Riceviamo e pubblichiamo. Italia al voto, di A. Terrenzio
Salvo sorprese, il partito guidato da Giorgia Meloni é dato come sicuro vincente, con sondaggi che lo danno in continua crescita (+25) e prossimo alla guida del nuovo esecutivo del centro-destra. Le bordate di tutta la stampa progressista col loro codazzo influencers e di cantanti conrformisti, più l’ordinaria macchina di propaganda alla quale la sinistra ci ha abituato da tempo, non hanno fermato la cavalcata di FdI. Il Partito Democratico d’altronde, con uno dei leader più sbiaditi della sua storia, ha giocato la carta usurata del pericolo fascista, che tuttavia, contrariamente a quello che pensano alcuni sociologi politici come Galli Della Loggia, riesce ancora a mobilitare il fronte dei suoi elettori: al cospetto del vuoto pneumatico di un partito ridotto a cupola di potere, demonizzare ed infangare l’avversario, è il solo strumento che l’elettore Dem ha per giustuficare il proprio voto. E’ solo per questo, oltre ad esplicite ragioni di tornaconto, che questo partito così ostile all’interesse nazionale, non scende mai sotto il 20%.
Oltre ai richiami a pericolo fascista e alle accuse grottesche provenienti dal mondo femminista di rigurgiti patriarcali, la Meloni ha dovuto subire attacchi anche sul fronte estero, su presunti soldi russi ricevuti da pariti italiani, ai quali hanno fatto seguito i recentissimi ammonimenti del premier tedesco Sholz sul pericolo della “bionda post-fascista”, che metterebbe in pericolo la tenuta dell’Europa.
Non sono bastate nemmeno le continue rassicurazioni sul fronte atlantico a mettere al riparo la Meloni. A Washington negli ambienti DEM, qualcuno continua a non fidarsi di un nuovo governo troppo spostato su posizioni sovraniste, che sulla scia della crisi energetica potrebbe essere intenzionato a riallacciare con Mosca.
Non importa chi governi, restiamo una colonia americana
Se Mario Draghi è stato eletto politico dell’anno, di fronte alla presenza dell’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, più altre personalità del mondo finanziario americano, come il Ceo di Blackstone Group Stephen Schwarzman e del Rabbino Arthur Schneier, è solo per confermare lo stato coloniale cui è relegata l’Italia. A Biden e ad i suoi consiglieri non importa chi vinca le elezioni, Draghi deve rimanere il garante del padrone americano. Tuttavia gli allarmismi che provengono dall’asse Franco-Tedesco per il nuovo governo, devono aver spinto i vertici della Casa Bianca a tenerne conto. Sul fronte antirusso, non devono esserci tenennamenti, al punto che secondo fonti di un alto funzionario della Casa Bianca:”Chiunque diventerà il nuovo ministro italiano, il presidente Joe Biden dovrà avere subito una conversazione e prendere le misure di quella persona, oltre che stabilire cosa significherà”. Per poi rassicurare che non ci sarà nessun terremoto se dovesse vincere Giorgia Meloni, bontà loro, al netto degli allarmismi dell’UE e del loro sodale Enrico Letta.
Il nuovo governo a guida FdI, dovrà tenere conto del fatto siamo trattati da colonia e l’amministrazione Biden non usa più nemmeno perifrasi per dissimularlo. La nostra agenda in politica estera è totalmente schiacciata sugli interessi americani con relative sanzioni e sostegno militare, e nel caso il nuovo governo dovesse fare di testa propria, Mario Draghi è pronto a riportarlo sui binari tracciati da Henry Kissinger.
Le minacce della Von Der Leyen
Nemmeno il tempo di prendere istruzioni dalla Casa Bianca, che la presidente della Commissione UE ha rilasciato una dichiarazione in toni mafiosi:”Se le cose in Italia andranno male, abbiamo strumenti, come nel caso di Polonia ed Ungheria” Parole che Matteo Salvini, non ha esitato a condannare:”Si preoccupi di mettere un tetto al prezzo del gas. Sono parole disgustose, il tono
minaccioso è inaccettabile. Non può permettersi di influenzare, di ricattare gli italiani sul voto”. Persino Matteo Renzi ha invitato la Von Der Leyen a non intromettersi nelle questioni elettorali italiane, e che se anche vincesse la Destra, l’Europa dovrà rispettare l’esito elettorale. A Bruexelles ci trattano come un Paese già commissariato ed i silenzi di Draghi e Mattarella sono a tratti peggiori delle inaccettabili dichiarazioni dell’ex ministro della difesa tedesco.
Dalla Russia, immediata la risposta sarcastica:”Ingerenze russe sull’Italia… ah no, non è la Russia”. In effetti non bisogna arrivare a Mosca per capire da dove arrivino le reali ingerenze nel nostro Paese.
Ci stanno praticamente dicendo che il voto degli italiani non conta niente. Possiamo muoverci negli stretti limiti imposti dagli interessi geopolitici americani e delle politiche di austerità dettateci dagli euroburocrati. Che ciò voglia significare il fallimento delle nostre imprese per il caro energia, per una guerra che non abbiamo voluto noi, e che si traduca in un ritorno a piani di austerità che getteranno nella povertà milioni di famiglie italiane, questo è una preoccupazione che non sfiora minimamente nè i vertici americani nè dell’UE.
Per la prima volta la Meloni, una premier donna, può governare
Nel suo editoriale su la Verità.it Marcello Veneziani coglie la portata di quella che è una chance storica per la destra italiana, quella di andare a governare, magari con una maggioranza assoluta. Lo fa condividendo le critiche ampie e motivate di chi spesso ha preferito l’astensione pur di votare una destra nella quale stentava a riconoscersi.
“Ma per la prima volta nella storia della nostra repubblica, lunga più di 76 anni, è possibile, è probabile che una leader della destra, diventi il primo partito per consenso di popolo. Per la prima volta, una donna… “. E’ effettivamene una occasione storica
e non possiamo tirarci indietro proprio adesso, anche perchè l’alternativa sarebbe il ritorno di un governo tecnico con il supporto della sinistra arcobaleno e di potere del PD. No, almeno questa volta, chiudiamo un occhio sui mille compromessi accettati, sull’opposizione di carta e di sostanziale aquiescenza al governo dell’ex banchiere, e non rinunciamo ad una vittoria di popolo.
La storia si presenta per la seconda volta, dopo il voltafaccia e le abiure di Fini, adesso non possiamo abbandonarci al fatalismo e l’alternativa già la conosciamo. Certamente è unitile farsi illusioni su disallineamenti dalla NATO e della possibilità che anche il governo a guida Meloni possa divergere dall’agenda Draghi. Non ostiniamoci a vedere delle svolte che non possono arrivare solo dalla politica nazionale, ma che necessitano di congiunture internazionali favorevoli. Pressioni interne ed esterne, le direttive europee sul PNRR, più attacchi speculativi “se non devessimo rigar dritto”, attacchi della magistratura: i metodi già li conosciamo.
A chi sostiene che il governo della Meloni sarebbe comunque teleguidato, rispondo con Veneziani che indubbiamente questa possiblità esiste, ma qualsiasi partito che arrivasse al governo, sarebbe sovrastato dal potere degli Apparati che eserciterebbero delle pressioni enormi per normalizzarlo o cooptarlo. Votare una lista minore antisistema o non votare, significherebbe fare il gioco dell’establishment internazionale ed eurocratico dei quali il partito di Enrico Letta è fedele rappresentante. Non diamogli questa soddisfazione, sospendiamo i conti e giudizi al dopo voto. E poi, vedere gli elettori del Partito Democratico verdi dalla rabbia, è una soddisfazione alla quale non possiamo rinunciare.