UNA PRIMA MOSSA di G.P.
Infine, a queste ideologie che rappresentano il raddoppiamento “ideale” di un mondo che va scomparendo sotto i colpi della performatività capitalista e che costituiscono la reazione immediata dei vecchi corpi sociali alla “virosi” rappresentata dalla nuova situazione, va ad aggiungersi un vero e proprio “pericolo” teorico, qual è la concezione dello Stato Socialista di Lassalle. Quest’ultimo pensava che lo Stato fosse uno strumento neutrale (la cui conformazione non era dipendente da specifici rapporti di classe) e funzionale all’amministrazione delle varie attività sociali. Cosicché, secondo questa impostazione, che contraddice profondamente quanto sostenuto da Marx sullo Stato, la classe operaia non avrebbe dovuto far altro che appropriarsi dello stesso, nella sua imperitura configurazione, per garantire la prosecuzione di tali attività ma sotto un nuovo potere politico operaio.
Definito questo quadro ideologico di un’epoca ormai trascorsa,
Una di queste variazioni è efficacemente ricondotta da
L’altra faccia di questo anticonsumismo modaiolo è la credenza di poter usare in maniera “alternativa” tali strumenti, perché il Capitale non sarebbe in grado di controllarli interamente tanto che, inserendosi in questo fronte scoperto (una specie di ventre molle del sistema), si faciliterebbe l’azione delle moltitudini desideranti coordinate attraverso la rete telematica.
Esiste un ceto intellettuale (soprattutto di sinistra) che fomenta tali idee balzane, che stordisce i giovani con il suo linguaggio colto per meglio depotenziare un’eventuale massa critica a fronte di un possibile precipitare degli eventi politici, economici ed anche militari, in questa fase non più pienamente monocentrica (tenendo presente il “disallineamento” di potenze emergenti come
Quindi possiamo dire che nell’elaborazione lagrassiana Sismondi, Proudhon e Lassalle costituiscono snodi fondamentali per sottoporre a critica le ideologie odierne, quelle socialdemocratiche (e più filocapitalistiche) e anche quelle sedicenti comuniste (che, attualmente, sono tra le più accese sostenitrice dello statalismo sociale).
Ma è proprio sulla questione dello Stato e sul suo vero ruolo, nell’ambito dell’attuale formazione sociale capitalistica, che occorre fare maggiore chiarezza. Da questo punto di vista il grande capitale non avrebbe modo di affermare il proprio completo predominio se non fosse sostenuto organizzativamente (gli apparati) e militarmente dai “distaccamenti (o corpi) speciali di uomini in armi” che sorvegliano sulla costante riproduzione di detti rapporti di forza. Tale funzione coercitiva, anche quando si mostra con una facciata ideologica funzionalistico-amministrativa o assistenzialistica (la gramsciana “egemonia corazzata di coercizione”), è possibile perché esistono gli eserciti, la polizia, e i corpi armati pronti ad intervenire laddove il conflitto tra le classi dovesse mettere in pericolo l’ordine dominante.
Del resto, anche un’ ipotetica dittatura proletaria (si pensi a ciò che accadde nella prima fase della rivoluzione bolscevica) sarebbe inizialmente costretta a tenere in piedi lo Stato e i suoi apparati coercitivi (posti sotto lo stretto controllo del partito rivoluzionario e comunque, preventivamente depurati dagli elementi “borghesi”) ma solo per schiacciare, con i distaccamenti militari, la reazione delle classi dominanti appena sconfitte.
Questo significa che, una volta sbaragliata la reazione di queste classi, lo Stato deve dissolversi perché non può avere più alcuna utilità in una società costruita su basi di eguaglianza e di libertà.
Pertanto, i falsi comunisti di oggi, straparlanti di interesse generale da sostenere attraverso quello che, più precisamente, è un mero strumento di potere delle classi dominanti (la fantomatica “socialità” dello Stato) sono dei servi ingenui, se non dei veri e propri guardiani dell’ideologia capitalistica.
Ancora una volta ci tornano utili le parole di Marx tratte dall’Ideologia tedesca: “le idee dominanti [nelle diverse varianti sia di destra che di sinistra, nota mia] non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti ideali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio. Gli individui che compongono la classe dominante posseggono fra l’altro anche la conoscenza, e quindi pensano(…)dominano come pensanti, come produttori di idee che regolano la produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo; è dunque evidente che le loro idee sono le idee dominanti dell’epoca.
Contro queste idee costituite va lo scritto di Gianfranco