PIENAMENTE D’ACCORDO MA…..di G. La Grassa

 

Una volta tanto sono pienamente d’accordo con il senatore Silvestri (verde) che ha dichiarato a Palazzo Madama la sua solidarietà con i disertori, quelli che non obbediscono ad ordini ingiusti. E ha toccato in particolare le mie corde più profonde, citando la bellissima poesia di Brecht in cui si dice (lui lo dice mille volte meglio, ma me lo si lasci tradurre “in prosa”) che, quando marci contro il nemico, troppo spesso non ti rendi conto che esso marcia in testa a te, cioè è proprio lui a comandarti e dirigerti.

Un bravo di cuore a questo senatore. Siccome sono pignolo, non posso però – ma solo per mettere le mani avanti – non sollevare un piccolo ma. Quando Brecht scriveva quella poesia, non invitava a nessun pacifismo senza ma e senza se; affermava esplicitamente che il nazionalismo conduceva i popoli sotto la direzione (il dominio) di coloro che lo sfruttavano; il poeta voleva quindi sottintendere che, chiunque avesse capito (da comunista) tale realtà, doveva rivolgere le armi contro quelli che erano alla sua testa nella marcia contro il presunto “nemico” (di altra nazionalità), il quale, a sua volta, era composto di poveracci (in realtà suoi fratelli di disgrazia) che marciavano, con alla testa i loro nemici, contro di lui (a sua volta, da questi ultimi indicato come “il nemico”). In poche parole, Brecht voleva affermare il principio, purtroppo non sempre capito dai popoli (al massimo compreso dopo infiniti lutti e tragedie), secondo cui la vera scelta non è disertare, ma passare dalla guerra tra nazioni (tra gruppi capitalistici dominanti per la supremazia) alla “guerra di classe”. Ovviamente parlava da comunista di quei tempi, in base alla speranza che fosse all’ordine del giorno l’internazionalismo proletario, ecc. Oggi è difficile non capire che vanno apportate modificazioni profonde a quella prospettiva, su cui si deve parlare a lungo in altra sede (e francamente, credo di averne già parlato a lungo in questi ultimi anni). Tuttavia il principio, in generale, resta: il nemico è quello che ti dirige, e dalla lotta acerrima contro questi non devi disertare. Più semplicemente devi rivolgere contro di lui le armi (“quelle della critica” in date congiunture, come l’attuale in Italia, in cui i rapporti di forza non consentono altro; mentre in altre occasioni, purtroppo drammatiche e sanguinose, dovrai usare la “critica delle armi”).

Se si è capito almeno questo, e se per il momento si è ancora tentennanti perfino sulla necessità  (a mio avviso invece urgente) di rivolgere le semplici “armi della critica” contro il nemico che marcia alla testa dei dominati, si deve intanto disertare da questo Governo, disertare da Prodi, D’Alema, Rutelli, Fassino & C. che – come ho mostrato con definitiva chiarezza in questo blog (e altrove) – hanno dietro di sé l’appoggio (e i giochetti miserabili) di Bazoli, Montezemolo & C. (l’intera GFeID come la chiamo), che è l’indubitabile nemico che marcia alla testa del “popolo di sinistra”. Se non si compie questa diserzione allora poche balle, perché i giochi di parole e di facili emozioni hanno ormai rotto i coglioni: è evidente che certuni sono – sia chiaro, ad un grado infinito di meschinità (sempre la stessa solfa: la storia si volta in dramma la prima volta, in farsa o peggio successivamente) – come le socialdemocrazie nel 1914: riunite in Congresso a Zimmerwald prendono solenni impegni per lottare contro la guerra (delle loro rispettive borghesie dominanti ormai in procinto di azzannarsi) e, dopo qualche mese, votano nei vari Parlamenti i crediti di guerra (con qualche astensione e distinguo anche allora, perché c’è sempre qualcuno che tenta di salvarsi l’anima a poco prezzo) con la scusa che ormai bisogna difendere il proprio paese dall’aggressione del “nemico”. Dopo tre anni di bagno di sangue (dei popoli, non del nemico che marcia alla loro testa!), Lenin e i bolscevichi rompono con la Duma borghese (e i menscevichi e gran parte dei socialisti rivoluzionari che le tengono bordone) e li spazzano via tutti in blocco, poiché questi farabutti cercavano di convincere il popolo (nel frattempo massacrato) che bastava aver abbattuto lo zarismo, ma “adesso” bisognava proseguire la guerra per difendere la propria “patria” (la nuova borghesia russa, con i suoi enormi “profitti di guerra”, mentre gli altri soffrivano e/o morivano).

Basta con queste puttanate. Il senatore Silvestri crede in quel che ha detto? Benissimo: lo approviamo e gli tributiamo un bel plauso; ma non prima che sia uscito dallo schieramento governativo e voti contro il Governo della GFeID (grande finanza e industria decotta). Lo aspettiamo al varco qui, per vedere se è sincero o fa sfoggio di retorica di bassa lega. Se alla fine salta fuori che “non si possono far tornare le destre e Berlusconi” – che è inviso a Bazoli, a Montezemolo, all’intero patto di sindacato della RCS; e non trova nemmeno l’appoggio di Benetton, Tronchetti, Geronzi, quelli al momento in ribasso, ma che cercano di risalire la china affannandosi chi con i Ds, chi con la Margherita, ecc. – allora abbiamo capito di aver a che fare con i soliti corrotti e buffoni del Circo della “sinistra estrema”. Diamo ancora una chance a questo tipo di parlamentari; vediamo di che pasta sono! Poi, se continuano come hanno fatto finora, saranno solo merda; e deficienti e complici tutti quelli che li votano e storcono perfino la bocca di fronte a chi li critica, con la scusa (da “nuovi trinariciuti”, senza offesa per quelli di una volta che, in confronto, erano dei grandi personaggi) che c’è “Berlusca alle porte”. Fate schifo se continuate a devastare il paese dicendo che c’è pericolo di un’altra devastazione. Esattamente come le socialdemocrazie – si parva licet – nel 1914: appoggiamo la nostra borghesia perché ce n’è un’altra che “batte alle porte” della “nostra Patria”; così proclamavano nei Parlamenti di allora, non più luridi e brulicanti di vermi rispetto a quelli di adesso (e al nostro in particolare). Oggi, pensare a Prodi, D’Alema, Fassino, o anche Bertinotti e Diliberto, come ai guardiani di una nuova “Patria”, è disgustoso e ridicolo nel contempo.

 

12 marzo      

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SULLA PROPOSTA DI BADIALE-BONTEMPELLI di F. D’Attanasio

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Premetto che conosco molto poco in merito al pensiero politico dei due autori dell’articolo “PER UN’ALTRA POLITICA”, quindi ciò che sto per dire può risultare inficiato da questa scarsa conoscenza e me ne scuso verso i suddetti. Concordo fondamentalmente con le tesi di La Grassa, in quanto mi sembra che il discorso di Badiale e Bontempelli si regga su presupposti eccessivamente idealisti e non so da quale corrente filosofica sia in qualche modo influenzata. Pensare che si possa lavorare politicamente per conseguire, fra le altre cose, l’obiettivo di avere una magistratura maggiormente indipendente dagli altri poteri dello Stato, anche a me sembra una pura fantasia in quanto essa stessa costituisce un pezzo (nemmeno trascurabile) della complessa architettura del potere. La magistratura, come per esempio ha dimostrato la vicenda italiana di  “mani pulite”, (ma di esempi ne abbiamo a iosa, viviamo tutti i giorni sulla nostra pelle di come i potenti se la “svignino” sempre di fronte alla giustizia che esiste solo per i poveracci) è indissolubilmente integrata nel sistema delle relazioni di potere ed agisce sempre all’interno delle varie dinamiche che si espletano nelle lotte fra le varie fazioni della classe dominante. Il documento mi sembra fondamentalmente un appello agli uomini di buona volontà, mi evoca quasi un senso messianico-religioso, il tutto condito con la certezza del fatto che saremmo sull’orlo di una catastrofe ecologica, ambientale e sociale. Sinceramente penso che oramai la questione dell’inquinamento ambientale per molti stia diventando un business, non sono chiaramente un esperto di tali questioni (ma chi lo è se non la ristretta cerchia degli addetti ai lavori?), ma in base a quel che leggo mi sembra che effettivamente non ci sia nessuna evidenza provata con certezza scientifica che la morte del pianeta sia di qui a venire, molte e diverse sono le opinioni dei vari esperti in merito. Il degrado sociale e culturale è innegabile, ma altresì penso che questa sia solo una fase storica e che altri periodi si sono susseguiti nella storia delle società umane aventi caratteristiche anche peggiori dell’attuale. E poi sinceramente mi sembra alquanto improbabile che si possano coagulare forze sociali e politiche intorno ai principi enunciati dalla costituzione, penso che anche un bambino di cinque anni ormai capisca che costituiscano una vera e propria presa per i fondelli, pura “fumisteria” ideologica tesa ad oscurare la vista su quel che è la caratteristica fondante di questa società vale a dire la competizione e la lotta per il potere. Penso che occorra ben altro affinché le grandi masse si possano mettere in moto in una determinata direzione indicata da una certa progettualità politica, non possiamo dimenticare la lezione fondamentale di Marx secondo cui sarebbero state certe dinamiche oggettive, endogene allo sviluppo capitalistico che lui aveva individuato, a porre l’urgenza e la necessità del superamento e trasformazione in senso socialista dei rapporti sociali di produzione capitalistici. Ora è chiaro che molte delle previsioni in tal senso di Marx non si sono affatto avverate, però son convinto che il tipo di approccio e metodo ben delineato da questi si debba assolutamente mantenere nella ricostruzione di una prospettiva storica. La fine dell’URSS ci ha proiettati in un mondo in forte fibrillazione, il capitalismo si sta espandendo non solo in senso geografico ma anche in profondità, i paesi ed i relativi popoli come anche i mercati e le varie economie si stanno integrando sempre più a ritmi elevatissimi, il sistema sembra più instabile anche e soprattutto a causa del fatto che nuove potenze si stanno affacciando sullo scenario internazionale con il chiaro intento (seppur non ancor del tutto posto in essere) di fronteggiare lo strapotere degli USA. Forse è proprio dalla geopolitica che bisogna ripartire (anche se chiaramente vanno analizzati altri aspetti culturali e sociali), nell’approfondimento delle dinamiche capitalistiche di sviluppo più profonde; il resto sinceramente mi sembra acqua fresca.   

 

Il fatto è che, Gianfranco, a molti risulta veramente difficile accettare la tua posizione sulla “politica di potenza” in quanto, come tu stesso riconosci, c’è una contraddizione, per il momento non superabile, con quella che dovrebbe essere una politica di trasformazione rivoluzionaria del capitalismo. Non tutti sono disposti ad accettare una posizione fondamentalmente leninista, e dato che nel contempo non esiste il soggetto della trasformazione sociale (e Badiale e Bontempelli penso ne siano pienamente coscienti) allora la via d’uscita non può che essere un approccio fondamentalmente di impegno con l’obiettivo di contribuire ad una sempre maggior presa di coscienza degli individui in relazione a quelli che sarebbero i presunti esiti catastrofici verso cui l’umanità si starebbe dirigendo. Purtroppo molti, con l’acqua sporca hanno buttato anche il bambino (ma questo forse non è il caso di Badiale e Bontempelli), c’è stata troppa fretta di liberarsi di certe concezioni e categorie politiche e scientifiche di derivazione marxista e leninista, si sarebbe dovuto riflettere maggiormente poiché non si possono abbandonare in maniera così frettolosa delle teorie che hanno segnato la storia, semplicemente perché si è avvertita la necessità di voltare pagina il più in fretta possibile; così facendo si rischia di fare letteralmente un salto nel buio con risultati per niente lusinghieri.

 

Però Gianfranco, mi sembra eccessivo parlare di queste persone come di possibili individui che potrebbero un giorno porsi alle nostre spalle, al momento attuale non possiamo affatto dirlo, la tua mi sembra una posizione eccessivamente preventiva, forse dovremmo considerare con più attenzione ciò che di positivo è contenuto in questo articolo poiché magari gli autori potrebbero anche condividere un percorso in comune con noi. Di positivo c’è sicuramente il fatto che si avverte la necessità di svincolarsi dalla dipendenza degli USA, e di trovare soluzioni volte all’acquisizione di una maggiore autonomia da parte del nostro paese. Si riconosce come il centro sinistra, senza escludere nemmeno la cosiddetta ala radicale di questo schieramento, sia portatrice di una politica sostanzialmente identica a quella del centro destra. E’ indiscutibile però il fatto che gli autori parlino deliberatamente di liberismo nell’individuare le cause dei mali del nostro tempo, ciò è sicuramente negativo poiché sembra che non si rendano conto che il liberismo è solo l’aspetto politico-ideologico che sta a supporto della fase attuale dello sviluppo capitalistico, chiaramente poi  sembra che i due autori non considerino troppo importante analizzarlo a fondo per cercare di capirne i risvolti più immediati allo scopo di “inserirsi” in essi (nei punti deboli) in chiave di “rivoluzione contro il capitale”.