Giu’ dalle montagne Russe (di M. Brustia*)

RUSSIAN PRESIDENT VLADIMIR PUTIN VISITS CHINA

 

Nel linguaggio Italiano l’aggettivo russo è associato comunemente a due oggetti. Il primo è l’insalata Russa che in realtà è di origine francese (e difatti in Russia si chiama Olivier) e sull’origine del nome ci sono varie teorie. Il secondo è usato per identificare l’ottovolante ed anche in questo caso non c’entra poi molto con la Russia (dove curiosamente lo chiamano montagne americane), anche se mi permetto di usarlo per una metafora in campo economico.

Chi ha avuto modo di lavorare con la Russia, dopo la caduta del Comunismo, sa bene cosa intendo dicendo che fare business in Russia è come stare sulle montagne Russe. In Russia infatti puoi riuscire dal nulla a guadagnare cifre a diversi zeri, come perdere tutto in poche ore. Almeno questo era cosi’ fino a poco tempo fa e con la precisione fino a prima delle sanzioni imposte dal cosiddetto mondo occidentale.

Per capire meglio, facciamo un piccolo excursus temporale e partiamo dagli anni 90, subito dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Sono quelli gli anni più bui della storia recente di una Russia in preda ai saccheggiamenti occidentali miranti alla distruzione della stessa e che portarono all’inevitabile Default del 1998. Negli anni 2000, l’arrivo al potere di Putin portò grandi cambiamenti e ad una forte crescita economica. Tuttavia, il decennio precedente aveva praticamente distrutto tutto il tessuto industriale del Paese laddove i cosiddetti Oligarchi avevano spremuto le ex-aziende statali senza investire nel loro rinnovamento. Il nuovo entourage politico si trova per questo a far leva sull’unico settore non completamente compromesso: quello della materie prime.

L’economia Russia diventa così una economia basata da un lato sulla vendita di materie prime (in primis petrolio e gas) dall’altro sull’acquisto di prodotti finiti (con particolare interesse a quelli europei, data l’attenzione dei consumatori Russi verso la qualità ed i brand). La produzione locale perde un vero programma Statale di sviluppo. Un’economia di questo tipo è però vulnerabile perché’ dipende fortemente dall’interscambio commerciale con altri Paesi ed ha dinamiche molto rapide di propagazione di qualsiasi crisi (non a caso fu una delle prime a risentire della crisi economica internazionale di fine decennio). Il governo Russo, ben conscio di questa situazione, una volta incassati i risultati macro-economici ed essersi garantito un ottimo consenso interno ha per questo provato a studiare dei piani di sviluppo della produzione interna. La Russia ha provato per questo a puntare, a più riprese, ad uno sviluppo del settore automotive arrivando anche a cercare di acquistare la Opel (accordo fatto fallire per motivi geopolitici da parte tedesca). Il settore automotive e’ infatti quello piu’ sviluppato sotto il profilo dell’indotto e il governo Russo lo considera strategico.

Anche a seguito della citata crisi internazionale, i programmi governativi russi di sviluppo della produzione interna non riscontrano tuttavia grandi risultati. La Russia continua a rimanere dipendente dall’interscambio commerciale e per chi fa business in Russia questo, come detto, equivale a sentirsi su delle montagne Russe. Le aziende, infatti, risentono di qualsiasi perturbazione del mercato, un mercato che non poggia sulle solide basi di una produzione interna, ma su un mondo di materie prime ed intermediazioni. Chi fa business in Russia, invece che rischiare e lavorare per costruire società produttive, preferisce la facile strada di un mercato basato su import ed export che permette, comunque, margini a due cifre e poco importa se un domani si può perdere tutto.

Nel 2014, la crisi in Ucraina porta l’occidente ad imporre sanzioni sempre più dure alla Russia che, a sua volta, risponde con un embargo per diversi prodotti di importazione. E’ questo il punto di svolta che determina un drastico cambiamento di rotta in tutta l’economia della Russia che si sente, per certi versi, in guerra come successe nel 1941, a seguito dell’invasione tedesca.

La risposta alle sanzioni occidentali non è così solo da parte del governo, ma il Russo comune si sente tradito dall’Europa verso cui aveva riposto tante attenzioni e si sente nuovamente parte di un Paese che si unisce per non soccombere. I Russi smettono di guardare ai prodotti esteri come prima scelta e cominciano ad apprezzare i prodotti locali che quindi danno un naturale impulso imprenditoriale alla produzione in loco. Questo cambiamento tocca tutti i settori inclusa, per esempio, la moda laddove vediamo la crescita dei designer Russi. In meno di tre anni, i settori di mercati lasciati liberi dai prodotti sanzionati (formaggi, latticini, carne, pesce e molto altri) vengono conquistati da quelli locali che finalmente sono apprezzati e spingono verso un miglioramento della qualità.

I dati macroeconomici di crescita’ del PIL Russo non sono in grado di dare una chiara lettura di questo colossale cambiamento che, tuttavia, ha preso ormai un trend non più arrestabile. La crescita della produzione interna teorizzata in diversi programmi del governo è ora una realtà grazie ad un alleato insospettabile: le sanzioni.

Ed ecco quindi che torniamo alle nostre montagne Russe da cui, dopo l’ultima folle discesa della caduta del rublo, la Russia ha deciso definitamente di scendere ed ecco che invece sta costruendo (nemmeno troppo lentamente) una solida scala in pietra. Magari le montagne russe sono più divertenti, ma credo che i russi cominceranno sempre più ad apprezzare una monotona scala che li farà guardare al di là di qualsiasi muro

 

*Imprenditore italiano in Russia