Gnosi di Marx?
Scrive Giampietro Berti, già professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Padova, nell’articolo che trovate nel link “Si sa: il marxismo è una pseudoscienza, precisamente è una gnosi travestita da scienza, che mantiene intatta la forza evocativa del profetismo”. In realtà non si sa, anzi non è affatto vero. Piuttosto, è chi dice di saperlo ad avere le idee molto confuse. Poiché con La Grassa ed il compianto Tozzato abbiamo scritto un libro sul pensiero scientifico di Marx (e sulle ipotesi scientifiche marxiane non verificatesi o falsificate, fate voi), “L’illusione perduta” (Novaeuropa), dunque vi rimando a quello per approfondimenti. Qui però evidenziamo brevemente qualcosa.
La critica di Berti va totalmente fuori bersaglio ed è anzi fuori luogo. Di profetico in Marx non c’è assolutamente niente , tanto che lui stesso affermava di non avere ricette per le osterie del futuro. L’ipotesi scientifico-predittiva di Marx (che non si è concretata, come può capitare a qualsiasi elucubrazione scientifica) è semplicissima. Egli riteneva che nel processo produttivo fosse in corso di formazione una nuova classe sociale (che non è quella operaia) ma una fusione tra alti livelli gestionali e bassi livelli manuali. Lui la chiama la classe del General Intellect (dal primo ingegnere all’ultimo manovale, scritto pari pari nel III libro del Capitale). Questa classe sociale (di nuovo tipo) si sarebbe scontrata con una classe proprietaria (di rentier) ormai disinteressata alla produzione ed impegnata esclusivamente nei giochi di borsa (vedeva nascere le prime s.p.a. ed era convinto che queste confermassero la tendenza dalla concentrazione alla centralizzazione dei capitali, in mano a pochi speculatori). Lo Stato accentratore della proprietà pubblica in nome del proletariato non c’entra con Marx che, tutt’al più, ne vaticina la fine (o la distruzione con “spallata” rivoluzionaria) in quanto esso è per lui soprattutto accentramento dei mezzi di coercizione, non della proprietà. “Il potere statale centralizzato, con i suoi organi dappertutto presenti: esercito permanente, polizia, burocrazia, clero e magistratura – organi prodotti secondo il piano di divisione del lavoro sistematica e gerarchica…”. Per gestire i beni collettivi basta un’amministrazione di altro tipo (poiché non sarebbero più esistite le classi e la loro lotta), non uno Stato che è egemonia corazzata di coercizione. Inoltre, c’è un altro aspetto della teoria di Marx che non è stato del tutto invalidato, quello che La Grassa chiama il suo “I disvelamento” (che però non è più sufficiente a comprendere l’attuale formazione dei funzionari privati del capitale di matrice americana) benché sappiamo benissimo che destino di ogni teoria scientifica, come diceva Weber, sia quello di essere superata. Marx ha spiegato che l’eguaglianza formale dei soggetti, scambiantisi le merci (compreso la forza lavorativa) sul mercato, al loro valore, avviene in assenza di vincoli personali. Questa parità di diritti degli attori economici sul mercato maschera però la disuguaglianza effettiva nel processo produttivo che discende dai differenziali di proprietà e, dunque, di potere tra chi detiene i mezzi produttivi e chi no. Chi non ha i mezzi vende liberamente la sua forza lavoro ma una volta inserito nella produzione produce più di quanto gli viene effettivamente pagato (è il plusvalore). Lo scambio delle merci quali equivalenti (in media) nasconde la fondamentale (sottostante) produzione, e appropriazione capitalistica, del plusvalore che è pluslavoro; ancor più decisiva è però la riproduzione del rapporto durante lo svolgimento del processo produttivo, da cui escono il capitalista, arricchito dal profitto (plusvalore), e l’operaio in quanto semplice possessore della sua forza lavoro pronta per essere rivenduta, dando così inizio ad un nuovo ciclo dello stesso processo. Tutto qui, si fa per dire.
Ribadisco, egli ha sbagliato la sua previsione sull’avvento della società comunistica come parto ormai maturo (quindi da concretarsi in pochi decenni, non secoli) nelle viscere stesse del capitalismo. Bisogna prendere atto che dalla prospettiva di Marx il comunismo è impossibile. Non si è realizzato e non si realizzerà. Tuttavia, egli non immaginava la società comunistica come un sogno ma la vedeva già in fieri nello sviluppo delle contraddizioni capitalistiche. Chi oggi continua a sperare nel comunismo è un fesso ma Marx non può essere ritenuto responsabile delle utopie altrui.