È crisi politica, di GLG
Riporto l’articolo di Rampini (cui va l’augurio di guarire presto, ma si capisce che non è grave e ne siamo lieti). Spero non ci siano problemi a pubblicarlo perché è importante. Questi farabutti “nostrani” ci hanno riempito la testa – mai riportando il contraddittorio – che l’Italia ha fatto cose meravigliose e che siamo stati imitati da tutti gli altri. In particolare negli USA (e soprattutto per colpa della presidenza Trump) non si era assistiti; e anche quando ciò avveniva, ci volevano migliaia di dollari. Vedete che ho ragione quando chiedo una “presa della Bastiglia” italiana a 231 anni da quella grande pagina di storia. E sarebbe bene che ne seguisse anche l’uso dello strumento utilizzato allora per “raddrizzare” il cervello a chi di dovere. Qui nemmeno il carcere viene sfruttato. Tutti liberi questi “impestatori” della popolazione; e autentici furfanti. Ribadisco che la sedicente “destra” non ha nulla di buono; ma dobbiamo riconoscere che uno dei suoi principali limiti è di non porsi il problema della “presa della Bastiglia” italiana. Non vi è dubbio alcuno che i peggiori di tutti sono gli altrettanto sedicenti “sinistri”. Questi debbono essere cacciati dalle loro sedi di potere; non solo governativo, ma da tutti gli apparati di “ordine pubblico”, di (dis)informazione, di amministrazione dei diversi settori “pubblici”, ecc. E chiedo a Porro, che troppo chiacchiera, di portare per un’ora Rampini in TV ad illustrare ancor meglio quanto ha qui scritto! Certo, va denunciato anche il comportamento non adeguato della popolazione italiana, abbastanza rincretinita e terrorizzata. Basta parlare di scienza e di pericolo eguale a quello di una guerra. Qui la questione è politica e, di seguito a questo, di disfacimento del cervello della “ggente”. Bisogna annientare i propagatori del “virus” del disfacimento cerebrale. Certamente prudenza, attenzione soprattutto ad una certa età, niente eccessiva sottovalutazione del problema; ma soprattutto addosso ai mentitori al potere. Non sono un esempio per nessuno al mondo. Veri piccoli, meschini, criminali. Lo ripeto: come i ladri di polli o quelli di frutta e verdura nei mercati rionali. Fuori dagli organi di governo e dentro….. in altri più adeguati “siti”.
C’è solo un limite nell’articolo di Rampini. Basta aver paura di incensare la “dittatura”. Non dobbiamo imparare solo da Tokio e Seul; più importante ancora è Pechino. Smettetela con questa farsa del “comunismo” cinese. Imparate la storia, in specie del XX secolo. E’ un po’ più complessa della vostra infantile dicotomia dittatura/democrazia.
Federico Rampini per “La Repubblica” 23-10-20020
Prima gli sms, e le telefonate a casa, poi si è presentata lei in carne ed ossa: la mia tracer. «Possiamo ospitarla in albergo, a spese dello Stato di New York? Ha bisogno di cibo o medicine? L’ aiuterebbe l’ assistenza di uno psicologo?».
La signora di mezza età, etnicamente cinese, si era fatta annunciare in portineria chiedendo il permesso di salire da me (“qualcuno si rifiuta di ricevermi”). È una dei diecimila assunti nella task force locale dei covid-contact-tracer. L’ ha allertata l’ ambulatorio City-Md sulla 57esima strada e Ottava Avenue, dove venerdì ero risultato positivo al tampone: gratuito anche quello, venti minuti di fila senza prenotazione, cinque di attesa per il risultato. Per tutta la durata del colloquio, mezz’ ora, la signora è rimasta in piedi sul pianerottolo a cinque metri di distanza.
Gentilissima, prima si è voluta informare sul mio stato di salute, se io viva da solo, se abbia bisogno di aiuto da un’ assistente sociale. Poi il questionario si è dilungato sui sintomi, nel mio caso per fortuna pochi e lievi (un paio di sere con la febbre, colpi di tosse sporadici). Altre domande su mia moglie, visto che viviamo nello stesso appartamento, e il distanziamento tra noi non è semplice: lo Stato potrebbe ospitare uno di noi due in albergo.
La tracer mi ha chiesto di aiutarla nel ricostruire dove può essere accaduto il contagio (congettura: nel Wisconsin durante il mio reportage tra gli elettori, i repubblicani erano tutti senza maschera). Mi ha domandato nomi e recapiti di persone che possono avermi frequentato da vicino quando ero già portatore del virus. Mi ha suggerito di scaricare sul mio smartphone la app Immuni, versione newyorchese, in modo da avvisare automaticamente gli altri nelle mie vicinanze.
Questa app, ha precisato, protegge la mia privacy: allerta senza fornire la mia identità ai destinatari. Mi ha dato consigli sulle cose da fare e da non fare, le regole della quarantena. Posso uscire di casa per visite mediche. A dieci giorni dal tampone positivo, se sarò stato senza sintomi per più di 48 ore potrò considerare conclusa la quarantena, e andare a farmi un nuovo tampone per conferma.
Mi ha ricordato quali sintomi gravi devono invece far scattare il ricovero ospedaliero. Mi ha chiesto se ho un medico di famiglia con cui consultarmi al telefono; se conosco l’ indirizzo del pronto soccorso più vicino. Se con mia moglie abbiamo una rete di amici su cui appoggiarci, per esempio per acquisti di cibo e medicinali. Altre domande di rito – sesso, etnìa – sono state precedute dall’ avviso che ho «facoltà di non rispondere».
È stato un incontro molto politically correct, nel rispetto della privacy e dei diritti, ma anche sotto il segno dell’ efficienza. Avveniva al terzo giorno dal mio tampone positivo, weekend incluso; già avevo avuto diverse conversazioni con altri tracer al telefono, inclusa una ragazza dall’ accento afroamericano che mi ha assicurato: «Pregherò per lei». Ci sono voluti troppi morti, troppi errori iniziali, ma con sette mesi di ritardo New York ha imparato ad essere più simile a Tokyo e Seul. Abbiamo subito un disastro.
Non è stato inutile. Oggi questa metropoli – con meno di nove milioni di abitanti – sta facendo più test quotidiani di tutta l’ Italia. Di regola i tamponi sono gratis, come le cure: questa è una delle poche novità davvero positive della pandemia, una mini-riforma strisciante che ha trasferito a carico delle finanze pubbliche gran parte della spesa almeno finché dura l’ emergenza.
Colpisce il reclutamento e la formazione dei diecimila tracer, con la missione di individuare e sorvegliare i focolai, un condominio alla volta. La lezione asiatica è stata studiata.