NON BRILLA LA STELLA DI BASTIAT

Nel flusso del Tempo

Leggere l’ultimo apologo di Bastiat, pubblicato quest’oggi su Il Foglio, con il titolo “La petizione dei fabbricanti di candele contro la concorrenza sleale del sole” mi ha strappato un sorriso. In realtà era un ghigno di derisione per Bastiat e per chi lo ha ripescato con l’intento di assolversi da tutti gli errori commessi nell’interpretazione dei “sogni capitalistici” odierni. Un’operazione peggiore di quella dei socialisti craxiani che, alla fine dei ’70, riesumarono Proudhon contro Marx, affidandosi a Luciano Pellicani, seppellendo definitivamente la loro dignità. Sono convinto che, fra non molto, i cantori della globalizzazione e del liberismo sfrenato vedranno le loro teoresi andare in pezzi, in corrispondenza con l’inarrestabile mutare dei tempi. Questi agenti segreti dell’occidente atlantizzato o criptoideologi dell’esistente, standardizzato sul modello americano, non sapranno che pesci pigliare al cospetto dell’incedere degli eventi storici. Le loro difficoltà sono emerse da un pezzo ma è stata la débâcle finanziaria del 2008 a sancire la loro totale incompetenza e incapacità predittiva. Gli Usa perderanno, in un periodo non lunghissimo, il primato assoluto sul mondo (o almeno siffatta sembra la tendenza) e con questo ridimensionamento si restringeranno anche le narrazioni a supporto del loro predominio. L’ora dei feticci indissolubili spacciati per scienza è ad un altro tramonto. L’ennesimo. Il guanto di velluto economico si consuma lasciando intravedere il pugno di ferro che ha rivestito per decenni. L’uniformazione mondiale alle regole economico-finanziarie, sostenuta dalla prepotenza di quel Paese, subirà tremendi scossoni e per restare tale dovrà ricorrere ai cannoni, in un contesto che si sta attrezzando alla prova di forza generale (anche se non è detto generalizzata, tipo guerra mondiale, perché tutto torna ma sempre diverso).
Il centro-regolatore d’oltreoceano è in via d’inceppamento a causa dell’avanzamento di un nuovo multipolarismo che decreta l’emergere di altri poli competitivi ostili agli States. La crisi economica in corso è l’apparire in superficie di un fenomeno, appunto, originato dall’accumulo di energie telluriche nel sottosuolo delle società internazionali. I conflitti riprendono poderosi nelle profondità politiche e le praterie delle vecchie certezze economiche, quelle che venivano attraversate da orde festanti di professori conformisti, incappano sempre più spesso in montagne di insicurezze di ogni genere: politiche, culturali, sociali e persino etnico-religiose. Ma si avvicina il momento della sintesi in cui la logica amico-nemico renderà meglio visibile la divaricazione del fronte, ricompattando i mille rivoli in cui scorrono e si camuffano attualmente i diretti antagonismi tra Stati (mai del tutto trasparenti) .

Così come il laissez faire, laissez passer (non a caso, ancora nella lingua madre di Bastiat, residuo di un’autonomia culturale in estinzione) era l’architettura idealistica a supporto dell’egemonia industriale (e bellica) inglese, così la globalizzazione dei mercati lo è di quella americana ma con il venir meno della seconda (perlomeno in senso relativo), la prima resterà sguarnita dai molteplici orpelli letterari che ancor oggi l’ammantano. Caduta la maschera, la nuda coercizione sguainerà la spada contro gli sfidanti. In parte, sta già succedendo nonostante il caos della guerra di civiltà, ultima sceneggiatura di un potere sfiorente.

Detto ciò, torniamo a Bastiat, il quale rimproverava ai suoi cittadini illustri che governavano il Paese di opporsi inopinatamente alle regole del mercato, danneggiando la Francia. Ovvero, quest’ultimi con il loro protezionismo stavano ostacolando la libera circolazione dei beni impoverendo la nazione. Sicuro? Bastiat ne è convinto e lo spiega con una metafora. Scrive ironicamente costui: “Stiamo soffrendo la rovinosa concorrenza di un rivale straniero che apparentemente lavora in condizioni talmente superiori alle nostre per la produzione di luce che sta inondando il mercato interno ad un prezzo incredibilmente basso; nel momento in cui appare, le nostre vendite diminuiscono, tutti i consumatori si rivolgono a lui, e un intero comparto dell’industria francese con innumerevoli ramificazioni viene ridotto tutto d’un colpo ad una completa stagnazione. Questo rivale, che non è altro che il sole, ci sta facendo guerra così impietosamente da farci venire il dubbio che sia la perfida Albione…ad avercelo aizzato contro…Vi chiediamo pertanto di essere così gentili da approvare una legge che richieda la chiusura di tutte le finestre, persiane interne ed esterne, tende intelaiature, oblò, finestrelle, veneziane – in breve: ogni apertura, buco, fessura, fenditura attraverso cui la luce solare è solita entrare nelle case, a scapito delle oneste industrie con cui…abbiamo alimentato l’intero paese…” Che cosa pretende di insegnare Bastiat con questa presunta lezione? Che “quando un prodotto – carbone, ferro, grano o tessuti che siano – ci arriva dall’estero e quando possiamo ottenerlo impiegando meno forza lavoro di quanto ne servirebbe se producessimo noi quei beni, la differenza tra i costi è in fin dei conti un dono gratuito. L’entità del dono è proporzionata alla differenza in questione. E’ un quarto, metà, o tre quarti del valore del prodotto se lo straniero ci richiede soltanto tre quarti, una metà o un quarto del prezzo. Il dono è poi completamente gratuito, se il donatore, in questo caso il sole che ci fornisce la luce, non ci fa pagare nulla. La domanda, da porsi formalmente, è se quel che volete per la Francia è il beneficio del consumo gratuito o il presunto vantaggio di una produzione onerosa. Fate la vostra scelta, ma che sia logica: fin tanto che proibite, come fate, il carbone estero, il ferro estero, il grano estero e i tessuti esteri, in proporzione a quanto il loro prezzo si avvicina allo zero, sarebbe davvero illogico far passare la luce del sole, il cui prezzo è sempre uguale a zero”. La volgarità della logica di Bastiat non ha eguali. Innanzitutto, nessuno ti regala nulla, persino questo detto popolare vale più degli sragionamenti di Bastiat. Poi, è vero che può essere conveniente acquistare dei prodotti dall’estero ma questa proporzionalità bastiattiana “che avvicina i prezzi allo zero” non credo sia mai esistita nella realtà. Persino il sole ha oggi un prezzo per chi è in grado di ingabbiare la sua energia. Lo sviluppo delle scienze (chimica, medicina, tecnologia ecc. ecc.), ha, inoltre, dimostrato che condizioni di partenza sfavorevoli (a causa di fattori naturali, clima, fertilità dei terreni ecc. ecc.) possono essere superate, tramutando gli svantaggi in vantaggi, superando in produttività anche chi godeva di posizioni privilegiate determinate da elementi naturali. Farsi inondare di beni stranieri, invece, non facilita simili percorsi virtuosi. Ovviamente, quando si tratta di beni frugali o a basso contenuto tecnico, l’importazione da fuori può essere una soluzione ragionevole, soprattutto in tempi di “pace”. Ma, quando invece, ci si trova in presenza di beni “strategici” è meglio imparare a procurarseli in proprio, accorciando i gap con gli esportatori più sviluppati, i quali, altrimenti, incrementeranno la loro superiorità schiacciando qualsiasi concorrenza (e indipendenza) sul nascere. E’ esattamente ciò che faceva la nazione prevalente dell’epoca, l’Inghilterra, che abilitava queste teorie sedicenti “razionali” e “logiche” allo scopo di conservare il primato industriale e militare. Ad essa riservava il compito di esitare beni ad alto valore aggiunto mentre tutti gli altri popoli dovevano ridursi a portare acqua al suo mulino, integrandosi, come economie complementari, nel sistema della nation prédominante. Insomma, Bastiat è ancora vivo e lotta insieme a loro, divenuti, nel frattempo, non più inglesi ma americani. E vi sorprendete se taluni ce lo ripropongono come se avessero riscoperto verità immutabili nel solco antico del pensiero umano?