Meglio un nemico dal quale imparare di un simile putrefatto

43f08805db943b3147e9589c26d29ea5

 

Tra 5 miliardi di anni il sole esaurirà il suo combustibile e renderà inabitabile il nostro pianeta per qualsiasi specie. Sicuramente, gli esseri umani non assisteranno agli eventi catastrofici che ne deriveranno perché si saranno già estinti per altre cause. L’uomo sapiens è sulla terra da circa 200-300 mila anni mentre i nostri primi antenati sono apparsi 2-3 milioni di anni fa. In media le specie animali non vanno oltre qualche milione di anni prima di concludere il loro ciclo vitale, a qualcuna va anche peggio. Anche se siamo abbastanza giovani come specie il nostro destino è segnato. Noi, così infimi, ci illudiamo di salvare la Terra ma non potremo scampare a quello che ci attende. Non ricordo in quale opera si parli degli ultimi uomini che, riunitisi su una spiaggia, si stringono in un abbraccio fraterno per riscaldarsi mentre il sole si spegne. Forse era in qualche testo di Engels, ma non ci giurerei. In realtà con la fine del suo carburante il nostro astro si espanderà in una gigante rossa inghiottendo i pianeti più vicini e polverizzandoli. Solo dopo diventerà una nana bianca in via di raffreddamento fino al totale oscuramento. Sarà un evento quasi irrilevante per l’Universo ma non per il nostro sistema solare che scomparirà definitivamente. Il brano di cui si parla è però molto suggestivo perché gli uomini, le bestiacce che siamo, riusciranno, almeno per un istante ad essere veramente sinceri e fraterni, di fronte alla inevitabile sorte, nel loro stringersi prima della fine.
In un apologo riportato da Schopenhauer gli uomini vengono paragonati a porcospini:

“In una rigida giornata d’inverno una truppa di porcospini si era messa in mucchio serrato per salvarsi scambievolmente dal freddo col loro proprio calore. Ma subito sentirono le offese delle loro punte, ciò che li fece allontanare gli uni dagli altri. Quando il bisogno di riscaldarsi li avvicinò di nuovo, si rinnovò lo stesso inconveniente, dimodochè essi furono ballonzolati di qua e di là tra i due patimenti fino a che non ebbero trovato una distanza media che rese loro sopportabile la situazione. Così il bisogno di società, nato dalla vacuità o dalla monotonia del loro interno, spinge gli uomini gli uni verso gli altri; ma le numerose loro qualità ributtanti e i loro insopportabili difetti li disperdono nuovamente. La distanza media che essi finiscono collo scoprire, e nella quale la vita in comune diventa possibile, si è la pulitezza e le belle maniere. In Inghilterra si grida a chi non mantiene la dovuta distanza: Keep your distance! — Con questo mezzo il bisogno di mutuo riscaldamento non è invero soddisfatto che a metà, ma in cambio non si sente la puntura delle spine. — Chi però possede molto calorico suo proprio preferisce rimanere fuori della società per non provare nè cagionare sofferenze”.

In realtà non c’è modo di fissare la distanza giusta tra di noi che ci consenta di vivere in pace. Lo stesso Schopenhauer ci ricorda che la vita per vivere deve mangiare la vita: “la volontà di vivere divora perennemente se stessa, ed in diversi aspetti si nutre di sé, finché da ultimo la specie umana, avendo trionfato di tutte le altre, ritiene la natura creata per proprio uso”.

Dunque, non si tratta di bontà o cattiveria, gli uomini sono giunti dove sono perché hanno saputo ottenere dai conflitti inevitabili dei vantaggi evolutivi. Come dice La Grassa siamo l’unica specie che crea un plusprodotto, nessun altro essere in natura lo fa. Intorno all’accaparramento di tale plusprodotto, esito di un pluslavoro, si sviluppa la nostra società. Eliminare i conflitti non è pertanto possibile, né in natura, né in Società. Non è evolutivamente e socialmente conveniente. Dobbiamo nutrirci di ciò che è vivo per vivere, non possiamo ingollare materia inerte che ci ucciderebbe. Questo tanto metaforicamente che biologicamente. Anzi, se ciò avvenisse accelereremmo un processo di stagnazione e poi di regressione: “Se si ama, se si aspira a qualche cambiamento positivo della nostra vita, sia individuale che sociale, bisogna essere pronti ad affrontare e spesso sopprimere quelli che si trovavano meglio nelle vecchie situazioni e che per mantenerle sono pronti a perseguitarti ed eliminarti.” (La Grassa).

Anche il filosofo Rensi è sulla stessa posizione: ” le specie viventi non possono vivere che nutrendosi l’una dell’altra; tutto è in natura organizzato e fondato sulla necessità di questo mutuo divoramento.
Non è diversamente nel campo umano, spirituale e sociale. La proiezione in questo di quella situazione è la concorrenza; le industrie, le case commerciali, le banche (e i popoli e gli Stati) che si erigono le une sulla rovina delle altre; la notorietà, la fama che si fonda oscurando un’altra notorietà, un’altra fama”.

Ergo, quando noi occidentali ci raccontiamo che siamo circondati da dittatori che vogliono portare il caos nelle nostre vite stiamo raccontando frottole. Vogliamo solo preservare i nostri appannaggi messi in discussione da quanti finora, a causa di essi, hanno vissuto peggio e anelano ad un loro posto al sole.
Difendersi è parimenti normale ma se la nostra difesa deve basarsi su amenità e sciocchezze che ci hanno portato dentro una decadenza morale, psichica, culturale, sociale e politica ormai intollerabile allora saremo battuti e meritiamo di esserlo. Invece, per affrontare i nemici portatori di un rinnovamento vitale dovremmo innanzitutto sbarazzarci di zombie e cariatidi che ancora ci guidano rimbecillendoci tutti. Un nemico dal quale imparare è meglio di un simile putrefatto che ti porta alla rovina.