SITUAZIONE POLITICA IN APNEA, di GLG

gianfranco

 

 

1. Occorrono alcune considerazioni iniziali. Innanzitutto, cominciando dal meno importante, ho la netta sensazione che un Salvini sia soggetto politico piuttosto rozzo, con qualche “intuizione” azzeccata, ma insufficiente a farne un leader del tutto credibile. Posso ritenere positivo il suo atteggiamento verso la Russia – ad es. il recente accordo con “Russia Unita” – e tuttavia non mi sembra sufficiente a definire adeguatamente che cosa intende fare per affermare con decisione un indirizzo di tipo autonomista nel nostro paese. Mi rendo conto che ci sono varie difficoltà, anche interne alla stessa Lega. L’atteggiamento di Bossi è ormai chiaramente orientato a rilanciare un ruolo per Berlusconi, del tutto negativo per una seria opposizione all’attuale “maggioranza”, che nemmeno si capisce bene come si reggerebbe senza il pasticciato “agglomerato” politico che pretenderebbe di contrastarla. Anche Maroni non mi sembra fidato; e vedremo l’atteggiamento di uno Zaia nel giro del prossimo anno. Le sue difficoltà (di Salvini) sono quindi evidenti; tuttavia, non mi sembra capace di affrontarle con la dura coerenza ormai necessaria. Ogni tanto urla, minaccia, fa dichiarazioni roboanti, ma non denuncia mai apertamente i suoi nemici “interni” (e Berlusconi innanzitutto), anzi mostra eccessiva “timidezza” e una vocazione alla mediazione del tutto inutile e logorante.

Altra netta difficoltà, in cui incorriamo tutti noi, è nell’incapacità di superare l’ormai vetusta dicotomia destra/sinistra; qualche volta con l’inconsistente variazione di considerare pure l’esistenza di un “centro-destra” e la divisione tra “sinistra” più moderata e quella detta radicale (o comunque dizioni similari). Da non so quanti anni continuiamo a dire che non esiste differenza tra destra e sinistra; e tuttavia ciò è vero solo in parte e sempre cadendo nel più vieto economicismo. In effetti, nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, la destra era considerata fondamentalmente liberista in politica economica, mentre la sinistra tendeva al keynesismo, quindi all’intervento statale, che si sostanziava anche di alcune riforme dello Stato detto sociale. Oggi quella differenza non esiste più; ciononostante altri fattori, di tipo diciamo così culturale e di costume, differenziano pur sempre i due schieramenti, che si guardano costantemente in cagnesco. Inoltre, con gli anni ’70, quelli che si definivano comunisti (e infine perfino i “successori” dei sessantottardi “rivoluzionari”) hanno cominciato a essere definiti, e ad autodefinirsi, di sinistra. In definitiva, permangono tra destra e sinistra delle differenziazioni non indifferenti. Anche se, certamente, non ci si può più riferire a ciò che destra e sinistra sono state storicamente fin dal XIX secolo.

In ogni modo, la destra attuale è del tutto ottusamente liberale e liberista, nulla a che vedere con i liberali “classici” di tutt’altro calibro e spessore. La sinistra odierna è poi un vero coacervo di tutto e di più. Ci sono i successori di quei piciisti che infine, sotto la direzione di Berlinguer, iniziarono il loro trasferimento verso il campo atlantico (cioè verso gli Stati Uniti, detto più precisamente), processo realizzatosi pienamente con il crollo del “socialismo reale” e dell’Urss. Oggi, tuttavia, quei servi particolarmente genuflessi di fronte al nuovo padrone si sono dimostrati degli inetti ed è venuta avanti una nuova sinistra, che pretende di rottamare la precedente. Anche questa non sembra specialmente abile nel servire gli Usa. Inoltre, quanto sta accadendo nel paese “padrone” dopo la vittoria di Trump sta creando a tutti i servitori europei grattacapi vari. Alla fine temo che tutto rientrerà nel solito alveo; in ogni caso, per il momento ci sono difficoltà varie che non si vanno ancora sciogliendo in modo tale da farci comprendere come andrà configurandosi questa Europa ormai fradicia (e fracida).

 

2. In Italia, paese in rapido disfacimento, la sinistra si presenta particolarmente frammentata. Esiste appunto quella in fondo decisa ad abbandonare ogni e qualsiasi riferimento ad una tradizione, che è solo un grande ammasso di rifiuti assai pesanti e soffocanti. Vi è quella che ancora vorrebbe, con gradazioni e intendimenti assai diversi e dai contorni sfumati e di incerta individuazione, restare allacciata al passato (pur sempre quello del tradimento e passaggio di campo, sia chiaro). I disgustosi e incapaci ceti dirigenti – economici e ideologici soprattutto – alimentano persino vecchi rimasugli pseudo-rivoluzionari (sessantottini e post-tali), che reclutano giovinastri disadattati e violenti perfino, a volte, figli di famiglie abbienti e tutto sommato facenti parte dei vari tronconi della sinistra. Ovviamente, queste bande rumorose e solo devastanti devono restare minoritarie e servire a creare quei disordini per cui poi gli stessi ceti, nei loro settori governativi, possano ergersi a difensori della quiete chiesta da una popolazione che ancora non afferra il loro sporco gioco di piccoli e meschini malfattori.

L’unità di tutti questi settori degradati della sinistra si ritrova nel dichiararsi antifascisti e in difesa dall’attacco di presunti nuovi fascisti. Di recente, alcuni settori di questa sinistra privilegiano il termine populista al posto di fascista, ma l’intendimento è lo stesso. Tutti quelli che si oppongono agli “sfascisti” (nel senso di sfasciatori di questo povero paese come sono appunto i nostri esiziali gruppi dominanti economici, politici e ideologici) sono dichiarati ancora fascisti o almeno populisti. Tutto questo rischia di creare in chi comincia a provare odio profondo verso questo ammasso di “sinistre varie” una sorta di richiesta di qualche nuova “marcia su Roma”. Bisogna stare molto attenti a non cadere nella trappola. Non vi è dubbio che vi è oggi bisogno, per risorgere da simile abbrutimento, di una forza politica capace di raccogliere ampie masse popolari sotto la bandiera dell’irriducibile contrasto nei confronti delle sinistre (tutte insieme, senza distinzione nel combatterle con determinazione) e quindi pure verso il loro farneticante antifascismo (e antipopulismo).

Tuttavia, non si deve tornare a prediche, a mio avviso largamente superate, sulla Nazione, sulla Patria, ecc. Si sarà allora bellamente sconfitti. Bisogna dirigere la critica feroce, e piena di volontà distruttiva, verso l’Europa così com’è stata forgiata al puro servizio degli Usa. Occorre finalmente diffondere gli studi fatti e i documenti trovati circa la compera dei vergognosi “padri dell’Europa” da parte di tale paese. Si deve quindi tornare ad una situazione che possiamo definire di autonomia e sovranità nazionale, chiarendo però che si tratta solo della via intermedia, transitoria, per arrivare ad una nuova unione di paesi (non certo tutti quelli che formano l’informe accozzaglia della UE) in grado di partecipare infine alla lotta multipolare in via di tendenziale crescita.

In alcuni paesi decisivi (Germania e Francia, ma credo che anche l’Italia dovrebbe essere della partita) sarebbe necessario crescessero organizzazioni politiche granitiche e decise ad opporsi a questa avvilente e meschina farsa delle elezioni democratiche. Non è questa la strada da percorrere nella difesa degli interessi dei “popoli”, altra mitica invenzione di tutti gli imbroglioni sedicenti “democratici”. Non esiste – e soprattutto dopo settant’anni di subordinazione alla prima potenza mondiale – la possibilità di popoli uniti, nemmeno all’interno dello stesso paese; figuriamoci in alcune decine che vorrebbero chiamarsi Europa. Ci sono gruppi dirigenti che sono, come già detto, meschini malfattori da quattro soldi al servizio degli americani. E hanno saputo costruirsi, come sempre avviene, un loro seguito “popolare” (in specie in settori di ceto medio abbiente, in particolare fra gli intellettuali e nel mondo dello spettacolo), con poi alcune appendici di bande violente e ottuse, solo interessate a sfasciare e colpire ciecamente quelli che vengono loro indicati come nemici fascisti. Adesso, addirittura, data la politica americana dell’epoca Obama, si sono create le massicce migrazioni che portano altri disperati nei nostri paesi (e soprattutto in Italia, come al solito), pronti a essere usati pur essi quali distaccamenti di violenti al servizio dei gruppi al potere in Europa. A fianco dei giovinastri dei centri sociali, degli “antagonisti”, ecc. avremo anche questi altri a fare, che lo sappiano o meno, da cintura protettiva dei governanti europei.

 

3. In rilevanti paesi di questa UE dovrebbe perciò andare formandosi una nuova élite dirigente, capace di organizzare, senza più le lungaggini e le smanie della raccolta dei voti, effettivi gruppi popolari al fine di neutralizzare i suddetti ceti medi al servizio degli attuali detentori del potere in Europa. E con i mezzi a ciò necessari, che solo la stupidità degli oppositori delle “sinistre” (alcuni poi, come ad es. i nostri “berlusconiani”, sono anche dei viscidi che cercano accordi con esse per salvaguardare interessi soltanto personali) vede nell’andata alle urne. Nulla di tutto ciò è possibile in una situazione così degradata e di così profonda corruzione di certi strati della popolazione da parte dei servili gruppi dirigenti europei; oggi in sbandamento e irritazione verso gli Usa di Trump, ma solo perché non sanno come riciclarsi se in questo paese “padrone” si affermasse una troppo drastica revisione strategica in vista del multipolarismo arrivato ad una nuova fase. Sarebbe indispensabile, puramente e semplicemente, eliminare gli organismi dirigenti della UE e annientare tutti i conniventi nei diversi paesi che ne fanno parte.

Mi si consenta un paragone, magari non del tutto preciso ma comunque sufficientemente significativo. Nel XIX secolo, nel periodo del predominio inglese, i gruppi dirigenti di tale paese, coadiuvati da quelli di altri paesi ad essi tutto sommato subordinati (per interessi propri, ovviamente), sostenevano il più assoluto liberismo nell’interscambio mercantile mondiale (la teoria ricardiana dei costi comparati). In alcuni fondamentali paesi crebbero forze politiche al servizio di quelle economiche, che volevano svilupparsi in autonomia rispetto alla prevalenza inglese. Anche allora crebbe via via il multipolarismo. Dal punto di vista della politica economica, tali forze politiche si schierarono per il protezionismo (secondo le teorie di List). I nordisti (industriali) schiacciarono i sudisti (cotonieri) negli Usa, la Prussia eliminò la possibile concorrenza francese (diventando Germania con quella guerra nel 1871), ecc. La violenza decise della crescita di nuove potenze – che si affrancarono dal predominio dell’Inghilterra, alla fine ridotta al rango di “eguale” alle altre – con il seguito, in quel frangente (nella prima metà del XX secolo), di due grandi scontri per decidere infine della supremazia.

Aggiungo che List non era protezionista in assoluto. Lo era per il periodo detto dell’“industria nascente” (eravamo all’epoca della prima rivoluzione industriale e quindi la scelta dei diversi paesi era soltanto tra continuare a dedicarsi all’agricoltura o sviluppare propri settori dell’industria). Oggi, il servilismo degli europei non li rende completamente esenti dall’affermarsi di nuove rivoluzioni tecnologiche, ma certamente – soprattutto tenendo conto dell’importanza delle sfere d’influenza tenute sotto controllo con la potenza bellica – li fa restare un passo indietro rispetto agli Usa. E l’Italia, che a suo tempo conquistò una discreta forza industriale, è rimasta anche due passi indietro. Dobbiamo annientare i nostri “cotonieri”. E occorrono i metodi dei nordisti americani, non gli appelli al “mitico” popolo perché voti contro questi fottuti servitori dello “straniero”. La vera democrazia si ha nell’indipendenza di un paese, non nel continuare ad eleggere dei farabutti rotti ad ogni servitù possibile.

In definitiva, occorre transitoriamente – la stessa transitorietà del protezionismo listiano – una nuova piena sovranità di alcuni importanti e decisivi paesi europei. Una autonomia tesa semplicemente a disgregare ciò che ormai si è depositato in settant’anni di servilismo, diventato ancor più generale e pervasivo dopo il crollo del mondo bipolare. In seguito, se le forze autonomiste – con la giusta dose di “energica messa al passo” dei delinquentelli servili che oggi ci s-governano, facendo gli interessi dei nostri “cotonieri” – riuscissero a impadronirsi dell’intero potere, riducendo gli avversari a miserabili da avviare in “luoghi appartati”, allora si potrà reiniziare la costruzione di una nuova coalizione europea; non ammassandovi però paesi a gogò in assenza di un’adeguata valutazione delle loro scelte in sede internazionale. Questo l’augurio che si può fare a questo povero continente, ridotto oggi ad un colabrodo.