I MORTI SI PESANO, NON SI CONTANO E QUELLI RUSSI SONO UNA PIUMA PER GLI OCCIDENTALI

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L’attentato in Russia rivela tutta l’ipocrisia occidentale. I morti si pensano, non si contano. Quelli russi valgono meno di quelli ammazzati in Europa o negli Usa. Anche la solidarietà data ai russi, dopo le stragi, si manifesta timidamente, col braccino corto. Quasi ci si vergogna di presentarsi al funerale ortodosso con la faccia contrita. Meglio non rendere Mosca troppo simpatica alle opinioni pubbliche nostrane, dopo tutto il lavoro di denigrazione svolto in questi anni. Il premio complottisti del secolo va dato a quelli de Il fatto Quotidiano. Il giornale di Travaglio è uscito con un titolo a dir poco obbrobrioso all’indomani dei fatti di sangue di San Pietroburgo: IL TERRORE ISLAMICO DA’ UNA MANO A PUTIN. Immaginate se lo stesso fogliaccio, in seguito agli attentati di Boston del 2013, fosse uscito con un titolo simile nei confronti dell’allora Presidente degli stati Uniti. Sarebbe successo il finimondo. Ora, invece, tutti tacciono perché gli sciacalli non si mangiano tra loro. Eppure, Putin ha ingaggiato la lotta al terrorismo islamico con maggiore convinzione dei suoi omologhi dell’Ovest. Ma non basta a redimerlo dall’ostilità dei padroni americani del mondo, col loro codazzo di servi ai quattro angoli del pianeta. Forse è proprio questo che non gli viene perdonato perché la strategia islamista è solo la parte più evidente di un piano globale che nasconde indicibili mandanti e inconfessati intendimenti.
I grandi esperti internazionali hanno prontamente letto gli eventi russi come conseguenza della sconfitta dell’Isis in Siria, con i foreign fighter che rientrano in patria dopo la disfatta del Califfato. Sappiamo che la Russia ha un po’ di problemi con le sue Repubbliche periferiche ad est, dove le spinte secessionistiche si sono fuse con l’esaltazione coranica. Su queste soffiano potenze interessate ad ingerirsi negli affari russi. In verità, la teppaglia sbandata in fuga dallo scenario mediorientale non è in grado di attivarsi immediatamente organizzando attentati nel cuore delle metropoli europee. Sono altri i soggetti che operano per la diffusione della paura, con tecniche d’intelligence, che aderiscono ad un disegno di destabilizzazione più ampio. Certo, la manovalanza viene reclutata tra le barbe lunghe ma sono le barbe finte, di paesi infedeli, quelle che manovrano nell’ombra.
Secondo alcuni commentatori, l’obiettivo supremo di chi trama contro il Cremlino sono Putin ed il suo entourage sovranista. Si vuole creare il clima adatto ad una rivoluzione colorata o ad un colpo di Stato. Dice Micalessin su Il Giornale: “Immaginare un grande complotto anti russo capace di riunire jihadisti, potenze wahabite, vecchia intelligence obamiana e multinazionali globalizzate sarebbe una follia. Esiste però un’evidente e manifesta politica di potenza del Cremlino”. Infatti, non c’è nessun complotto ma l’intenzione di lavorare tutto il materiale esistente, da parte degli Usa, per arrivare ad una svolta che interrompa o rallenti il cammino di Mosca sulla scena mondiale. Micalessin individua esattamente il problema ma rovina la sua analisi con l’affermazione finale. In cauda venenum, dicevano i latini. Scrive, ancora, Micalessin: “…sono in molti a sognare l’arrivo di un vagone piombato con un novello Lenin pronto a far cadere lo zar”. Sciocchezze di chi ignora la storia e la interpreta ideologicamente. Lenin salì su quel treno messo a disposizione del Kaiser, che fece male i suoi conti, per fare della Russia una grande potenza. Proprio quello che Putin sta realizzando sulle ceneri dell’impero sovietico. Semmai lo zar incapace e traditore era Eltsin. Putin non è uno zar e non è Lenin ma uno che come il rivoluzionario bolscevico sa come difendere il suo popolo dagli appetiti stranieri e fare il bene della Russia.