A che punto è la storia

43f08805db943b3147e9589c26d29ea5

Gli analisti della domenica, come li chiama il gen. Mini, ci avevano fin qui raccontato che il nemico n.1 dell’Occidente fosse la Cina, a causa della sua supremazia commerciale (sulla quale ci sarebbe molto da discutere e precisare). Oggi, questi stessi commentatori ritengono decisivo rivolgersi a Pechino, affinché isoli Mosca e non fornisca supporto nemmeno morale alle sue azioni aggressive. Gli americani lo fanno passando dai consigli alle minacce. Ma si illudono costoro se credono che la Russia, vero competitor geopolitico di questo principio di epica ed epoca multipolare, si faccia dettare da terzi il livello di sicurezza da imporre sui propri confini. Solo una mentalità grettamente economicistica ha potuto far credere al mondo che in tempi di squilibrio politico le regole degli scambi illustrassero la realtà meglio della potenza strategica e militare. Sotto questi profili, la pur rinata Cina resta ancora indietro rispetto alla rediviva Russia. Dunque, che i mandarini approvino o meno le mosse degli orsi, questi perseguiranno i loro obiettivi. Peraltro, alla Cina conviene mantenere una posizione di neutralità osservante tra i due contendenti. In primo luogo, essa sa bene che le regole internazionali non dipendono più dai voleri di una sola area prepotente, per motivi di riconfigurazione oggettiva dei rapporti di forza ad ogni livello. In secondo luogo, si aspetta, allorché i suoi nodi territoriali verranno ugualmente al pettine, almeno pari atteggiamento dai russi. Quando Washington vorrebbe insinuare che i cinesi starebbero inviando armi a Mosca sa benissimo che è più probabile il contrario. Non è questo il punto debole di Putin e soci. Oggi i russi abbisognano di confermare che il solipsismo mondiale narrato dai suoi agguerriti nemici è esclusivamente negli occhi degli occidentali, per questo i canali asiatici devono essere approfonditi e mantenuti aperti. È scelta tattica prima che questione vitale. I russi e gli stati gemelli possono portare a termine questa operazione militare in Ucraina come e quando vogliono. La Cina è vicina ma non influenza i suoi indirizzi fondamentali, serve invece a segnalare una discontinuità del fronte internazionale (per lo più americanizzato) che ancora si percepisce impropriamente globale.
A proposito di conflitti e di strategia di guerra, vi rimando all’autentica competenza di chi tratta meglio la materia rispetto al circo mediatico di giornalisti e finti esperti. Tra questi indispensabili risultano i recenti interventi di Gianfranco la Grassa ;
(http://www.conflittiestrategie.it/cerchiamo-di-capire-i… e http://www.conflittiestrategie.it/spostamento-positivo…) nonché quelli “tecnici” del gen. Mini citato all’inizio. La Grassa ci spiega teoricamente il perché dei conflitti e le ragioni sociali costanti di tali sconvolgimenti. Il gen. Mini evidenzia, a dispetto della propaganda di USA e stati vassalli, cosa stanno facendo e ottenendo i russi in questo preciso frangente.
Ps. Si è infine scoperto che la Nato già operava in Ucraina con intenzioni bellicose. Si può glissare quanto si vuole ma già questo è un buon motivo per una reazione.
Buona visione e buona lettura
«Mi aspettavo anch’io – dice Mini – una guerra come la concepiamo noi occidentali. E cioè una tempesta di fuoco dal cielo per giorni, mirata sulle capacità dell’avversario, per distruggerne l’aviazione, la contraerea, i radar, la catena di comando e controllo.
Potevo immaginare che fosse accompagnata da un attacco elettronico e telematico che ne mettesse in ginocchio le infrastrutture e anche le capacità di comunicazione, di propaganda, d’informazione.
Invece, con i russi bisogna riavvolgere il filo della memoria e tornare a molti anni indietro. Loro ci stanno dimostrando che non fanno la guerra come la pensiamo noi».
Secondo Mini, i russi procedono lentamente e spietatamente come un rullo compressore. Non esercitano tutta la potenza di cui dispongono. Non sembrano avere fretta. E non hanno l’incubo delle perdite umane, né le loro, né quelle dell’avversario, né quelle dei civili. La colonna corazzata, ai suoi occhi di stratega, è altra cosa dai combattimenti nell’Est e nel Sud dell’Ucraina.
«Un conto è l’obiettivo tattico, che mi sembra essere limitato, si fa per dire, ad occupare l’intero Donbass e la fascia costiera in modo da ottenere una continuità territoriale tra Russia e Crimea, inglobando anche i porti come Mariupol e forse Odessa. Un conto è l’obiettivo strategico della colonna corazzata».
L’obiettivo strategico, per dirla più chiaramente, può essere l’accerchiamento di Kiev in modo da minacciare la catastrofe della capitale. Oppure può essere la carta di scambio con l’Occidente per far ritirare le sanzioni. O ancora, può essere un’arma di pressione per costringere il presidente Zelensky alle dimissioni.
Di certo, secondo Mini, non si ostenta al mondo una colonna corazzata del genere se non si ha uno scopo politico. E qui, in fondo, torniamo al classico di Von Clausewitz: «La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi».
Un discorso, quello del generale, che sembra rivolto soprattutto a chi dice che in queste settimane manca la politica: no, è politica anche questa, soltanto che è orribile perché si fa con le bombe e con il sangue.
Anche un altro generale di corpo d’armata quale Giorgio Battisti, già comandante del Corpo d’Armata di Reazione Rapida della Nato in Italia, poi capo di stato maggiore della missione ISAF in Afghanistan, autore dei libri “Penne Nere in Afghanistan” (2004) e “ Storia Militare dell’Afghanistan” (2015), ritiene che la colonna corazzata non è stata lì ferma su una strada a caso.
Battisti diffida di interpretazioni semplicistiche, e cioè che sia tutto merito della resistenza ucraina, pur eccellente e coraggiosissima, oppure che sia tutta colpa del caos della logistica russa. Nossignore, anche secondo Battisti, quella colonna è stata preparata, avviata verso Kiev, e poi fermata con uno scopo ben preciso.
«Semplificando, penso che il comandante dell’invasione abbia ovviamente pensato che occorrerà dare il cambio alla prima linea. I soldati della prima ondata dovranno essere sostituiti con quelli della seconda ondata. E la colonna servirà a questo».
Dalle fotografie che anche lui ha visto sui social, «penso che sia una colonna del tutto autosufficiente. Inframezzati ai carri armati e ai blindati per il trasporto truppe, c’erano camion con i teloni e autobotti. Sono la parte logistica che marcia con la parte combattente. Non penso perciò che i russi abbiano mai pensato di dover alimentare una colonna di soli mezzi da combattimento».