PILUCCANDO QUA E LA’ di G. La Grassa
Il “ma-anchismo” – il “sistema di valori” (detto per ridere) che, secondo il comico Crozza, informa la politica veltroniana – fa ormai scuola e ha conquistato Prodi, anzi è la sua sola ancora di salvezza. In vista della finanziaria lavora al recupero di Dini & C., da una parte, e almeno Ferdinando Rossi, dall’altra; e pure degli “opposti” (finti?) Mastella e Di Pietro, senza dimenticare Bordon e Manzione. In qualche modo, li accontenterà tutti; nel senso che ognuno di loro potrà presentare ai suoi elettori una “grande conquista” (a spese del paese nel suo complesso, del suo continuo marcire per i prossimi anni, con sostanziale danno anche per queste frange di elettori, che però se ne accorgeranno troppo tardi). Non capisco perché Berlusconi continui a predire la caduta del Governo a breve. Non lo ritengo un’aquila, ma nemmeno così stupido da non capire che “tutti questi qui” fanno manfrina per ottenere qualcosina dal “ma-anchismo” dilagante a “sinistra”, ma poi resteranno inchiodati alle sedie perché sanno bene che, se cadono adesso, il 90% di loro esce dalla scena politica per sempre, e questo è duro per chi non sa fare un qualsiasi lavoro utile; è duro perfino per coloro che hanno ormai tanti soldi da parte da non temere più nulla (anche perché non hanno certo vent’anni), e tuttavia non vogliono entrare nel “cono d’ombra” (ahi che malinconia non apparire più nei media!).
Del resto se, per un incidente poco probabile ma non impossibile, il Governo cadesse, è già tutto pronto per un “esecutivo di salvezza nazionale”; è solo incerto chi lo guiderà, perché le ambizioni, e gli interessi, sono molti. Del resto, anche Geronimo – di cui G.P. ha riportato, nel pezzo precedente a questo, un passo assai illuminante – ne ha scritto un altro poche righe più sopra: “E intanto, all’orizzonte, si staglia l’ipotesi di un ‘governo dei migliori’ guidato da Mario Draghi che, se mai nascesse, sarebbe bollato a sangue perché figlio dei peggiori poteri”. L’autore dell’articolo, come al suo solito, dice le cose a metà. Tuttavia, ricordando da dove proviene Draghi (Goldman Sachs), capiamo bene che “i peggiori poteri” sono quelli americani, la cui finanza (almeno certi gruppi) ha sconfitto quella vaticana (Fazio a chi era in fondo assai vicino?) in una oscura lotta di cui non sappiamo un bel nulla (salvo intuire che la “cattolica” Intesa, che più d’uno sostiene essere “amica” di Prodi, stava con gli americani e non con il Vaticano). Ricordo ancora che circa uno o due mesi fa, parlando dell’operazione “mani pulite” degli anni ’90, Geronimo accennò ad “una manina d’oltreoceano” quale regista della manovra giudiziaria; regista occulto ma più potente e decisivo della nostra Confindustria e finanza che tenne bordone, e i cui giornali scatenarono l’offensiva contro DC-PSI e, in seguito, contro Berlusconi che si mise in mezzo rovinando i piani di un nuovo regime.
In ogni caso, non è per nulla improbabile che, prima del 2009 (“se tutto va bene”), gli elettori non saranno chiamati a “disturbare i manovratori”. E si cercherà di lavorare alacremente onde mettere in cantiere la riforma, molto “democratica”, secondo la quale il partito di maggioranza relativa, avesse anche solo, ad es, un 20% dei voti, si “cuccherebbe” il 55% dei seggi parlamentari (forse, al massimo ma non certamente, si ridurrà il loro numero). Questa è la concezione che della democrazia hanno coloro che la nominano continuamente; non si tratta nemmeno di quell’involucro formale che, secondo Lenin, era il migliore per assicurare la dittatura reale della “borghesia” (cioè, oggi, dei meschini agenti capitalistici che hanno sostituito quella classe, “cattiva” ma con un sua indubbia grandezza). A questo punto, è quasi migliore una Repubblica presidenziale; per quanto cretini e bamboccioni possano essere i Presidenti, i loro staff debbono avere qualche valore, altrimenti il consenso si volatilizza presto. Se si governa a maggioranza assoluta, persino soltanto con un 20% di maggioranza relativa, basta corrompere una frangia di elettorato con assistenzialismo, posti e prebende assicurate, e si continua a governare indefinitamente mediante i peggiori elementi della società. Siccome poi i politicanti italiani giocano “agli americani a Roma” e si sono innamorati dello spoil-system, figurati quale massa di imbecilli e incapaci saremmo costretti a mantenere negli apparati “pubblici” (piegati ad interessi squisitamente privati). Ma i politologi, che scrivono a suon di migliaia di euro i loro editoriali sui giornali della GFeID, ci parlano del grande bene che è la governabilità. A patto però che si elimini finalmente l’anomalia berlusconiana e si faccia del “Pede” il primo partito (anche per una manciata di voti); poi …..evviva la pacchia per i Montezemolo, Bazoli, Profumo & C.
Tanto per finire, cito ancora Geronimo, quando parla appunto del “figlio più bello” (“Monty” non a caso) di “quell’intreccio finanziario-informazione che da quindici anni crea mostri, per poi distruggerli”, accusando tale intreccio (si tratta in fondo di quello che io denomino “affettuosamente” GFeID con a capo il “Trio infernale”) di aver messo in piedi, da allora, “un sistema politico imperniato su un bipolarismo straccione che fa vincere e difficilmente governare”. Tuttavia, ci si trova quasi a benedire questa incapacità di governare, causata dall’anomalia berlusconiana che ha mandato all’aria i progetti di regime permanente di questo parassitario e mefitico intreccio finanziario (e mettiamoci pure l’industria decotta tipo Fiat); tale regime ci avrebbe già depredati tutti, salvo quella quota di popolazione che vive di politica, di sindacalismo corrotto, di assistenza, di finanziamento pubblico, di posti presi con concorsi manipolati, ecc. Una massa di magnoni e di “fancazzisti”, che sono il nocciolo duro dei votanti “a sinistra” (sicuramente basterebbero per quel 20% necessario a creare una vera dittatura mascherata però da parlamentarismo, questa immane fucina di chiacchiere e di soldi dati a fannulloni con tutti i loro tirapiedi; forse, molto forse, verrebbe diminuito il numero dei seggi in Parlamento ma sicuramente aumentati i palesi o nascosti posticini per “consulenti-amici”, parenti, affini, tutti comunque complici).
Fini si è adontato delle critiche bipartisan di Montezemolo alla politica, e gli ha ricordato che il Governo di centrodestra è stato “quasi” decisivo nell’aiutare l’azienda a salvarsi dalla bancarotta; ha poi aggiunto di essere contento di tale salvataggio perché la Fiat “è capitale nazionale” (ma va là, deve aver visto un libro dei soci del tutto particolare; altrimenti è meglio fargli la prova dell’alcolometro). E’ “meravigliosa” la capacità dell’essere umano di concentrare tante scemenze in poche parole. Innanzitutto, sarà allora bene rendere ben noti i dati dei finanziamenti pubblici forniti alla Fiat poiché, ad occhio e croce, si può ritenere che i due governi siano più o meno “benemeriti” allo stesso livello. Anche Prodi – con la mobilità lunga, con la rottamazione (anche se non ne beneficia solo la Fiat), con i finanziamenti offerti per Termini Imerese e altre varie “offe” che adesso non ricordo (ma nemmeno forse le conosciamo tutte) – ha molto aiutato la grande impresa “nazionale”. Certo, il “gruppo Fiat” non è ancora soddisfatto e ha chiesto, solo per lo stabilimento in Sicilia, almeno cinque-sei volte di più di quanto offerto dal Governo (e dalla Regione). Comunque, mentre tutti sono invitati a stringere la cinghia, per l’azienda “vanto della Patria”, che ha lanciato il principale prodotto innovativo del XXI secolo (la Nuova 500), i cordoni della borsa si slacciano sempre (“E io pago, io pago”, come diceva Totò).
Soprattutto, però, la Fiat non è capitale nazionale; è impresa che ha sempre influito sulla politica nazionale, che, dopo un tentativo di fronda (è possibile definirlo giolittian-turatiano?), si è messa con il fascismo fino a quando non è stato sconfitto, facendo poi il salto della quaglia. Nel dopoguerra, è stata laica e democristiana (che fosse già in anticipo rispetto al “ma-anche”, oggi ripreso alla grande da Veltroni?) e ha “incementato” tutta l’Italia con (auto)strade atte a favorire la vendita delle sue auto, de suoi autocarri, ecc.; ha inoltre ottenuto materia prima sottocosto dall’industria pubblica (ad es. le Acciaierie di Cornigliano ligure); ha avuto finanziamenti e prepensionamenti e quant’altro; permettendosi così di accettare la scala mobile (“fregando” gli altri industriali), passando per alfiere di un capitalismo “buono” e dando vita alla cosiddetta concertazione con quegli effettivi apparati (di Stato) che sono i sindacati (la Triplice), un’azione che ha spesso stretto in una morsa il resto della società italiana (per nulla affatto divisa in due soli grandi schieramenti: capitale e lavoro).
Anche oggi, l’impresa in questione si serve degli aiuti statali (tipo quelli già considerati) per sfoggiare risanamenti, capitalisti “buoni” (Marchionne ad es.) e per dare, in questi giorni, l’elemosina di 30 euro (lordi) ai suoi dipendenti, anticipando le trattative per il contratto (che tarda ad aprirsi) e cercando di “fottere” così sul tempo gli altri industriali; stavolta, però, mi sembra che il carattere di “mancia da miserabili” dei 30 euro sia balzato agli occhi di tutti; forse non dei sinistri veltroniani, ma certamente a quelli dei diretti interessati, i lavoratori Fiat, e di tutte le persone ancora dotate di cervello e dignità.
Comunque, l’impresa Fiat è dei suoi “proprietari”, che non sono solo quelli che ne hanno i pacchetti azionari di controllo e che godono dei profitti nella forma dei dividendi, fin troppo spesso reali rendite finanziarie (che non sono quelle che vergognosamente la sinistra, in specie la “estrema”, ritiene tali pretendendo di tassarle). Capitalisti sono anche certi manager, perfino senza nemmeno una azione, che controllano l’amministrazione, il marketing, il settore produttivo, ecc. di una grande impresa e che sono remunerati nella forma del salario (non certo “equivalente” al valore lavoro della loro merce forza lavoro!). Marchionne e Montezemolo sono due “proprietari” della Fiat. Il primo è forse più transitorio, e può persino essere “licenziato”, ma per andare a controllare qualche altra parte del capitale “nazionale” (o di altri paesi). Il secondo è proprietario formale, ufficialmente deve sottostare al “terribile” rischio di perdita dei capitali investiti (però non si è mai visto nessun capitalista fallito andare ad elemosinare, diciamo ad esempio, 30 euro). Del resto, egli si è già di fatto “parato il culo”, mettendo in piedi – assieme ai suoi sodali: Merloni, Della Valle, Unicredit, Monte Paschi (se ho sbagliato o dimenticato qualche socio, non ha grande importanza; la sostanza del problema non sta nei loro nomi) – il fondo Charme, con sede in Lussemburgo (quante imposte paga allo Stato italiano? Si sa qualcosa di questo capitale?). Il fondo in oggetto, già da un paio d’anni se non erro, ha costituito una società che poi ha formato una joint venture con un’impresa cinese che produce cachemire (in Cina, a costi “cinesi”), con lo scopo di commerciare il prodotto nei “paesi dell’area mediterranea”. E tale fondo, con tutto il resto che ne è seguito, non sarà certo la sola iniziativa messa in piedi dai sunnominati capitalisti “nazionali”. Così, mentre i vari governi italiani aiutano la Fiat perché è di interesse nazionale (e ovviamente per l’occupazione; il “primo pensiero” dei governanti è “sicuramente” per gli operai e impiegati dell’azienda, non può “assolutamente” essere quello, servile, di favorire i “padroni” effettivi della stessa), questi ultimi si preparano ad ogni possibile evenienza.
Fini non conosce queste cose? Se è proprio così, allora siamo ben messi veramente quanto a ceto politico; saranno senz’altro nazionali, ma non fanno certo gli interessi della nazione.
Ferrara, un tempo entusiasta fan di Berlusca, oggi lo è anche di Veltroni. Non si tratta delle persone, né dello schierarsi a destra o a sinistra. Penso che Ferrara possieda sufficiente intelligenza per non confondersi con le etichette varie. Lui è “amerikano”. Come Berlusconi, a suo avviso, ha messo in piedi un partito all’americana del tipo “repubblicano”, così adesso Veltroni tura il buco dall’altra parte, creando il partito sempre all’americana, ma del tipo “democratico”. Non dubito dell’intelligenza di Ferrara, ma penso che lui sopravvaluti i fondatori di simili partiti, e forse già sogna troppo grandi destini per questi ultimi (il primo, a dir la verità, Berlusca non riesce nemmeno a veramente fondarlo, tanto è vero che è tentato da qualcosa di più “alla buona”, “all’italiana”, come i circoli brambilleschi).
Siamo sicuri di non essere sempre nell’atmosfera ridicola dell’“americano a Roma”? Già si vede come viene applicato da noi lo spoil system. Adesso ci manca pure il partito repubblicano “ai fegatini” e quello democratico “all’amatriciana”. Ma veramente si pensa che l’Italia diventerà una piccola “Merica”? Ferrara mi sembra troppo intelligente per crederlo. Ha più semplicemente capito che, quando si vogliono imitare i più potenti, ci si prosterna davanti a loro nel servilismo più sciatto e meschino. Ferrara questo vuole: un’Italia socialmente devastata come l’Irak, con un Governo Quisling come tale paese (o l’Afghanistan), ma non distrutta dalle bombe. Così da essere serva, di per sé, e anche una buona base per mantenere la UE in condizioni di dipendenza dagli USA, nel mentre avanzano le potenze ad est e si preannuncia il policentrismo.
Tutti i lettori dovrebbero sapere cosa penso dei “giudici”, che non sono poi veramente tali, poiché giudice è solo “il terzo nel processo”, quello che appunto giudica e spartisce torti e ragioni. In Italia, questo non si dà dall’epoca di “mani pulite”, operazione quant’altre mai politica e di schieramento a favore di una parte. Tuttavia, nella contingenza attuale, sono per difendere i vari De Magistris, Forleo, ecc. dagli attacchi della politica. Non sono contro i politici perché li credo ladri o manigoldi o altro; molti saranno anche questo (come molti lo erano quindici anni fa). Il problema più grave, però, è che oggi la politica è assolutamente incapace di qualsiasi progetto, è solo (non anche come un tempo) squallido servilismo nei confronti dei nostri meschini potentati, a loro volta piegati (dietro compenso) agli interessi USA, che ritengo i più esiziali fra quelli oggi in campo. Per questo, pur non sapendo con precisione che cosa muove i suddetti magistrati, sono favorevole a che vadano avanti e “scoprano gli altarini” (perché ce ne sono, e tanti!).
Tuttavia, se non vogliono indebolire la loro azione, e perdere magari il consenso di cui godono in buona misura, essi debbono parlare chiaro, non a mezze frasi. Hanno subito pressioni e minacce? E’ indispensabile fare nomi, citare circostanze, luoghi, persone e/o “corpi speciali” implicati. Non è lecito accennare a simili gravi questioni a metà; altrimenti nascono sospetti di una serie di pressioni e ricatti incrociati, non a senso unico come questi magistrati stanno sostenendo. Quindi, per favore, coraggio: parlate chiaro, fuori i nomi e tutto il resto!