LA FED ALZA I TASSI

Mr. Trump- Yellow Tie

 

A seguito di una crescita di 232 mila nuovi posti di lavoro,  creati solo a febbraio 2017,  in America, grazie a Trump, si è in grado di alzare i tassi di interesse di un quarto di punto. Così Trump aiuta la Yellen (direttrice della Fed) ad innalzare i tassi e dare un spinta  alla industria manifatturiera, finora falcidiata dalla  politica obamiana con la quasi sparizione della middle classe, per favorire  un  terziario  compresso nel salario (commessi e camerieri).

Un effetto vistoso, inaugurato con la nuova fase storica di Trump, sono le nuove assunzioni nell’industria e nelle costruzioni ed a seguire un rialzo di un tasso di interesse in una forchetta compresa tra lo 0,75 e l’1% (e con possibili nuovi rialzi).

Altri motivi sono da ricercare per un rialzo dei tassi d’interesse. Anzitutto, l’intento di ripristinare una politica monetaria che permetta un intervento più modulato e più elastico in relazione alle necessità di un mercato monetario alquanto depresso a causa delle continue bolle finanziarie succedutesi negli ultimi anni, oltre ad un appiattimento dei tassi d’interesse che ha favorito la pratica del buy back miliardario (riacquisto di azioni proprie e obbligazioni allo scopo di ridurre il numero di titoli circolanti sul mercato).

La politica di Trump ha finora ottenuta un certo successo, nonostante che Yellen (presidente della Fed) sembra remare contro.  Come sul tema dell’immigrazione, dopo il bando all’ingresso negli Stati Uniti di rifugiati e cittadini di 7 Paesi africani e mediorientali, la Yellen ha dichiarato che: “Rallentare l’immigrazione farebbe rallentare anche la crescita economica”.

Ogni passo della politica trumpiana è segnato dalle frapposizioni delle opposizioni (obamiane). Al momento Trump tiene duro, nonostante la sconfitta parlamentare sull’ “Obamacare” (riforma sanitaria) del sistema sanitario nazionale americano.

L’amministrazione Trump è molto muscolare  sul versante economico, con il rafforzamento di politiche protezionistiche. E’ questo uno degli aspetti più importante della politica di Trump.

I principi che presiedono  la logica trumpiana su un nuovo assetto del Commercio Internazionale  tendono ad escludere gli accordi globali (e/o globalismo) a favore delle intese bilaterali. E’ un modo di procedere che espone l’America- e il mondo intero- a un nuovo protezionismo  con i rischi in esso connessi di dover pagare  di più i beni di consumo  se si innalzeranno ovunque barriere commerciali.

Ma ci sono altre promesse di Trump che se attuate porterebbero ad importanti ricadute sull’economia americana: si vuole investire mille miliardi in infrastrutture cioè in nuovi ponti, autostrade, scuole,….. insomma un programma di investimenti abbastanza consistenti che potrebbe innalzare ulteriormente il piano occupazionale.

L’unico appunto da fare è se riuscirà ad assolvere a tutto quello che sta nelle pieghe di un vasto programma di sviluppo nonostante le resistenze accanite di tutto l’entourage obamiano ancora in piedi ed in auge, cioè  pronto a rintuzzare in modo deciso ogni proposta di Trump.

GIANNI DUCHINI marzo ’17