IL CASO ENRON E LE PRIME CONDANNE
L’altro ieri sono arrivate le prime condanne per i due principali dirigenti dell’ex impero energetico Enron, l’accusa contestata a Ken Lay e Jeffrey Skilling (un cognome che è tutto un programma) e accertata durante il processo, era quella di truffa. Come ben si sa nell’affare Enron sono coinvolte molte banche, alcune delle quali hanno accettato di risarcire gli azionisti raggirati. Si tratta di Canadian Imperial, JP Morgan e Citigroup. A rivendicare i risarcimenti sono 50 mila investitori che, tra il 1997 e il 2001 hanno visto liquefarsi circa 47 mld di dollari.
Ma facciamo un pò di storia. Tutto comincia a Houston, città petrolifera del Texas, Stato roccaforte nonché quartier generale della famiglia Bush. Persino l’aeroporto di questa città è intitolato ad un Bush, George senior, l’intitolazione pre-mortem ha allungato la vita dell’ex presidente, a quanto pare meno scaramantico di Togliatti che rabbrividì all’idea di intitolargli una scuola mentre era ancora in vita.
E’ qui dunque che la Enron fa affari, l’uomo che guida questo colosso si chiama K. Lay, umile di origine ma volenteroso sostenitore del mercato e, soprattutto, intimo amico della famiglia più potente del Texas, i Bush appunto. Certo non possiamo ripercorrere qui l’escalation di Lay, ma possiamo dire che le sue idee sulla liberalizzazione del mercato dell’energia, e del gas in particolare, gli fecero incontrare, nel 1985, un altro campione della deregulation e della mano invisibile, ovvero Ronald Reagan. Come suo vice, l’ex attore di Western di serie B, scelse G. Bush senior e per K. Lay la strada divenne da subito una discesa da percorrere in surplace. Difatti già nel 1985 la Ferc (Commissione Federale per le Riforme sull’Energia) liberalizzava il mercato del Gas naturale. All’epoca la più grande società del settore dei gasdotti era la InterNorth, pare sotto possibilità di scalata da parte di un finanziere, Irwin Jacobs, specializzato in acquisizioni di società in difficoltà (più tardi si scoprì che il suo pacchetto azionario era più esiguo di quello di Ricucci). Per rintuzzare questa possibilità l’AD di InterNorth propose a Lay di cedergli la sua Houston Natural Gas, in modo da far crescere i debiti di InterNorth e renderla meno appetibile ad un’eventuale scalata. L’accordo si fece però subito dopo l’AD di InterNorth venne silurato e il suo posto fu preso proprio da K. Lay, che si trovò a dirigere una società che controllava, in virtù della fusione, 50 mila Km di gasdotti, dal Nebraska (Nordovest) a Houston (Sudest).
Era nata la Enron, con sede a Houston.
Ma la Enron nasceva già sotto una cattiva stella, aveva sommato i debiti di due società e aveva dovuto liquidare gli azionisti scomodi, tra i quali il fantomatico scalatore Jacobs, utilizzando le somme eccedenti il minimo di legge del fondo pensioni dei dipendenti.
La Enron adottava una strategia aggressiva comprando tutto il comprabile e utilizzando per gli acquisti, non le proprie riserve, ma i profitti che sarebbero arrivati ex post da tali operazioni. Questo accadde anche quando J. Skilling, n.2 di Enron, ideò la c.d. Gas Bank. La Enron pagava subito ai suoi fornitori il metano (e non alla consegna come si era sempre fatto) agendo da intermediatrice con le imprese utilizzatrici ed accollandosi il rischio della volatilità del prezzo del gas. La Enron, da società gestrice di metanodotti, diveniva un vero e proprio “Broker collettivo”, una sorta d’intermediario tra imprese estrattrici e fruitori di energia. Ma, come dicevamo, occorreva anticipare il denaro e contestualmente non far pesare sui bilanci l’indebitamento scriteriato che ne derivava. Fu così che Skilling s’inventò il “mark to market” ovvero il principio per cui si mettevano a cassa affari già conclusi senza che i pagamenti fossero stati effettuati e incamerati dalla compagnia. Questa procedura di contabilità creativa fu adottata dalla società di Houston già nel 1991.
Naturalmente, il perverso processo contabile innescò delle reazioni a catena, soprattutto al fine di spalmare i debiti e tenere lontani gli analisti di borsa dalle reale situazione finanziaria di Enron. Il rischio era quello che le azioni si deprezzassero e il castello si sbriciolasse come argilla sotto le richiesta di rientro dei crediti da parte dei finanziatori di Lay. E’ qui che entra in gioco un altro guru della finanza, un certo Andrew Festow. Il giovane manager allestì delle società ombra che risolsero l’impasse in cui si era arenato il progetto Gas Bank. Queste società si accollavano i debiti delle operazioni Enron per pagare direttamente le società estrattrici senza lasciare alcuna scia nei bilanci del colosso guidato da Lay e Skilling. Gli affari ad alto rischio potevano così essere secretati nel migliore dei modi, con questo sistema si eludeva anche il fisco, bastava semplicemente costituire compagnie di comodo nei paradisi offshore di qualche isoletta sperduta.
Adesso possiamo dare un po’ i numeri per capire cosa era diventata la Enron in un quindicennio. Nel 1985 un’azione della Enron valeva 8 dollari. Nel 1990 il suo valore era salito a 11 dollari (inizio dell’epopea Skilling). Nel 1996 siamo a 21,5 dollari, e già 30 dollari nel 1998. Al calar dell’anno 1999 le azioni Enron valevano 40 dollari, in novembre Skilling inaugura il portale EnronOnline che divenne il principale mercato al mondo di scambi di materie prime e prodotti finanziari venduti sulla rete. Sulla scia della speculazione della New Economy, nel 2000, le azioni Enron toccano i 90,56 dollari.
La liberalizzazione del mercato del gas e dell’elettricità aveva portato i suoi frutti, almeno a qualcuno s’intende, ma i prezzi per i consumatori erano davvero scesi? Naturalmente no, se non si vuole considerare come una riduzione di prezzo uno 0,3 centesimi di dollaro nel periodo 1994-1999, a fronte di un servizio che peggiorava in qualità, anno dopo anno.
E’ qui che arriva la California, il primo mercato liberalizzato sottoposto ad una pletora incessante di black out che la dicevano lunga sul rapporto tra profitto privato e servizio pubblico. La Enron “razionava” l’erogazione di energia per farne rialzare il prezzo, improvvisamente i californiani consumavano troppo e l’offerta non poteva coprire l’intero fabbisogno. Bush junior fece subito sapere al governatore della California che non sarebbe intervenuto per calmierare i prezzi poiché era compito del mercato autoregolarsi, il presidente degli Usa disse testualmente: “Occorre comportarsi da cittadini diligenti”. La Enron aveva già ringraziato con i fondi stanziati per la campagna elettorale del Presidente in pectore.
La Enron arrivò persino in Italia, nel 1995 costituì a Sarroch (Cagliari) il Consorzio Sarlux che vedeva la partecipazione della raffineria Saras (Gruppo Moratti) con il 55% e la Enron con quota cospicua del 45% . La Sarlux decise di costruire un megaimpianto di gassificazione per 2 mld di lire. Intanto Enron aprì anche una sede a Milano con l’intento di divenire il primo fornitore nazionale di servizi dell’energia a gruppi industriali, imprese municipalizzate e PMI.
La domanda allora diviene retorica (almeno per questo blog) perché le banche continuavano a finanziare Enron? Le agenzie di rating che facevano? E i controllori dei bilanci?
La risposta a queste questioni è tutta nei nomi che adesso faremo. Ecco quali erano i più grossi finanziatori di Enron: JP Morgan Chase, Citigroup, Credit Suisse Firs Boston Usa, Canadian Imperial Bank of Commerce, Bank of America, Merrill Linch, Barclays Bank, Deutsche Bank e Lehman Brothers. Le banche sapevano dei debiti fuori bilancio e delle società ombra di Fastow ma continuavano a piazzare azioni che gli stessi analisti fra loro definivano “spazzatura”.
La Enron, inoltre, pagava profumatamente gli studi legali che avrebbero dovuto consolidare i suoi bilanci, oltrechè le società di rating che avrebbero dovuto attestarne la solvibilità, quali Moody’s, Standard&Poor’s e Fitch/Ibca.
I dipendenti della Enron, che avevano investito il loro fondo pensione in azioni della società per la quale lavoravano, hanno perso tutto e non hanno più garanzie per la loro vecchiaia. Questi sono i “vantaggi” che otterranno i dominati quando vorranno giocare con chi ha già deciso della loro sorte, lo vedremo presto anche in Italia con la destinazione del TFR ai fondi integrativi. Nel frattempo dopo gli scandali finanziari della Enron e i più casalinghi Parmalat e Cirio, da “ritta a manca” si sono alzati cori per una regolamentazione più stringente dei mercati e dei conflitti d’interesse, il risultato è stato il varo della legge sul falso in bilancio che ha complicato ancor di più la possibilità di perseguire questi lestofanti.