Maestri di ignoranza
La testata Open è composta da una manica di dilettanti che si arroga pure il diritto di stabilire ciò che è vero e ciò che è falso, pur non avendo spesso alcuna competenza nelle materie trattate.
Prendiamo un caso per tutti, un articolo sulle vicende Ucraine nel quale si afferma quanto segue:
“Ciò che è accaduto nel 2014 non fu un colpo di Stato, ma una rivoluzione in quanto c’è stata una sollevazione popolare. Un azione [senza apostrofo perché non sanno nemmeno scrivere] civile che il governo Janukovyč tentò di reprimere con la forza, ottenendo come risultato ulteriori reazioni da parte dei cittadini ucraini. L’Ucraina è un Paese democratico dove i cittadini hanno avuto modo di eleggere i propri governi, incluso quello di Poroshenko, con libere elezioni per le quali non risultano presentate contestazioni da parte della comunità internazionale, al contrario dei referendum di annessione della Crimea e delle successive zone ucraine occupate dalla Russia”
Si tratta di affermazioni del tutto arbitrarie, prive di scientificità, assolutamente discutibili in quanto fondate su palesi aporie logiche del tutto fuorvianti. Queste assurde teoresi non possono tanto meno reggersi sul postulato secondo cui una fantomatica comunità internazionale avrebbe certificato le elezioni, comunque successive alle violenze di Euromaidan, contro un Governo legittimamente eletto, per cui tutto sarebbe diventato lecito e democratico. Una specie di sanatoria civile che fa ridere i polli.
Innanzitutto, la distinzione tra rivoluzione e colpo di Stato sfugge del tutto al giornalista di Open. Possiamo capirlo, si tratta di un confine sottile sul quale ancora gli studiosi discutono e si accapigliano. Ciò che non è ammissibile intellettualmente è la sovrapposizione tra azione civile e rivoluzione. Una rivoluzione è un’azione di pressione sociale prolungata e ripetuta nel tempo, con scontri sempre più elevati, che si intensifica nell’arco di mesi, essendo maturate le sue condizioni anche durante anni, prima di condensarsi e deflagrare, in tutta la sua virulenza, nell’evento cruciale e simbolico. La presa della Bastiglia o quella del Palazzo d’Inverno. Una rivoluzione di popolo, letteralmente intesa, non abbatterà mai lo Stato, il quale ha a propria disposizione i corpi armati per difendersi, se non appunto avvalendosi di determinate parti dell’apparato statale stesso per impadronirsi delle leve di comando. Occorre insomma che l’esercito e altri settori che egemonizzano la forza si schierino col popolo, o meglio, con le minoranze attive di questo che guidano i rivolgimenti. Perché sono i meglio organizzati non quelli più numerosi che conducono i giochi. Peraltro non vi è mai unità di intenti tra le forze che infiammano la collettività, basti pensare alle varie frizioni in seno ai rivoluzionari che si dividono su tutto pur condividendo l’obiettivo e il bersaglio.
Per riuscire nei suoi intenti la rivoluzione deve portarsi dalla sua parte i drappelli armati del potere costituito, come durante l’ottobre sovietico quando i soldati passarono in massa con i bolscevichi. Ovviamente, c’erano anche le masse contadine e i minoritari lavoratori delle fabbriche a lottare ma la loro iniziativa sarebbe stata duramente repressa in assenza dei combattenti disciplinati provenienti dal fronte di guerra, ai quali Lenin aveva promesso la fine delle ostilità in cambio della fedeltà alla causa comunista.
Nessun potere è mai caduto per una cosiddetta azione civile, nemmeno ai tempi della nonviolenza di Ghandi. Quello che si verificò in India, per esempio, fu il ritiro progressivo del Paese colonialista dalla nazione colonizzata per insostenibilità epocale di una forma di dominio ormai superata, in virtù di nuove condizioni e situazioni storiche che la rendevano economicamente sconveniente e politicamente ineffettuale.
In Ucraina non c’è stata alcuna rivoluzione invece c’è stato un Golpe oligarchico (chi lo nega non sa nulla di tale geografia non intaccata ma solo modificata dalla cacciata di Janukovic) con la complicità di elementi intrinseci al potere preesistente, sostenuto e coadiuvato da manine estere e il coinvolgimento di paramilitari autoctoni nonché mercenari di varia origine. È stato un golpe atipico perché l’infiltrazione statale si è combinata con l’infiltrazione culturale che ha manipolato e manovrato importanti sezioni sociali.
Mentre gli ingenui contestatori morivano in piazza, colpiti dal sistema e dall’antisistema, divisioni addestrate alle tecniche di sabotaggio e guerriglia si muovevano agilmente dietro le barricate e contro le stesse barricate dove erano arroccati gli ignari. Per quanto sia elevato il malcontento della gente comune, che scende in piazza a protestare, nessun potere costituito si farà impressionare o sloggiare da simili escandescenze estemporanee. Se non sono armate e organizzate e se non trovano sostegno in gruppi e settori della società “elevati”, se non persiste decadimento degli assetti statali esistenti le esplosioni di rabbia spontanee sono destinate a fallire miseramente e a essere soffocate nel sangue.
Come scrive Luttwak, nelle rivoluzioni “L’azione viene condotta, perlomeno inizialmente, da masse popolari non coordinate,e mira a modificare le strutture politiche e sociali, nonché le effettive personalità
della leadership. Il termine è diventato abbastanza popolare e viene attribuito a molti colpi di Stato, perché lascia intendere che sia stato « il popolo », anziché alcuni congiurati, a compiere ogni cosa.”
Credo che per Open sia già abbastanza umiliante così, anche se ci sarebbe ancora moltissimo da dire. La superficialità con la quale si esprimono certi giudizi dovrebbe condurre ad una doppia vergogna , prima perché si discetta di cose che non si conoscono, secondo perché si attribuiscono agli altri errori e insufficienze di cui si è maestri.