SULLA “RIVA” DEL CAPITALISMO BUONO di G.P.
Secondo il giornalista dell’espresso Massimo Riva c’è qualcosa che non va nel nostro capitalismo. La colpa sarebbe di alcuni esponenti illustri, tanto politici che dell’alta finanza, i quali si comporterebbero, diciamo così, in maniera poco ortodossa. Naturalmente, il giornalista fa appello alla sana economia di mercato, alla libera mano smithiana che dovrebbe ricondurre ogni cosa al suo “naturale” equilibrio, a quella “panacea” (la solita ideologia “mercatistica” che copre la reale natura del conflitto tra dominanti) che crea i giusti anticorpi contro i giochi sporchi e le collusioni finanziario-politiche che danneggiano il paese. Riva parte dagli scandali più evidenti degli ultimi tempi per la sua invettiva e tira fuori il crack Parmalat nonché, en passant l’affaire Antonveneta-BPI e poi quello Unipol-BNL. Riva si chiede come mai in Italia ci siano tante mele marce e, soprattutto, perchè, nonostante la magistratura rivolga spesso le sue “premure” contro le alte sfere del potere, quando le magagne riguardano i “monarchi” dell’economia o della politica tutto finisce sotto la sabbia. E già, vallo a chiedere a Prodi o a D’Alema o a Fassino. Come mai…
Ma con chi ce l’ha davvero Riva? A cosa è dovuta questa requisitoria contro una parte del capitalismo italiano, quello più truffaldino che non rispetterebbe le regole del gioco? Il giornalista la prende alla lontana, ma l’oggetto della sua indignazione non è puramente sistemico quanto piuttosto riconducibile a certi uomini in carne ed ossa, a quelle personificazioni incastonate nei ruoli e nelle funzioni che il sistema costantemente riproduce. Forse Fazio? Il giornalista lo chiama in causa perché era il deus ex machina delle scalate ordite dai furbetti del quartierino, ma in qualche modo costui ha già pagato le sue nefandezze con la discesa dalle scale di Palazzo Koch. Ovvio che il problema non è affatto l’ex governatore di Bankitalia, né i vari Fiorani, Consorte e compagni di merende vari. Tutti i protagonisti di quella sfortunata stagione ribattezzata dei “furbetti del quartierino” secondo le parole di uno dei suoi protagonisti, hanno più o meno pagato il loro scotto con l’allontanamento dalle cariche prestigiose prima ricoperte (proprio tutti non direi, visto che i politici sfiorati da questi fattacci sono ben saldi al loro posto). Riva tira in ballo tutti questi personaggi solo perché gli serve una pietra di paragone per parlare di un altro pezzo da novanta, quello che al contrario dei Fazio o dei Consorte è ancora in voga. Chi? Geronzi, naturalmente. A Riva pare non andare a genio il fatto che uno degli accusati per il crak Parmalat sia arrivato nel posto più alto di Piazzetta Cuccia. E sì, perché alla testa di Mediobanca è arrivato uno che più che un banchiere bisognerebbe definire un “bancarottiere”. Difatti, oltre a quel prestito da 50 milioni a Callisto Tanzi, in momento in cui l’impresa parmense era ai suoi ultimi rantoli, c’è questo “scaldaletto” della Italcase, per il quale il padrone di Capitalia ha ricevuto due interdizioni temporanee dalle attività da parte della magistratura. Certo Riva ha ragione a scandalizzarsi, ma che ci vuoi fare non tutti sono uguali nelle avversità, ubi major minor cessat, direbbero i latini. Ma le catilinarie proferite da Riva, con tanta fatua apprensione per le sorti del nostro capitalismo, le ho già sentite da qualche altra parte e con le stesse motivazioni. Ciò che più preoccupa il giornalista dell’Espresso è: “che l’uomo seduto al vertice dell’istituto di Piazzetta Cuccia ha ricevuto tanto importante investitura da una compagine di azionisti nella quale figura una parte sostanziosa del gotha finanziario nazionale: gruppi quali Pirelli, Pesenti, Ligresti, Mediolanum oltre che, naturalmente, Unicredit e Capitalia. Né meno rilevante è l’elenco pur sommario delle società partecipate da Mediobanca sulle quali dalla sua poltrona Cesare Geronzi è in grado di esercitare un’ampia gamma di condizionamenti. Innanzi tutto, il gigante assicurativo-bancario delle Generali, ma poi anche l’impresa editrice del ‘Corriere della Sera’ e
Come Riva può ben vedere ha già trovato chi potrà appoggiare la sua battaglia per un capitalismo più sano…