APPELLO PER GAZA (INOLTRE SUL SITO RIPENSAREMARX.IT UN LUNGO ARTICOLO DI G. PACIELLO SULLA QUESTIONE PALESTINESE)

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Firma subito anche tu!


Con la pubblicazione di questo appello prende il via la campagna di solidarietà con il popolo palestinese, per la fine dell’embargo a Gaza.


La mostruosità dell’azione genocida di Israele diventa ogni giorno più evidente: soltanto due giorni fa il governo sionista ha fatto la sua dichiarazione di guerra definendo Gaza come “entità nemica”.

Finora la risposta a questa enormità è stata debole.


Con questo appello ci prefiggiamo di rompere il silenzio, di chiamare le cose con il loro nome, ma soprattutto di creare le condizioni per poter sviluppare una vera azione di solidarietà politica con il popolo palestinese in un frangente così grave.


L’appello vuole dunque essere solo il primo passo di una campagna, che ci auguriamo di riuscire a costruire insieme a tutti i soggetti disponibili.


La raccolta di firme che iniziamo da oggi è dunque estremamente importante: ogni firma non solo avrà un grande significato politico, ma sarà anche una spinta ad andare avanti con l’iniziativa per renderla più ampia ed incisiva.


Ci rivolgiamo quindi non solo a tutti quanti appoggiano la lotta di liberazione del popolo palestinese, ma a chiunque avverta l’insopportabilità dell’ingiustizia perpetrata nei confronti degli abitanti di Gaza.


La prima cosa da fare è sottoscrivere l’appello, la seconda è quella di diffonderlo con tutti i mezzi, la terza è quella di costruire insieme le prossime tappe della mobilitazione.


Tutte le firme devono essere inviate a info@gazavive.com


e verranno pubblicate su www.gazavive.com


Oltre a nome e cognome è importante comunicare la città e la qualifica di ogni firmatario.

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GAZA VIVRA’

Appello per la fine di un embargo genocidi


Nel 1996, votando massicciamente al-Fatah, i palestinesi espressero la speranza di una pace giusta con Israele. Questa speranza venne però uccisa sul nascere dalla sistematica violazione israeliana degli accordi. Essi prevedevano che entro il 1999 Israele avrebbe dovuto ritirare le truppe e smantellare gli insediamenti coloniali dal 90% dei Territori occupati.

 
Giunto al potere dopo la sua provocatoria «passeggiata» nella spianata di Gerusalemme, Sharon congelò il ritiro dell’esercito e accrebbe gli insediamenti coloniali — ovvero città razzialmente segreganti i cui abitanti, armati fino ai denti, agiscono come milizie ausiliarie di Tsahal. Come se non bastasse, violando anche stavolta le risoluzioni O.N.U., diede inizio alla edificazione di un imponente «Muro di sicurezza» la cui costruzione ha implicato l’annessione manu militari di un ulteriore 7% di terra palestinese.


Nel tentativo di schiacciare la seconda Intifada, Israele travolse l’Autorità Nazionale Palestinese e mise a ferro e fuoco i Territori. Migliaia i palestinesi uccisi o feriti dalle incursioni, decine di migliaia quelli rastrellati e arrestati senza alcun processo. Migliaia le case rase al suolo. Decine i dirigenti ammazzati con le cosiddette «operazioni mirate». Lo stesso presidente Arafat, una volta dichiarato «terrorista», venne intrappolato nel palazzo presidenziale della Mukata, poi bombardato e ridotto ad un cumulo di macerie.


Evidenti sono dunque le ragioni per cui Hamas (nel frattempo iscritta da U.S.A. e U.E. nella black list dei movimenti terroristici) ottenne nel gennaio 2006 una straripante vittoria elettorale. Prima ancora che una protesta contro la corruzione endemica tra le file di al-Fatah, i palestinesi gridarono al mondo che non si poteva chiedere loro una «pace» umiliante, imposta col piombo e suggellata col proprio sangue.

Invece di ascoltare questo grido di aiuto del popolo palestinese, le potenze occidentali decisero di castigarlo decretando un embargo totale contro la Cisgiordania e Gaza. Seguendo ancora una volta Israele (che immediatamente dopo la vittoria elettorale di Hamas aveva bloccato unilateralmente i trasferimenti dei proventi di imposte e dazi di cui le Autorità palestinesi erano i legittimi titolari), U.S.A. e U.E. congelarono il flusso di aiuti finanziari causando una vera e propria catastrofe umanitaria, ciò allo scopo di costringere un intero popolo a piegare la schiena e ad abbandonare la resistenza.

Questa politica, proprio come speravano i suoi architetti, ha dato poi il suo frutto più amaro: una fratricida battaglia nel campo palestinese. Coloro che avevano perso le elezioni, con lo sfacciato appoggio di Israele e dei suoi alleati occidentali, hanno rovesciato il governo democraticamente eletto per rimpiazzarlo con un altro abusivo. Hanno poi scatenato, in combutta con le autorità sioniste, la caccia ai loro avversari, annunciando l’illegalizzazione di Hamas col pretesto di una nuova legge per cui solo chi riconosce Israele potrà presentarsi alle elezioni. USA ed UE, una volta giustificato il golpe, sono giunte in soccorso di questo governo illegittimo abolendo le sanzioni verso le zone da esso controllate, e mantenendole invece per Gaza.


Un milione e mezzo di esseri umani restano dunque sotto assedio, accerchiati dal filo spinato, senza possibilità né di uscire né di entrare. Come nei campi di concentramento nazisti essi sopravvivono in condizioni miserabili, senza cibo né acqua, senza elettricità né servizi sanitari essenziali. Come se non bastasse l’esercito israeliano continua a martellare Gaza con bombardamenti e incursioni terrestri pressoché quotidiani in cui periscono quasi sempre cittadini inermi.


Una parola soltanto può descrivere questo macello: genocidio!


Una mobilitazione immediata è necessaria affinché venga posto fine a questa tragedia.


Ci rivolgiamo al governo Prodi affinché:

  1. Rompa l’embargo contro Gaza cessando di appoggiare la politica di due pesi e due misure per cui chi sostiene al-Fatah mangia e chi sta con Hamas crepa;
  2. si faccia carico in tutte le sedi internazionali sia dell’urgenza di aiutare la popolazione assediata sia di quella di porre fine all’assedio militare di Gaza;
  3. annulli la decisione del governo Berlusconi di considerare Hamas un’organizzazione terrorista riconoscendola invece quale parte integrante del popolo palestinese;
  4. cancelli il Trattato di cooperazione con Israele sottoscritto dal precedente governo.