – osserva – non è solamente il fulcro della complessa filiera di approvvigionamento globale della Cina; esso protegge l’accesso del Paese verso l’Oceano Indiano, che risulta essere una cruciale via di transito energetica perPechino; inoltre, la Woody Island, sita nelle Paracels, a sud-est dell’isola di Hainan, rappresenta un altro ponte fondamentale per la Via della Seta marittima. Per Pechino, l’espansione nelle isole Spratly e Paracel significa rompere i limiti geografici del sud-est asiatico. D’altro canto, non importa chi è l’inquilino della Casa Bianca, il Pentagono non si asterrà da attuare il suo programma sulla libertà di navigazione e dal far sorvolare i B-52 sopra il Mar Cinese meridionale”.
Per il noto analista la prova muscolare tra le due superpotenze è inevitabile: “L’egemonia militare degli Stati Uniti non può essere messa in discussione, ma la Cina aspira ad essere un concorrente altrettanto potente e legittimato; non è una questione di “se” ma di “quando” si arriverà ad un confronto”. A tutto questo si aggiunge il fatto che l’area presente delle significative riserve di gas naturale e petrolio, benché l’estrazione di tali risorse pare non sia così semplice.
Lo scorso luglio, la Corte permanente di arbitrato (Pca), che dirime le dispute internazionali sui territori marittimi, ha sentenziato che gran parte delle aree rivendicate da Pechino sono in realtà “acque internazionali”. La controversia riguarda principalmente le isole Paracelso, Spratly, Pratas, la barriera di Scarborough e vede contrapporsi oltre alla Repubblica Popolare Cinese, Vietnam, Malaysia, Brunei, Taiwan e le Filippine. Sentenza che la Cina non ha mai accettato nonostante le pressioni degli Stati Uniti. Al contrario, la Casa Bianca accusata a più riprese dallo stesso governo di Pechino di fomentare le tensioni nel Mar Cinese Meridionale. DaBarack Obama a Donald Trump la strategia statunitense nel Mar Cinese meridionale non sembra essere mutata e le tensioni nell’area sono destinate a crescere.