È morto Gorbaciov
È morto Gorbaciov. Sui giornali si ricorda così il politico: “L’uomo che cambiò il mondo”, “Morto Gorbaciov: volle il disgelo
e seppellì l’Unione Sovietica”, “Demolì il Muro: passa alla Storia come un gigante senza pace” (Corriere della sera); “Gorbaciov il migliore dei comunisti che ha seppellito il mostro sovietico”, “con il miracolo perestrojka salvò la Russia dall’orrore”, “Ha fatto la storia”, “un campione della democrazia (Il Giornale, l’ultimo titolo è di Berlusconi addirittura). Questi sono solo due quotidiani ma il tenore di richiami e commenti è lo stesso su tutta la stampa nazionale e internazionale occidentale. Adoriamo la nullità in tutte le sue forme e incarnazioni.
Gorbaciov è amato all’estero tanto quanto è odiato in patria. Parlo come se lui fosse ancora qui perché la Storia, al contrario degli uomini, è un libro indelebile nel quale il passato è nel presente e anche nel futuro. Ne tengano conto i voltagabbana che incensati dai contemporanei saranno valutati dai posteri con meno riguardo.
Ad ogni modo, non mi piacciono gli insulti di chi se la prende con i morti il giorno della loro morte, così come sono odiose le lodi del circuito mainstream che innalzano Gorbaciov agli onori e agli allori per i guai che ha combinato. Perché l’ex leader sovietico è stato il liquidatore non solo del suo Paese ma di un impero, amico dei nemici della sua gente ha ingannato non uno ma più popoli. Facendosi pagare per la réclame di pizza e borsette, dopo la consegna dell’Urss agli americani, è stato seppellito dalla vergogna prima ancora che dalla terra.
Sia però chiaro un fatto. Nulla dipende da un solo uomo. Gorbaciov è stato l’uomo richiesto dalla Storia per svolgere quel preciso compito. Lo ha fatto con troppo zelo e nessuna dignità, per questo lo ricorderemo con disdoro. Una sua dichiarazione a proposito del ’89 ne e’ la prova: “La caduta del muro è una vittoria dei due popoli tedeschi, ma anche dei russi dopo la Seconda guerra mondiale”. Questa è meschinità, un tributo di mediocrità non richiesto da nessuna Storia. Gorbaciov ci ha insomma messo troppo del suo e per questo non merita alcun rispetto. Ribadisco però che non per ciò si è autorizzati a vituperarlo nell’ora del “trapasso”. È andato, vecchio e stanco, non sappiamo se con un peso sulla coscienza o meno ma il suo nome, come quello di tanti altri, sarà associato ai personaggi più vili della tragedia umana. Questo è il suo inferno che non sentirà.
Ribadiamo pertanto un concetto essenziale che serve a noi più che ai defunti. È una bella lezione che ci dà Gianfranco la Grassa: “Che cosa significa allora l’oggettività del processo denominato tradimento? Semplicemente che non dipende da una particolare disposizione d’animo di un individuo o di un gruppo di individui. E’ senza dubbio necessario che occorrano determinate condizioni, che il processo abbia assunto una data direzione in base allo scontro tra più individui o fazioni, nel cui ambito sono precipitate specifiche configurazioni dei reciproci rapporti di forza. Il tradimento può anche non realizzarsi perché si è verificato un errore di valutazione di queste configurazioni e di misurazione dei rapporti di forza in oggetto. Tuttavia, devono poter essere individuati in modo realistico, in base ad un non fantasioso calcolo, i possibili sbocchi del processo detto di tradimento”.
L’Urss era entrata in una fase di decadenza pressoché irreversibile. In questa situazione sono emersi i peggiori perché era la stessa situazione a sospingerli. Gorbaciov era senz’altro il peggiore tra i peggiori e fu battuto anche da chi era peggio di lui, vedi Eltsin. Forse c’erano altre strade per preservare quel qualcosa di buono e di importante che l’Unione Sovietica ancora rappresentava e conteneva ma non sono state seguite o sono state sbarrate dagli eventi che hanno travolto i deboli e innalzato i codardi. La realtà è stata implacabile allora ma ora, sotto altre forme, comincia a restituirci nuovi orizzonti che sono sorti proprio da quelle macerie. Gorbaciov ci ha lasciati ma la Russia è finalmente ritornata.