Sovrano è Paragone
Gli ingenui che ora sperano in Gianluca Paragone per l’Italexit, l’uscita del Paese dall’euro, o per la rinascita del sovranismo, ampiamente screditato dai partiti cosiddetti sovranisti, in realtà vecchi apparati rimodernati solo a caccia di voti, resteranno certamente delusi. Il profilo dell’ex giornalista, prima in quota Lega e poi parlamentare 5 Stelle, è già un biglietto da visita poco incoraggiante. Chi lo conosce bene così parla di lui:
“…Perché Gianluigi è fatto così: adesca, incanta, incassa e poi si mette a fare casino se non gli danno tutto quello che chiede. In questo è un numero uno e con questa tecnica ha girato tutto l’ arco costituzionale mediatico e politico, salvo la sinistra che non escludo sia già nel suo mirino come prossima tappa. Se Di Maio mi avesse telefonato all’ epoca per un consiglio gliel’ avrei detto: mettiti in casa Paragone solo se puoi farlo subito ministro di qualcosa, è l’ unico modo perché non ti faccia la guerra, almeno non da subito. In questo la storia insegna. Da giovane Paragone si fece leghista ed ebbe in cambio la direzione della Padania, poi passò berlusconiano e arrivò la vicedirezione di Libero. Non avendo ottenuto la direzione (quando Feltri e io lasciammo la guida di quel giornale gli fu preferito Belpietro) ottenne dal Pdl come consolazione una vicedirezione Rai in quota centrodestra ma subito entrò in conflitto con il suo capo e con i suoi padrini politici che non lo difendevano a sufficienza.
Bossi lo scomunicò ufficialmente, in Rai perse la battaglia e si consolò con un buon contratto a La7 dove iniziò a corteggiare i nascenti grillini. Scaricato pure da quella tv trovò seggio e stipendio grazie a un riconoscente Di Maio. Ma a lui ciò non basta, a Paragone nulla basta mai ed ecco quindi l’ ennesimo divorzio con attribuzione di colpa al capo di turno”. (Alessandro Sallusti).
Dello stesso parere, appena un po’ attenuato, è un altro ex collega di Paragone, Vittorio Feltri, il quale, grosso modo, descrive l’italexitaro come un po’ opportunista, uno del tipo “va dove ti porta il quorum”:
“…Egli è stato per anni un giornalista esperto. Fu direttore della Padania, quotidiano leghista quanto lui. Il suo lavoro al timone del foglio e le sue comparsate televisive erano convincenti, cosicché mi venne l’ idea di assumerlo a Libero in veste di vicedirettore. Lavorammo insieme per un lungo periodo. Ciononostante al ragazzo evidentemente non bastava di stare accanto a me, brigò con l’ aiuto della Lega per avere un posto in Rai, e lo ottenne. Contento lui…
Qualche tempo dopo, insoddisfatto del trono offertogli dall’ ex monopolio televisivo, si trasferì alla “7” di Urbano Cairo, che gli affidò programmi di relativo ma non straripante successo. E l’ editore, forse precipitosamente, lo invitò a guadagnare l’ uscita. Gianluigi si trovò a piedi in mezzo alla strada, posizione antipatica, e si cercò qualcosa di meglio.
Collaborò con Libero ricevendo un compenso insufficiente per sopravvivere, finché colse al volo la possibilità di scendere dal Carroccio e di inserirsi nel bordello promettente, in apparenza, di Di Maio, con il quale per mesi ebbe un rapporto quasi fraterno. In effetti i due andavano d’ accordo. Eppure l’ idillio – lo dimostrano gli ultimi fatti – durò lo spazio di alcuni mesi”. La partenza di Paragone non è stata delle migliori. Qualcuno ha rivendicato la proprietà del marchio, promettendo battaglie legali, qualcun altro ha scoperto che dietro il dominio Italexit ci sono editori tutt’altro che sovranisti, anzi di tendenza politica persino opposta. Paragone si è difeso sostenendo che per accaparrarsi il nome “Italexit” avrebbe fatto qualsiasi cosa. L’ha fatta, infatti, in linea con tratti del suo carattere ben evidenziati sopra. Certo è che se uno si impunta sui nomi c’è da scommetterci che il progetto non è in primo piano o non esiste proprio, sostituito da qualche slogan per creduloni. Sovrano è Paragone, in cerca di voti.