Alcune considerazioni sulle posizioni di Costanzo Preve (in margine al contributo di Giovanni Petrosillo) di Yurii Colombo [ N.D.R. Y. Colombo è il curatore del sito Giovane Talpa.it, le idee espresse nel suo articolo non sono necessariamente quelle dei curatori di questo blog ma ci sembrano utili al dibattito]

 

Non si può non essere d’accordo sulle premesse di Giovanni Petrosillo. Costanzo Preve ha diritto di pubblicare i suoi scritti per le case editrici che più gli aggradano ed essi vanno giudicati per quanto in essi vi è sostenuto e non per il catalogo e l’orientamento ideologico delle case editrici che lo pubblicano. Quelle stesse case editrici del resto annoverano titoli che noi, impudici curiosi e da sempre strenui oppositori di ogni tipo di censura, leggiamo pur senza ovviamente condividerne contenuti e conclusioni, come gli scritti di de Benoist, di Irving, di John Kleeves, ecc.nonchè, perchè no, di Julius Evola, di Gentile, di Adolf Hitler, di Alessandro Pavolini e chi più ne ha più ne metta.

Tuttavia non si può non notare che Costanzo Preve soffra di vittimismo: non più di un paio di anni fa un suo ottimo contributo sull’ “inattualità di Marx” è stato pubblicato da una casa editrice di un certo prestigio come la Boringhieri e più recentemente le Edizioni Arianna – che si potranno al più considerare "conservatrici" – ne hanno pubblicato un altro sulla questione della democrazia. Inoltre Preve stesso ha trovato sempre spazio sulle riviste e le pubblicazioni promosse dall’amico Moreno Pasquinelli. Tuttavia Preve sente di aver MOLTE cose da dire e per cui eccolo pubblicare, scrivere e farsi intervistare dovunque gli venga dato uno spazio. Tuttavia la legittima scelta di Preve non si situa nell’iperuranio ma sulla nuda terra che calpestiamo ogni giorno. E le posizioni che via via sta assumendo Preve negli ultimi anni non possono non avere delle conseguenze. Perchè non credo, a differenza di Petrosillo, che quanto  l’ex intellettuale di area DP scrive oggi sia la “ribattitura dello stesso chiodo” di quanto affermava qualche hanno fa. Preve naturalmente lo sa benissimo. Egli ha diritto ovviamente, come tutti noi, di cambiare idea ma non inficia il fatto che i salti dialettici della sua riflessione siano a nostro avviso non solo errati ma conducano in un tunnel senza via d’uscita. Con ricadute, se solo il suo approccio fosse preso sul serio, terrificanti e disastrose.

 Vediamo di sintetizzare quale sia il nocciolo duro del suo discorso politico che egli ha sparso in vari libri, opuscoli e articoli, e che qui ci permettiamo di condensare:

1) Il proletariato non è mai stata una classe rivoluzionaria ("è stata una classe tra le meno rivoluzionarie della storia") e quindi forse non lo sarà mai.

2) Il movimento operaio si è eclissato

3) Il comunismo novecentesco in tutte le sue varianti si è ideologizzato ed è finito in un cul de sac, incapace di comprendere la dinamica della realtà

4) Lo scontro attuale, anche in vista di una possibile ripresa del movimento anticapitalista si muove su linee di faglia geopolitiche   

5) QUINDI la posizione da assumere in questa fase è quella di un EUROASIATISMO TEMPERATO in cui gli USA sono il nemico principale e  vanno sostenuti non solo tutti i movimenti di resistenza antiamericani, non solo tutti gli Stati canaglia, ma anche tatticamente quelle potenze capitalistiche come la Russia, la Cina e financo gli Stati europei che possono essere da contrappeso alla potenza militar-finanziaria americana.

Speriamo di non aver distorto l’attuale riflessione politica di Preve (che chiunque può andare a leggersi nei libri e nei saggi da lui scritti negli ultimi anni).

Ogni parte della riflessione previana contiene un grano di verità, ma nel complesso le molte erbe che egli mischia con DISINVOLTURA producono una tisana assai indigesta. Vediamo in dettaglio.

1)       il proletariato non è mai stata una classe rivoluzionaria (e quindi forse non lo sarà mai). E’ un’affermazione a nostro avviso distorta e ingenerosa. Il proletariato del ciclo del dominio formale del capitale è stato “rivoluzionario” nella misura delle sue possibilità e del suo grado inevitabile d’integrazione. Il proletariato del “secolo lungo”  1850-1980 in cui si snodano le vicende del movimento operaio aveva una scarsa coscienza della necessità della propria autonegazione. In altri termini ha pensato alla propria emancipazione dentro la forma-capitale. Ma non si può dire che non sia stato a varie riprese al centro della dinamica storica e che gli scontri di classe siano stati pantomime o al massimo duelli rusticani. Ma già ai suoi esordi, nella resistenza degli schiavi, dei miserabili, dei farabutti, degli ex contadini, degli ex artigiani, dei servi della gleba, in sintesi il proto-proletariato ha dimostrato una certa vitalità rivoluzionaria. Nell’America tanto vituperata da Preve dal XVI al XVII secolo ci furono gigantesche rivolte contro il nascente dominio capitalistico non solo degli schiavi ma anche degli stessi emigrati, per non parlare dell’accanita resistenza dei nativi. Se il processo storico non è qualcosa di necessitato e sfugge a ogni teleologia progressista, se non è mai esistita alcuna parabola storica che dal comunismo primitivo conduce al comunismo “non più rozzo”, passando per i famosi modi di produzione schiavistico-feudale-capitalistico, così come sintetizzato da Engels nelle celebri pagine dell’”Antiduhring”, non c’è allo stesso modo nessuna prova che il capitale dovesse INEVITABILMENTE imporsi su tali rivolte e anche sull’assalto al cielo del 1917-1921.

Tutto ciò non vale solo per il passato. Preve, come vediamo, concentrato su quanto passa il convento ideologico-massmediatico spettacolare occidentale, resta silente sulle LOTTE DI CLASSI  che scuotono oggi la Cina praticamente quotidianamente. Ma tant’è che né l’accumulazione primitiva classica in Inghilterra, né quella atipica russa si  realizzarono senza potenti rivolte – a volte palesi a volte sotterranee – contro l’ascendente dominio del capitale Tanto è vero che Preve dimostra scarso interesse verso le rivolte delle banlieau o alle lotte contro la precarizzazione in Francia. Il motivo è da far risalire al punto 5 sopracitato.  

2)      Il movimento operaio si è eclissato. Qui potremmo essere ancora più radicali del Prof. Preve e affermare che il movimento operaio – per come l’abbiamo conosciuto – è morto e sepolto e in quanto tale auspichiamo che non riappaia più. Quell’identità, quelle sub-culture, quelle tradizioni, quelle strutture organizzative appartengono tutte intere all’epoca del dominio formale del capitale. La mercificazione di ogni aspetto dell’esistenza, la messa a valore di ogni attimo di nuda vita (nell’utile distinzione di Agamben tra zoé e bios) l’estraneità e il rigetto dell’ IDEOLOGIA DEL LAVORO che invece informava la tradizione del movimento operaio, possono invece aprire la strada a una autonegazione del proletariato, alla emancipazione umana complessiva, alla comunità umana. L’avvenimento simbolo della chiusura del ciclo lungo del movimento operaio in Italia è condensato nella indimenticabile e precipitosa fuga di Lama e del mitico servizio d’ordine del sindacato all’Università di Roma il 17 febbraio 1977, inseguiti da festosi indiani metropolitani che li dileggiavano gridando “sacrifici! sacrifici!”.

L’eclissi del movimento operaio coincide con l’eclissi della politica (che alla faccia  di quanto dicono ex fascisti ed ex pciisti non ebbe MAI il primato sull’economia e più in generale sulla vita materiale) sia in campo borghese con lo svuotamento della rappresentanza e la riduzione a funzioni tecnico-amministrative di supervisione di scelte compiute altrove  a livello di Stato-nazione come a livello sovranazionale, sia nel campo degli oppressi, che hanno colto da tempo l’inutilità di ogni partecipazione alla vita politica complessivamente intesa (altro che crisi della militanza!) visto che la loro emancipazione dentro la forma capitale è stata più o meno raggiunta.

3)       Per tutto quanto detto anche il marxismo in quanto ideologia è morto. Noi e il Prof. Preve lo abbiamo scoperto tardi ma Korsch nell’immediato secondo dopoguerra aveva con le sue 10 tesi sul marxismo oggi, chiarito i termini della questione. Per giungere a quell’appunto però Korsch era dovuto passare attraverso tutte le peregrinazioni dei movimenti rivoluzionari della prima metà del secolo e la sua eresia era stata certificata non dai CARC (e chi se ne frega) e neppure da qualche intellettuale organico di un partito comunista del secondo dopoguerra (e chi se ne frega) ma dalla Presidenza del Comintern NON ANCORA STALINIZZATO nella persona del suo Presidente Zinov’ev. Korsch giunge quindi alla conclusione dell’abbandono (non superamento!) del marxismo non attraverso una riflessione astratta fatta su qualche tavolino o in qualche aula universitaria ma dopo decenni di fuoco della storia mondiale in cui spesso è coinvolto in prima persona. Naturalmente, come ricorda Petrosillo, a noi resta Marx. Sarebbe meglio dire al mondo resta Marx. Tuttavia Marx è imprescindibile ma non autosufficiente,né tanto meno esente da errori, limiti, aporie, contraddizioni. Tuttavia Preve mette tutto il marxismo nello stesso sacco mischiando come fa un abile croupier con le carte, Lenin con Pol Pot, Trotsky con Breznev, Togliatti con Bordiga. Resta il fatto che in un passaggio di uno dei suoi recenti scritti (“Ribelli al futuro”) Preve, in un dialogato con de Benoist, una distinzione la fa. Dice, tra tutti i marxismi, di preferire il maoismo, per il suo tratto di “praticità”. I motivi di questa “preferenza” vanno demandati anche qui al punto 5. Per gli stessi motivi anche noi stessi dobbiamo riconoscere che i personaggi sopraccitati a casaccio fanno PER CERTI VERSI parte dello stesso album di famiglia: malgrado ciò, preferiamo, nel gioco della torre, salvare Trotsky, Lenin e Bordiga dalle cui ceneri abbiamo avuto almeno Debord, James e Camatte.

4)      La geopolitica è tornata di gran moda dopo la caduta del Muro di Berlino che per lungo tempo era rimasta nell’oblio perché considerata una “scienza” prossima al nazismo. Seppur consideriamo le analisi geopolitiche di un certo interesse (e dobbiamo riconoscere come abbiamo fatto nella nostra monografia su Cervetto che egli fu forse il solo a cercare di integrare il marxismo alla geopolitica in tempi non sospetti). Marx ed Engels stessi furono dei “geopolitici” ante-litteram.

Lo sviluppo e il grado di raffinatezza dell’analisi geopolitica raggiunta oggi non ci lascia indifferenti ma vorremmo segnalare come essa si muova su assi MONISTICI e/o per altri versi DETERMINISTICI rischiando di farci passare direttamente dal determinismo economicista a quello geografico. Oggi la geopolitica anticapitalista ha preso la via dell’antiamericanismo e quindi dobbiamo farci i conti. Da una parte,  la scuola “imperiale” di Negri malgrado ripudi ufficialmente (a ragione) l’antiamericanismo (e dopo Katrina e dopo il 1 maggio 2006 come potete continuare a dichiararvi antiamericanisti? Lo chiediamo a compagni di buon senso come Moreno) essa ha fatto tuttavia del contrappeso europeo al dominio americano il suo cavallo di battaglia fino al punto disastroso di sostenere il referendum sulla Costituzione Europea e dall’altra si muove una vasta galassia euroasiatista che come giustamente segnala Preve parte da lui medesimo, trova sostenitori nel PRC versione Ernesto, e giunge fino alla destra estrema. Ci sentiamo di essere radicalmente contrari a questa ipotesi proprio per i motivi per cui Preve “salva” Mao e noi “salviamo “Trotsky e Lenin. (In un altro suo intervento egli ha “salvato” anche De Gaulle e questa proprio non gliela perdoniamo, né la dimenticheremo!)  Da questo punto di vista non ci imbarazza per nulla in uno scontro militare aperto in cui sia coinvolta una potenza imperialista (o nel caso di aggressione direbbe il mio amico Serino) sostenere militarmente anche il regime più reazionario e più “arretrato”. Lo fece Lenin con la Turchia e lo fece Trotsky con l’Abissinia. Lo facciamo ora con l’Iraq e non vediamo perché non dovremmo farlo con Cuba o con il Venezuela. Tuttavia al contrario di Preve non vogliamo pagare il pegno di ciò chiudendo gli occhi quando Castro getta in galera un dissidente o un sindacalista. E non li abbiamo chiusi quando Saddam massacrava i rivoluzionari e i curdi. Del resto da tempo pensiamo che Kronstadt 1921 fu un’infamia e che nessuna EMERGENZA poteva giustificare. Che Preve ci getti pure nel campo dei liberali e degli odiati bertinottiani! Che Preve ci consideri pure degli anarchici di ultima generazione! Tuttavia Castro è così realista che certamente darà sempre più retta all’ex subcomandante Fausto che al filosofo torinese. Per noi ogni passaggio “tattico” è SUBORDINATO alla lotta di emancipazione degli oppressi (in primo luogo di casa nostra) e non può essere piegato a nessuna tattica mondiale geopolitica che del resto esigerebbe vere baionette da schierare.                 

5)      Questo ci porta a dire che il tatticismo maoista di Preve dell’alleanza eurasiatica ci è del tutto estraneo. Per le stesse ragioni per cui Preve ammette la dittatura castrista SUGLI oppressi, ammette in nome della lotta “contro il nemico principale” di essere disposto ad accettare non solo la repressione delle popolazioni tibetane ma anche delle rivolte contadine e proletarie in Cina. Il comune apprezzamento per le idee del Beccaria fa sì però che Sorini-Preve assieme all’ “estrema destra” di Orion condannino le esecuzioni negli USA mentre restino silenti di fronte allo stillicidio di pene capitali nell’Impero di Mezzo. Quanto al preteso “antiamericanismo” di Putin esso è tutto da dimostrare: Si tratta in realtà di un mito. Putin non solo è stata una creatura di settori dell’oligarchia moscovita, ma fu il delfino di Eltsin, la cui carriera  iniziò come agente del KGB. Ci si consenta di ricordare che durante il regime Putin non solo la guerra in Cecenia – malgrado lo sterminio sistematico di quella popolazione – non è mai stata vinta, ma la Russia ha perso definitivamente dalla sua sfera di influenza l’Azerbagian, la Georgia, probabilmente il Kazachistan mentre la situazione in Ucraina resta incerta. Tutti questi paesi sono passati sotto l’influenza della NATO e della Casa Bianca durante l’era Putin che inoltre ha permesso – malgrado una modesta opposizione a sua maestà – l’aggressione alla Serbia (paese ortodosso fratello) all’Afghanistan, all’Iraq. Proprio un antiamericanista di ferro questo Putin, anche a volerla vedere dal punto di vista di Preve! In compenso i diritti di manifestazione e di organizzazione sociale e sindacale si sono notevolmente ridotti in Russia tanto è che molte delle piccole manifestazioni antiregime vengono spesse represse in modo sproporzionato e brutale.

Ma tant’è. Preve guarda ai grandi fatti e non si commuoverà né per il contadino cinese appeso per il collo perché rifiutava di trasformarsi in vagabondo o operaio, né per le sane manganellate che l’anarchico russo si prende sulla testa per aver manifestato contro la globalizzazione. Egli deve giocare la partita del risiko euroasiatista-maoista nello studio di casa sua.  Non disturbiamolo.