NESSUNO FERMERÀ IL 5G
Di fronte alla grandi scoperte una parte dell’umanità resta terrorizzata. C’è sempre qualcuno che annuncia un cataclisma per aver interferito con la natura o con le leggi divine lanciando scomuniche verso gli inventori che hanno tirato fuori certe idee dai loro cervelli o contro le scienze e le tecniche che le hanno concretate. Pur non essendoci prove dei futuri danni che saranno causati dalle innovazioni si elencano tutti i mali che l’invenzione sicuramente provocherà, determinando persino l’estinzione della stessa civiltà o dell’intera specie umana.
E’ sempre stato così ma, fortunatamente, niente e nessuno ha mai fermato lo sviluppo che ha reso le nostre vite più comode e sicure nonostante i rischi che, in ogni caso, si corrono. Ma le imprese valgono tale pericolo se siamo arrivati fino ad oggi in queste invidiabili condizioni. Ugualmente, ne sentiamo dire di tutti i colori contro il 5G, l’ultima trovata tecnologica che annuncia una rivoluzione della società digitale in settori che vanno dalla salute ai trasporti e altri ancora. I soliti spauracchi da nulla già la vedono nera ed attribuiscono alla “next generation mobile” le cause del Coronavirus, dei tumori o dell’invasione mandarina. Sono baggianate ma la gente ha sempre avuto timore di quel che non conosce.
Con qualche esempio tratto dalla cinematografia e dalla letteratura cercherò di aprirvi gli occhi per non farvi finire nella rete di quei cialtroni che approfittano dell’ignoranza per spaventare i propri simili. Ad ogni modo sappiate che se una cosa si può fare in conclusione si farà, indipendentemente dalle vostre inquietudini, più o meno recondite. Se l’uomo è giunto sin qui è perché ha sempre lanciato e superato molte sfide.
Nel capolavoro di O. Welles, l’orgoglio degli Amberson, c’è un dialogo decisivo tra Morgan (intraprendente inventore di automobili) e George (rampollo di una importante famiglia di proprietari terrieri di Indianapolis)
Morgan: il processo è iniziato e nessuno può fermarlo, l’automobile…
George: “[interrompendo Morgan] l’ automobile è un inutile ingombro…non sarà mai che una curiosità ed era meglio che non fosse inventata”
Un componente della famiglia redarguisce il giovane per la mancanza di rispetto dimostrata al sig. Morgan ma quest’ultimo replica così:
Morgan: “George potrebbe anche avere ragione sull’automobile, il balzo in avanti che essa rappresenta potrebbe essere un balzo indietro nella civiltà, forse non aggiungerà nulla alla bellezza del mondo o a quella dell’animo umano, non posso dirlo, ma ormai l’automobile esiste, in conseguenza di questo fatto tutti gli aspetti della vita verranno cambiati, la guerra cambierà, certamente e di conseguenza anche la pace, l’automobile secondo me determinerà dei cambiamenti persino nella mente umana ma George può avere ragione, probabilmente tra una ventina d’anni, se potremo già notare il cambiamento subito dall’uomo, non potrò più difendere il motore a scoppio e dovrò dare ragione a George e cioè che l’automobile non doveva essere inventata…[ma sarebbe comunque troppo tardi…]
Nel romanzo “il più grande uomo scimmia del pleistocene” di Roy Lewis troviamo quest’altro mirabile dialogo tra il primo uomo che addomestica il fuoco e un parente il quale, invece, resta spaventato dalle possibili conseguenze di questa conquista:
“«Stavolta l’hai fatta grossa, Edward» tuonò.
«Avrei dovuto immaginarlo che prima o poi sarebbe successo, ma a quanto pare pensavo che ci fosse un limite anche alla tua follia. Naturalmente mi sbagliavo! Basta perderti di vista un’ora perché tu commetta qualche nuova idiozia. Questa, poi! Edward, se già non ti avessi ammonito abbastanza, se già non ti avessi addirittura implorato, come fratello maggiore, di pensarci bene prima di proseguire sulla tua china rovinosa, di emendare la tua condotta prima che trascini te e i tuoi a qualche irreparabile disastro, avrei ora l’obbligo di dirti con enfasi almeno dieci volte più forte: fèrmati! Fèrmati, Edward, prima che sia troppo tardi… Ammesso che tu sia ancora in tempo, fèrmati…».
Zio Vania prese fiato prima di completare questa frase, di grande effetto ma di non facile conclusione, e mio padre interloquì.
«Ehi, Vania, è un bel pezzo che non ti fai vedere! Vieni qua, vieni a scaldarti, mio caro. Dove ti eri cacciato?».
Zio Vania fece un gesto d’impazienza.
«Neanche tanto lontano. La stagione non è stata troppo propizia alla frutta e agli ortaggi su cui si basa, in buona sostanza, la mia dieta…».
«Eh, lo so» disse papà, comprensivo. «A quanto pare stiamo capitando in un’era interpluviale. Ho notato che ultimamente la siccità si è estesa».
«Sì, ma ci vuol altro, ci vuol altro» proseguì di malumore zio Vania. «C’è ancora cibo in abbondanza, nella foresta, a saper
guardare. È solo che alla mia età bisogna stare un po’ più attenti a quello che si mangia… sicché, come farebbe qualunque primate avveduto, mi sono addentrato un po’ per trovare quello che mi serviva… mi sono spinto fino al Congo, dove c’è di tutto, in gran copia, per tutti, senza dover fingere di avere denti da leopardo, stomaco di capra, gusti e maniere da sciacallo, Edward!».
«Andiamo, andiamo, non esagerare, Vania» protestò papà.
«Sono tornato ieri» riprese zio Vania «e naturalmente avevo già intenzione di venirvi a trovare. La sera stessa ho capito che c’era qualcosa che non andava. Mi risulta che da queste parti ci sono undici vulcani, Edward… non dodici! Guai in arrivo, quindi, e ho subodorato che c’entravi tu. Sperando ancora, assurdamente, ma col cuore stretto, son corso qui. Avevo ragione. Vulcani privati, nientemeno! Stavolta l’hai fatta troppo grossa, Edward!».
Papà ebbe un ghigno sornione. «Lo credi davvero, Vania?» gli domandò. «Insomma, secondo te ci siamo, è il punto di svolta? L’avevo pensato anch’io, ma come si fa a esserne sicuri? Indubbiamente è una svolta, nell’ascesa dell’uomo, ma sarà proprio la svolta?» e papà strizzò gli occhi, in una sua tipica smorfia di comica disperazione.
«Che ne so se è una svolta o la svolta» ribatté zio Vania. «Io non presumo affatto di sapere quello che tu credi di fare, Edward. Ti monti la testa, questo sì! E ti dico che questa è la cosa più perversa e contro natura che uno…».
«È contro natura, eh?» disse papà, interrompendolo con impazienza. «Ma allora, Vania, l’artificiale è entrato nella vita subumana già con gli utensili di pietra. Sai, forse è stato proprio quello il passo decisivo, e questa è solo un’elaborazione; e però la selce la usi anche tu, e quindi…».
«Ne abbiamo già discusso mille volte» rispose zio Vania. «Entro limiti ragionevoli, gli utensili e i manufatti non infrangono l’ordine naturale. I ragni usano la rete per catturare le prede; gli uccelli costruiscono nidi che noi manco ci sogniamo; e chissà quante volte le scimmie avranno scagliato una noce di cocco per spaccarla su quella tua testa dura cosa che forse spiega i tuoi deliri. Non più tardi di qualche settimana fa, ho visto un branco di gorilla attaccare una coppia di elefanti elefanti – nota bene! – con dei bastoni. Sono disposto ad accettare come naturali le semplici selci sbozzate, a patto di non giungere a dipenderne, e di non raffinarle indebitamente. Non sono un reazionario, Edward, tanto è vero che fin lì ci arrivo. Ma questo!… È tutta un’altra cosa. Non si sa dove può portare. Coinvolge tutti. Anche me. Potresti bruciarci la foresta. Che fine farei io, allora?».
«Oh, non credo che succederà, Vania» osservò papà.
«Tu non credi? Di’ un po’, Edward, ma tu la controlli per davvero, questa roba?».
«Ehm… più o meno. Più o meno, sai com’è».
«No che non lo so! Più o meno? O la controlli o non la controlli! Non fare il furbo. Per esempio, la sai spegnere?».
«Se non la alimenti, si spegne da sé» fece mio padre, sulla difensiva.
«Edward» disse zio Vania «ti avverto: hai messo in moto qualcosa che potresti non essere più in grado di fermare. Sei convinto che a non alimentarla si spenga: non hai pensato che potrebbe anche decidere di nutrirsi da sé? Che fine faresti, allora?».
«Non è ancora successo» disse mio padre di malumore.
«A dir la verità, perdo tutto il mio tempo ad alimentarla, specialmente nelle notti piovose».
«Allora ti consiglio di tutto cuore di spegnerla subito» disse zio Vania «prima che si inneschi una reazione a catena. Quanto tempo è che scherzi col fuoco?».
«Oh, l’ho scoperto qualche mese fa» disse papà. «E sai, Vania, è una cosa veramente affascinante. Ha delle potenzialità incredibili. Voglio dire, ci puoi fare un sacco di cose, oltre al riscaldamento centrale, che è già un gran bel passo avanti. Ho appena cominciato a intravederne le applicazioni. Prendi il fumo: credici o no, soffoca le mosche e tiene lontane le zanzare! Certo, il fuoco è insidioso. E difficile da trasportare, per esempio. Poi è vorace: mangia come un cavallo. Può diventare dispettoso e morderti di brutto, se non stai attento. Ed è completamente nuovo: illumina prospettive inesplorate, di grande…».
Ma proprio in quella zio Vania lanciò un urlo, e cominciò a saltellare su un piede solo. Da un po’ di tempo mi ero accorto che aveva messo l’altro sulla brace incandescente, e lo stavo osservando con vivo interesse. Troppo infervorato nella discussione con mio padre, lui non ci aveva badato, ignorando anche il sibilo e l’odore tutto particolare che si era sprigionato.
Ma ora il tizzone, bucata la pellaccia, era arrivato a mordere la carne viva della pianta del piede.
«Ahiaargh!» ruggiva zio Vania. «Accidenti a te, Edward! M’ha morsicato, hai visto? Ecco dove portano i tuoi trucchi infernali! Ahiargh! Che cosa ti avevo detto? Finirà per divorarvi tutti quanti! Vi siete seduti su un vulcano attivo, ed ecco qua! Ma con te ho chiuso, Edward! Ti estinguerai, vi estinguerete tutti in men che non si dica! Siete fritti! Uhhiah… Torno sugli alberi! Stavolta hai passato il segno, Edward! Come a suo tempo ha fatto il brontosauro!». Sempre saltellando, ben presto sparì dalla vista, ma i suoi ululati continuarono a sentirsi per un buon quarto d’ora.
«Credo proprio che a passare il segno sia stato Vania» disse papà alla mamma, spazzando accuratamente tutt’intorno al focolare con una frasca.
Nonostante ciò, zio Vania tornò molte volte a ripeterci i suoi moniti, soprattutto nelle notti fredde o piovose. Le sue apprensioni non erano affatto dissipate dai nostri graduali progressi nel dominio del fuoco. Sbuffava sprezzante quando gli facevamo vedere come si poteva estinguerlo con l’acqua, come lo si poteva tranciare, al pari di un’anguilla, in diversi focolai, e come lo si poteva trasportare sulla punta di rami secchi. Anche se tutti questi esperimenti erano attentamente sorvegliati da papà, zio Vania li condannava; per lui l’istruzione scientifica doveva limitarsi esclusivamente a botanica e zoologia, e si opponeva con risolutezza a inserire nel curriculum anche la fisica.
Noi, comunque, imparammo molto rapidamente a maneggiare il fuoco. All’inizio le donne erano un po’ lente a farsi in là e si scottavano; per un po’ sembrò che la nuova generazione fosse destinata a non sopravvivergli affatto.
Ma papà pensava che ciascuno dovesse fare i propri errori. «Bambino scottato rispetta il fuoco» ripeteva con serena fiducia, quando l’ennesimo marmocchio cominciava a strillare dopo aver preso in mano un tizzone ardente.
Aveva ragione lui.
Erano piccoli incidenti, dopotutto, a paragone dei vantaggi. Il nostro tenore di vita si elevò fino a diventare quasi irriconoscibile. Prima che conquistassimo il fuoco, era molto modesto. Eravamo discesi dagli alberi, avevamo l’ascia di pietra; ma non disponevamo di quasi nient’altro, e contro di noi sembrava complottare ogni zanna, ogni artiglio e ogni corno del mondo. Benché ci considerassimo ormai animali terricoli, ci toccava ridiventare arboricoli in fretta, non appena si profilava un qualsiasi parapiglia. Ancora dovevamo vivere soprattutto di bacche, radici e noci; eravamo ancora ben lieti di incrementare la razione di proteine con grassi bruchi e larve.”
Meditate ragazzi, meditate…