LA TERRA DEI PROVOLONI
Davvero in questo paese si piange sul latte versato dal parmigiano? Sta diventando un dramma nazionale quello dei dazi americani sui nostri prodotti caseari, eppure parliamo quasi di gocce nel mare. Almeno tali vanno considerate queste perdite in confronto a tutti gli affari internazionali, ben più sostanziali dal punto di vista strategico e sostanziosi da quello economico, saltati nei lustri recenti per infingardaggine e servilismo politico delle nostre classi dirigenti. Le nostre imprese di punta dei settori energetici e aerospaziali sono state schiaffeggiate, in giro per il mondo, da chiunque. Siamo stati estromessi da accordi siglati e contratti firmati quasi senza colpo ferire. Dove eravamo primi siamo stati retrocessi a ultimi, solo per gentile concessione. I padroni di Washington e i padroncini di Bruxelles ce le hanno suonate di santa ragione mentre porgevamo prima e seconda guancia ad ogni prepotente della terra. Dalla Russia, alla Libia, all’Iran ecc ecc., figure di palta dappertutto, ci siamo calati le brache ovunque addirittura associandoci a chi ci faceva la guerra fingendo di farla a presunti dittatori locali dei quali eravamo alleati. Quanto ci abbiamo rimesso nel South Stream(il consorzio Italo-russo dei gasdotti fatto fallire dagli americani)? E quanto a Tripoli? Quanto ci hanno danneggiato le sanzioni volute dall’Occidente contro Mosca sotto l’aspetto industriale e finanziario? E qui ci si lamenta del pecorino dopo aver fatto le pecore mondiali per decenni. Fatevi due conti veri se volete capire realmente dove sono nate le nostre difficoltà economiche. Con ciò nessun vuol dire che occorre ignorare i problemi delle piccole e medie imprese, le quali certamente risentiranno della situazione venutasi a creare. Ma chi si affligge per un foruncolo se ha un carcinoma? Inoltre, occorrerebbe ripassare un po’ di sana economia, orientata alla strategia politica, per arrivare a comprendere che nessuna grande potenza è mai sorta sui latticini. Le mozzarelle non hanno mai vinto prove di forza. Questi balzelli sulle minuzie sono ridicoli tanto per chi li subisce che per chi li impone facendo la voce grossa e la testa piccola. Il sovranismo del vino è una ubriacatura da sciocchi. E non dovremmo lamentarci nemmeno troppo se poi anche noi facciamo come Trump, per esempio contro i cinesi accusati di concorrenza sleale soltanto per aver venduto a prezzi più bassi dei nostri. Tempo fa, Gianfranco la Grassa affrontò questa questione rispolverando e reinterpretando le teorie dell’economista tedesco List. Quest’ultimo era favorevole ad alcune forme di protezionismo poiché lo strumento della ‘libertà di commercio’ veniva utilizzato dalle nazioni più forti per ridurre in stato di dipendenza il commercio e l’industria di quelle più deboli. Tuttavia, essendo costui molto più intelligente dell’economista medio o elevato odierno certo non si preoccupava dei formaggi o del riso cambogiano (come certi leghisti), quanto piuttosto di coprire da assalti esterni la nascente industria d’avanguardia. Qui di da noi si fa l’esatto contrario, si parla meno, poco o niente degli attacchi ad Eni o Leonardo (le aziende da tutelare ad ogni costo) e ci si strozza per i provoloni. Roba da far scendere il latte alle ginocchia.