Fiat Marchionne

marchionne03g

https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/come-ci-ha-fregato-marchionne-ndash-riccardo-ruggeri-alza-sipario-206943.htm

Marchionne prendeva per il culo, come sempre detto da noi di ConflittieStrategie. Ricordiamoci di tutti quelli che gli hanno steso tappeti rossi accostandolo ad un salvatore della patria ed insultando gli italiani lavativi.
Mi limito a ricordare alcune sue dichiarazioni di qualche anno prima di morire:
“Non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa perché non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è”… ”l’efficienza non è e non può essere l’unico elemento che regola la vita. C’e’ un limite oltre il quale il profitto diventa avidità e chi opera nel libero mercato ha il dover di fare i conti con la propria coscienza”…”gli eventi e la storia hanno dimostrato che ci reggevamo su un sistema di governance del tutto inadeguato. Soprattutto, hanno evidenziato la necessità di ripensare il ruolo del capitalismo stesso, e di stabilire qual è il corretto contesto dei mercati. Sono una struttura che disciplina le economie, non la società”… “se li lasciamo agire come meccanismo operativo della società, tratteranno anche la vita umana come una merce. E questo non può essere accettabile”…”la forza del libero mercato in un’economia globale è fuori discussione…nessuno di noi può frenare o alterare il funzionamento dei mercati…questo campo aperto è la garanzia per tutti di combattere ad armi pari…il perseguimento del mero profitto, scevro da responsabilità morale, non ci priva solo della nostra umanità, ma mette a repentaglio anche la nostra prosperità a lungo termine… [Occorre] creare le condizioni per un cambiamento virtuoso…per promuovere la globalizzazione che sia davvero al servizio dell’umanità”.

Accusare i mercati di non avere coscienza è una stupidaggine. Marchionne lo sapeva, quello era solo un altro suo modo per intortare il prossimo e qualche politico buonista (anche questo per finta). Lui era un finanziere, non un industriale e lo si è visto. Speculazione e “perculazione” sono state le sue doti principali. I mercati sono il regno anarchico delle merci ed il fatto che oggi si siano estesi a tutto il pianeta, secondo le dicerie globaliste, non muta il loro intrinseco funzionamento. Non vi è nessuna degenerazione nei mercati che sono anzi, seppur solo formalmente, il luogo dell’uguaglianza degli individui i quali vi si recano liberamente per acquistare e vendere i loro prodotti, secondo leggi ferree di una certa formazione sociale, leggi solo occasionalmente violate con truffe e raggiri ( puniti dai tribunali), che però non rappresentano la norma. Marchionne avrebbe voluto che i mercati non trattassero la vita umana come merce? Balle. Sui mercati la nuda vita non vale nulla, conta semmai la merce forza-lavoro. Gli unici corpi che interessano ai mercati sono quelli dei prodotti in quanto contenenti un (plus)valore da realizzare per trarne un profitto, non i corpi tout court né, tantomeno, i fisici corpulenti di certi manager in vena di raccontarle più grosse della loro mole. Non c’è rischio che la vita umana diventi merce perché se accadesse ci troveremmo dinanzi ad un arretramento, ad un ritorno della società ai vincoli personali di tipo schiavistico e feudale. Sarebbe una regressione secolare a forme di esistenza precedenti già superate dal modo di produzione capitalistico. Marchionne mentiva sapendo di smentirsi poche righe dopo: “ la forza del libero mercato in un’economia globale è fuori discussione”.
Marchionne avrebbe voluto limitare i profitti? Lo sosteneva ma non lo pensava. Il capitalismo americano ha fatto una rivoluzione manageriale non per dire messa ma per creare maggiore ricchezza. “Il perseguimento del mero profitto, scevro da responsabilità morale, non ci priva solo della nostra umanità, ma mette a repentaglio anche la nostra prosperità a lungo termine” . Lui fu scelto per perseguire la “dismisura” finanziaria non per perorare il senso della misura francescana. Infatti, anziché produrre veicoli competitivi, fu più aduso a far quadrare i conti attraverso i giochetti in borsa, con scalate, fusioni o acquisizioni. Fu spregiudicato nel pregiudicare il futuro dell’auto nazionale al servizio dei suoi amici oltreoceanici.