Il porro della peste
Nicola Porro ha degli antenati. Anche in passato quando capitavano gravi epidemie si levavano voci dissonanti che protestavano contro i provvedimenti restrittivi delle autorità. Questi lontani parenti di Porro o minimizzavano la portata del problema o contestavano le chiusure forzate delle attività, perché, come si sa, gli affari dovevano (e devono), comunque, continuare. The business must go on, oppure, come avrebbe detto Brancaleone, lo lavoro pria. Il profitto privato viene prima dell’interesse pubblico e si fa anche a discapito di quest’ultimo. Non c’è epoca storica che non abbia avuto di questi pierini o nicolini e non c’è peste che non si sia manifestata con il suo Porro incazzato o con un porro cutaneo (nomina sunt consequentia rerum).
Per esempio, narra Alessandro Barbero, tutte le epidemie del passato nascono da leggerezze. “Le misure di contenimento danno fastidio a molti, anche allora gli affari soffrivano, anche allora gli imprenditori protestavano, anche allora le autorità prima di chiudere tutto ci dovevano pensare due volte…la peste di Marsiglia nel 1720 scoppia perché attracca nel porto di Marsiglia una nave che proviene dalla Siria e in Siria c’è la peste”. Quindi occorre la quarantena per evitare il peggio ma il carico è deperibile e vale molto per cui le autorità si lasciano convincere dal commerciante Porro’ il marsigliese ad abbreviare la quarantena. Insieme alle merci però scende dalla nave anche la peste. A quel punto avrebbero dovuto blindare anche la città ma Porro’, supportato da qualche ottimista del batterio, insiste che sarebbe stato meglio aspettare. La peste si diffonde in tutta la provincia. Quando si decidono a chiudere tutto ormai è un disastro.
E questa è la storia che non insegna mai nulla e si ripete.