LA SECONDA GUERRA CIVILE AMERICANA

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Nel 1997, sulla televisione americana, andava in onda il film diretto da Joe Dante, The second civil war (la seconda guerra civile americana, nella traduzione italiana).
Una pellicola profetica, vista con gli occhi di oggi, abbondantemente superata dalla realtà, almeno in alcuni eventi e protagonisti.
La trama della proiezione parla di un’America invasa dagli stranieri che spinge il Governatore dell’Idaho a chiudere le frontiere, per impedire i flussi di clandestini da vari Paesi come il Messico. Ne nasce un contenzioso con il Governo Federale che tenta di infrangere il blocco cercando di far entrare in Idaho dei piccoli pakistani, rimasti senza genitori, dopo il lancio di una bomba nucleare da parte dell’India.
Il politico a capo dello Stato nord-occidentale degli Usa non si lascia intimorire, lancia il suo slogan anti-immigrazione e a difesa del sogno americano (L’America…come dovrebbe essere) che sembra quello di Trump (America…First) e mette la Guardia Nazionale a protezione dei confini.
Altri Stati, stanchi delle imposizioni buoniste di Washington, mandano i loro corpi di sicurezza a sostenere il coraggioso Governatore Jim Farley che proprio non comprende come si possa definire razzista “chi vuole preservare l’integrità della propria cultura”, salvare i posti di lavoro dei connazionali ed impedire alle banche e agli industriali di mandare la gente sul lastrico.
Farley, inoltre, come Trump è un vecchio porco sposato che si è innamorato di una giornalista messicana, la quale aspetta un bambino da lui. Ha già deciso di chiamare suo figlio Juan Pablo e di farne un grande leader americano, a dispetto di chi lo accusa di xenofobia, perché una cosa sono le orde di profughi ed un’altra è un solo messicano, per giunta figlio suo. Tuttavia, per amore della giornalista promette di far riaprire le frontiere, un’ora prima della scadenza dell’ultimatum datogli dalla Casa Bianca, e di avviare la successione. Qualcuno però a Washington viene informato male e anziché successione capisce secessione. Senza attendere il termine dell’aut aut l’esercito federale invade l’Idaho ed inizia la guerra civile. Gli americani si spareranno tra loro senza pietà per una decina di giorni finché non verrà riportato l’ordine dall’Amministrazione centrale.
Poiché, come dicevamo la realtà supera l’immaginazione, un tipo quasi come Farley (Donald Trump) è arrivato alla Casa Bianca con gli stessi slogan contro l’immigrazione, a favore dei lavoratori statunitensi e per il ripristino del sogno americano. Contro di lui si sono scatenati i politicamente corretti di ogni dove e i poteri forti, d’ispirazione democratica, usciti sconfitti dalle elezioni.
Con metodi menzogneri ed illegali costoro provano ora a rovesciare il legittimo Presidente. Ogni mezzo è lecito per raggiungere lo scopo, dalla propaganda-disinformazione (le accuse di razzismo) alle imputazioni, per ora solo adombrate, di alto tradimento (i legami con i russi). Dubito che, come nella finzione cinematografica, le cose possano sfuggire di mano ma non si può mai sapere. Certo è che gli Usa hanno sempre risolto tali problemi utilizzando sistemi più mirati e anche se non meno clamorosi. Evidentemente, nel Deep State statunitense la lotta si è fatta molto acuta ed è in atto una guerra per il potere più acerrima che in passato. E’ plausibile che si ridetermini un equilibrio in nome dell’unità nazionale ma prima che questo avvenga ne vedremo delle belle. Nulla sarà come prima perché una volta innalzato il livello dello scontro s’impone la tendenza a spingersi sempre oltre, finché non muta tutto il quadro dei rapporti di forza, trovando una nuova stabilizzazione. La fase di crisi politica mondiale agevolerà il verificarsi di simili eventi, negli Usa come altrove. La guerra per bande dominanti in tutto il pianeta sarà l’atout dei nostri tempi che cambiano. Ed i paesi più dipendenti dagli americani, in perdita relativa di potenza, sono quelli che sentiranno maggiormente le scosse che partiranno dal cuore dell’impero occidentale.