UNA VECCHIA STORIA, UNA FAKE NEWS.

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Il compianto Costanzo Preve, con il quale spesso eravamo in disaccordo, diceva una sacrosanta verità, ovvero che a Lenin i dominanti, di ogni tempo e di ogni luogo, non avrebbero mai perdonato di aver fatto riuscire una rivoluzione in nome di contadini e operai. Per questo Vladimir Il’ič Ul’janov sarebbe stato perseguitato anche dopo sepolto. Aveva dato un tale cattivo esempio da non meritare pace per tutta la vita e per tutta la morte. E così effettivamente sta accadendo. Oggi su Libero è stato vergato l’ennesimo articolo contro il più grande genio rivoluzionario del XX secolo. Di cosa si accusa Lenin? Di essere stato al soldo del Kaiser e di aver svenduto la Russia ai crucchi. A cosa si fa riferimento? Al famoso treno (niente affatto piombato) offerto dai teutonici ai bolscevichi in esilio per rientrare in patria e mettere definitivamente fine allo zarismo. Lenin e compagni vollero però pagarsi il biglietto proprio per non dar adito a basse insinuazioni. I tedeschi avevano i loro interessi e i bolscevichi i loro, come si dice in questi casi, il nemico del mio nemico mi è amico. Dove sarebbe lo scandalo? Secondo il giornalista di Libero nel fatto che i rivoltosi russi accettarono a più riprese le “donazioni” di un Paese straniero, da parte di imprenditori e spioni tedeschi (il famigerato Parvus). Ma guarda che strano, si tratta delle stesse tecniche in voga anche ai giorni nostri allorché si intende creare scompiglio nei giardini “altrui”. Sta di fatto però che Lenin la rivoluzione l’ha fatta e l’ha vinta sul serio, imprevedibilmente per tutti, tedeschi, francesi e inglesi ai quali la cosa andò piuttosto di traverso. Lenin sfruttò l’atavica rivalità tra classi dominanti europee per rientrare in Russia poiché voleva approfittare delle condizioni sociali favorevoli (oserei dire uniche) per far scoppiare una rivoluzione socialista. Lenin aveva argutamente spalancato la finestra lasciata aperta dalla storia per sferrare l’attacco (negli anelli deboli della catena imperialistica) contro le classi dominanti del suo paese, indebolite dalla guerra e dalla crisi sociale. Insomma, fu Lenin ad usare il Kaiser e non viceversa, del resto oltre 70 anni di dominio sovietico ad est dovrebbero confermarlo. I fili della Rivoluzione non furono di certo tirati a Berlino, anzi i tedeschi sottovalutarono i bolscevichi e la situazione storica della disputa imperialistica mondiale. Lenin realizzò una vera e propria “opera d’arte” strategica che dovrebbe far aumentare la nostra considerazione per lui e non il contrario. Ma, continuano i detrattori con la coscienza sporca, la pace di Brest-Litowsk firmata da Lenin dopo la rivoluzione d’ottobre fu la reale contropartita dell’aiuto ottenuto da Guglielmo II. In realtà quella pace non andava giù ai bolscevichi e comportava mutilazioni territoriali rilevanti. Il problema era che Inglesi e Francesi pretendevano ancora più dei tedeschi. Gran Bretagna e Francia intendevano smembrare totalmente la Russia sovietica. L’Accord français-anglais du 23 décembre 1917, définissant les zones d’action françaises et anglaises era ben più vessatorio per la Russia di quello imposto a caro prezzo dai teutonici. In ogni caso, prima della ratifica del trattato Lenin cercò di arrivare al governo degli Stati Uniti chiedendo l’appoggio di questi, della Gran Bretagna e della Francia qualora il trattato con Berlino fosse saltato. Non ottenne risposta e si dovette accettare a malincuore quello tedesco. Ai bolscevichi interessava mettere fine alla guerra, perché lo chiedevano i soldati, i contadini e gli operai, tutti ormai stremati dallo sforzo bellico. Lenin salvò la Russia e milioni di vite, anche se mi tocca sentir dire da qualche sciocco che era un cannibale. Vladimir Il’ič Ul’janov non era un sanguinario per quanto, a causa dei tempi, non potesse sottrarsi al truce destino di picchiare sulle teste di nemici e disfattisti. Ricorda uno che non amava molto i bolscevichi: “Mi ha non di rado stupito l’impegno con cui Lenin aiutava quelli che riteneva suoi nemici, e non solo l’impegno, ma anche la cura che aveva del loro futuro. Ad esempio con un generale, che era uno studioso, un chimico, ed era minacciato di morte. «Ehm», disse Lenin, dopo aver ascoltato attentamente il mio discorso. «Così secondo voi non sapeva che i figli nascondessero le armi nel suo laboratorio? C’è qualcosa di romanzesco qui. Ma bisogna che se ne occupi Dzeržinskij,64 ha un fiuto molto fine per la verità».
Dopo alcuni giorni mi disse a telefono a Pietrogrado: Il vostro generale, lo tireremo fuori, forse lo hanno già liberato. Che vuole fare lui?». «L’emulsione oleosa…». «Sì, sì, l’antisettico. Ma sì, che faccia l’antisettico. Poi mi direte cosa gli serve…». E per nascondere l’imbarazzante felicità di aver salvato un uomo, Lenin copriva la gioia con l’ironia.
Dopo alcuni giorni chiese nuovamente: «E dunque, il generale? Si è ripreso?». “Ma va bene», mi disse poi la seconda volta riguardo a una qualche richiesta di assoluta importanza. «Va bene, vi prendete voi cura di queste persone. Sì, ma bisogna sistemarle in modo che non venga fuori un altro caso Šingarev.Dove li metteremo? Dove vivranno? È una cosa delicata!». Circa due giorni dopo, in presenza di persone che non erano del partito e che lui conosceva poco, chiese preoccupato:
«Avete fatto tutto ciò che occorreva per quei quattro? Formalità?”Ehm, ehm, ci rovineranno, queste formalità». Non si riuscì a salvare queste persone, le esecuzioni erano avvenute con troppa fretta. Mi dissero che questa esecuzione fece venire a Lenin un attacco di rabbia.” L’episodio è riportato da Maksim Gor’kij.

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