LA REATTANZA

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Il virus mediatico continua a circolare a reti unificate. C’è chi prende sul serio la scienza e cambia canale, c’è chi la prende sul siero e parte sul booster spaziale, ad alimentare polemiche stellari.
Gli esperti in tv sono diventati virali ma esiste pur sempre una differenza tra il medico che maneggia la sua materia e gli umanisti che vorrebbero mettere becco nella paucisintomatica come se fosse una branca della filosofia contemporanea. Molti di questi sono passati dall’Ontologia all’Antologia degli effetti collaterali, in un fiat. Prima di ieri, l’unico ago di cui si intendevano era quello nel pagliaio mentre adesso infilano gli spillover negli occhi degli scienziati, corrotti dalle multinazionali
Peraltro, gli esperti del ramo sono già abbastanza discordi tra loro senza avere questi ciarlatani tra i piedi, non circa l’utilità dei vaccini o dei richiami (si fanno per altre malattie e nessun medico vero ne mette in discussione la necessità), ma sul da farsi nel prosieguo, perché qualcuno di essi si è lasciato andare a dichiarazioni prima troppo pessimistiche, poi eccessivamente ottimistiche e, infine, a quelle che servono per continuare a campare di cachet e popolarità. Alla fine, siamo tutti umani, nel senso peggiore del termine.
Con ciò intendo dire che dovremmo solo ignorarli. Gli uni, i dottori, perché devono informare con più morigeratezza o dall’ospedale, gli altri, filosofi, giuristi, politici, perché non hanno mai capito un vax di niente e ne abbiamo avuta l’ennesima riprova. Se vogliono i dati per questa affermazione, si guardino in faccia.
Noi dovremmo fare un discorso appena più intelligente, magari di psicologia sociale. Siamo in presenza di fenomeni già manifestatisi nella storia dell’uomo. Si tratta di reazioni quasi primordiali.
Siamo portati a credere a chi riteniamo esperto di quell’ambito o quella disciplina, senza renderci conto che anche un’autorità della materia potrebbe essere disonesta nella sua esposizione, enfatizzando certi risvolti piuttosto che altri di una data situazione, senza che peraltro profferisca amenità. Se dicesse sciocchezze sesquipedali prima o poi sarebbe smascherato, almeno dalle persone meno allocche. Questo il primo fatto. Ce n’è uno ancora più importante che si chiama reattanza psicologica. In cosa consiste? Quando perdiamo dei margini di libertà che riteniamo acquisiti la prima reazione dell’individuo è quella di dare un valore vitale a ciò che si è perso e ad aggiungerci anche qualcosa in più, a caricarlo di significato. Pensate a quanto accaduto con i lockdown. Gente che sprecava la propria libertà annoiandosi, all’improvviso è divenuta paladina della libertà perduta, anche se in molti casi si trattava di mero libertinaggio e bighellonaggio. È la teoria di Jack Brehm, secondo la quale la restrizione delle scelte conduce i soggetti a desiderare ancora di più ciò che gli è stato sottratto, enfatizzando la sua utilità. Quanti campioni di aperitivo abbiamo visto trasformarsi in leader improvvisati contro la dittatura sanitaria? Questo meccanismo pare emerga già nei primi anni di vita. I bambini sono attratti da ciò che viene loro proibito di fare e cercano di resistere alle pressioni esterne. Questa indipendenza precoce degli uomini serve loro a capire come muoversi nel mondo esterno, a imparare i limiti delle loro azioni e a toccare con mano fino a dove possono esercitare un controllo. Dite ad un uomo cosa non fare e gli avrete messo una pulce nell’orecchio. Inoltre, anche quando lo si vuole ingannare, basta distrarlo con una certa limitazione, della quale si fan grancassa mediatica, che lo si distoglierà da un’altra situazione, più sottile e perniciosa. Sono escamotage che il potere conosce benissimo.
Pensate all’effetto censura. Le idee censurate, o che ricevono la deplorazione delle istituzioni costituite, se non si fa parte in qualche modo di “quel giro” di appartenenze, diventano subito appetibili. Tuttavia, non tutte le idee censurate hanno vera dignità di concezione del mondo. Anzi, la maggior parte è merce avariata. Al potere conviene, ancora una volta, alimentarle proprio con la finta censura affinché le idee giuste, “merce rara”, non vengano a galla. Del resto, di questi riflessi umani si nutrono i complotti. I complottisti, soprattutto chi segue presunte tracce di ancor più presunte trame oscure che verrebbero tenute nascoste al popolo (ma non tanto bene evidentemente, considerato che uno svitato chiuso nella sua cameretta riesce a decrittarle usando il web) cercano di farsi censurare per autoalimentare le loro profezie di sventura. La censura sarebbe la prova della correttezza del proprio teorema, quindi proprio perché censurata quella descrizione delle cose diviene la più creduta, “noncelodicono” e allora deve essere per forza così. Come scrive Robert Cialdini nel suo bellissimo libro “Le armi della persuasione”: “la strategia più efficace per acquistare consensi da parte di un gruppo politico marginale che sostiene posizioni fortemente eterodosse [non è tanto] rendere pubbliche le sue idee quanto farsele censurare e po denunciare la censura che ha subito”. Il sostegno dei reietti ai “padroni del vapore”.

Altro che martiri della libera opinione. Ad ogni buon conto, non tutte le idee censurate sono schifezza ma se la schifezza diventa tanta gli ideali buoni vengono soffocati. Bisogna rifletterci su.