LA VERITA’ SUL GRUPPO CARLYLE

 

Riportiamo, in forma di epitome e con le nostre riflessioni, alcune interessanti notizie, diffuse dal Laboratoire de Recherche de l’École de Guerre Èconomique, sul Gruppo Carlyle. Per ciò che riguarda la sezione italiana di questo gruppo ne facevano e ne fanno parte, rispettivamente, personaggi politici come Letizia Moratti (attuale sindaco di Milano) o uomini come Chicco Testa (ex presidente Enel) e Rodolfo De Benedetti (figlio del più illustre Carlo).

Il fondo Carlyle è il fondo d’investimento privato più potente al mondo. Ma anche il più discreto. Non è quotato in borsa e non è tenuto a comunicare ad alcuna autorità i nomi dei suoi partners.

Nel suo comitato di direzione siedono ex-ministri, rappresentanti “anziani” delle principali agenzie di regolamentazione americana e due direttori della CIA. Strettamente connesso al settore della difesa è capace di rispondere a qualsiasi richiesta, dall’aeronautica alle telecomunicazioni, dall’elettronica di difesa alla decontaminazione nucleare, batteriologica e chimica, passando per la produzione di serbatoi, di cannoni di missili, ecc. Le partecipazioni Carlyle nelle imprese che lavorano sulle nanotecnologie, le biotecnologie e i semi-conduttori ne fanno uno dei principali centri di ricerca e di sviluppo sulle infrastrutture dell’informazione, il nucleare e i programmi genetici. Il Carlyle controlla inoltre una gran parte della stampa professionale in tali settori.

Il gruppo Carlyle ha 13 mld di dollari d’attivo in gestione, partecipazioni in 164 società che impiegano più di 70.000 mila persone in tutto il mondo, nonché 16 mld di profitti annui: il Gruppo Carlyle grazie a queste cifre risulta essere il primo gruppo privato d’investimento nel mondo. Di fatto, 450 Istituzioni dipendono dal gruppo Carlyle e, non di meno, banche d’affari internazionali, compagnie d’assicurazione, fortune private rinvenienti dai profitti petroliferi degli emiri, fondi pensione pubblici e privati. Ma qual è il segreto della Carlyle? Rilevare imprese in difficoltà economica, acquisirle, riformarle e rivenderle in momenti di congiuntura favorevole. La Carlyle persegue obiettivi di profittabilità a breve periodo e non si maschera affatto. Ma la riuscita dei suoi affari è garantita, soprattutto, da una strategia poco abituale. Inoltre, è sempre presente in tutti quei paesi dove si avviano processi di privatizzazione, in primis nei settori nell’industria della difesa, nell’aerospaziale e nelle tlc. La sua specialità è quella di comprare a prezzi bassi le vecchie imprese nazionali e rimetterle in sesto per poterle così rivendere a cifre astronomiche. Ai tre settori di cui sopra sono state affiancate attività legate alla biotecnologia e all’industria farmaceutica. Ma è solo nelle industrie del settore difesa che la Carlyle accetta le partecipazioni a lungo termine. Il gruppo è l’undicesimo fornitore di armamenti del Pentagono e uno dei primi dettaglianti dell’aeronautica americana grazie alle tre filiali, United Defense, Vought Aircraft e Aerostructures Corporation. Quando la Carlyle ha acquistato Bofors Defense, nel 2000, gli osservatori europei si sono messi subito in allarme per il ruolo che la Carlyle potrebbe avere, d’ora in poi, nella difesa europea stessa. Inoltre, dopo gli allarmi sull’uso dell’antrace per fini terroristici la Carlyle si è “pre-posizionata” per acquistare una parte degli attivi privatizzabili della Defense Evaluation Research Agency.

Questo centro di ricerche e di sviluppo militare, allora filiale al 100% del Ministero della Difesa Britannico, è all’avanguardia nella creazione di apparecchi di detenzione e di sicurezza (bio-capters, scanners, camere infrarosse, ecc.). Inoltre, detiene un contratto con la società americana Bioport, esclusivista del Ministero della difesa Americano per quel che riguarda i vaccini contro l’antrace. Più precisamente: Qunetiq, la filiale privata della Defense Evaluation Research Agency dove Carlyle detiene il 38,8% del capitale, gioca il ruolo di consigliere del governo britannico. E’ residenza di uno dei principali centri di ricerca militari europei oltre che un partner di primo piano dell’aeronautica comunitaria. Dunque, si profila un un forte conflitto d’interessi, soprattutto perché l’impresa potrebbe divenire un elemento chiave dell’industria europea di missili tattici.

Quali sono le diversificazioni del Gruppo Carlyle? I più parlano di semplici esche. In realtà gli investimenti sono concentrati sulle tecnologie militari e civili. La Carlyle è entrata nel mercato delle nanotecnologie, delle biotecnologie  (a cominciare dagli antivirali genetici), inoltre, la capitalizzazione di società come Indigo System o Conexant specializzate nell’orientamento laser e le camere infrarossi, le permette di acquisire le tecniche più avanzate nei sistemi militari di domani. Stessa constatazione per l’informatica, Internet e le tlc, i tre più grandi settori d’investimento del gruppo a partire dalla metà degli anni ’90.

Per quel che riguarda l’Hardware, la Carlyle controlla Matrics Inc. (una società d’identificazione per radio frequenze fondata da ex ingegneri della NSA), la CPU Tech e la ISR Solutions, due ditte specializzate nello sviluppo d’applicazioni elettroniche di sicurezza, entrambe contrattualizzate dal Pentagono. La Carlyle ha anche considerevoli investimenti nelle fibre ottiche, cavi, circuiti radio e Internet via satellite. Essa capitalizza società assai conosciute come Nexetel, Global Crossing o Nortel Networks, possiede partecipazioni in società di sicurezza informatica e s’interessa di “pulci” e semi-conduttori che comporranno le nuove generazioni di computers. Insomma la Carlyle è più “guardona” e più forte di Echelon? Può essere ma il gruppo ricusa ogni illazione.

Anche l’Asia conta per Carlyle. Dopo il 1998, il fondo ha già investito centinaia di milioni di dollari nelle infrastrutture di comunicazione. Dalle fibre ottiche alle telecomunicazioni senza fili, passando per l’ADSL e la telefonia mobile; tali investimenti sono presenti in Cina, Giappone Corea, Hong Kong, Malesia, Indonesia, Filippine, Singapore, Taiwan e Tailandia. Si tratta di zone dove la stabilità e lo sviluppo economico sono essenziali agli obiettivi geopolitici americani.

In Europa la Carlyle sicurizza i suoi investimenti. Nel settore immobiliare, con l’acquisto di edifici commerciali e centri d’affari. Nell’industria, con la concessione di liquidità alle imprese in difficoltà. Ma la Carlyle è anche fortemente interessata alla stampa e alla fonti ideologiche d’informazione, soprattutto a quelle professionali.

Carlyle ha compreso perfettamente l’importanza delle reti d’informazione. Comprese quelle umane: per reperire le tecnologie emergenti o approfittare dei piani di privatizzazione il gruppo recluta ai piani più alti dello Stato. Molti personaggi vicini alla Carlyle sono legati all’establishment Usa: James Baker (vecchio segretario di Stato di G. Bush senior) Robert Grady e Richard Darman (rispettivamente ex direttore del Budget e assistente alla Casa Bianca), Frederic Malek (ex-assistente di Nixon) e Franck Carlucci (ex segretario della difesa di Regan), Brian Bailey (braccio destro di Clinton) Alice Albright (figlia di cotanta madre Madeleine). Questi personaggi aprono le porte dello Stato ma poi il compito spetta ai consiglieri internazionali, ingaggiati per la loro conoscenza dei circuiti ministeriali.

Anche in Europa la Carlyle conta su personaggi politici influenti o su chi può controllare direttamente la politica: da John Major (ex primo ministro britannico) a Michael Rogowsky (figura del padronato tedesco), da Henri Martre (presidente onorario dell’Aerospatiale) a Etienne D’Avignon (ex ministro belga degli affari esteri). Pazienza se poi la Boeing risulta tra gli investitori del fondo Carlyle (con questi po’ po’ di personaggi ci si meraviglia se in Europa continuano a raccontarci storie sulla infallibilità delle leggi di mercato per, magari, mettere i bastoni tra le ruote all’Airbus?).

Ci sono poi gli attori finanziari. Il gruppo russo Menatep, le autorità finanziarie di Abu Dhabi e del Kuwait, i fondi pubblici dell’Ohio, del Texas, della Florida e di New York, tutti grandi investitori nel fondo Carlyle. Ancora, “magnifiche” banche dalle sorti troppo progressive come la Goldman Sachs, Salomon Smith Barney, Citibank, JP Morgan Chase, il Credite Suisse, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland, Abn amro, Credite Agricole, Credite Lyonnais e la finanziaria Edmond de Rothschild. Tutti insieme appassionatamente con l’Europa completamente sotto scacco e sotto stretto controllo della finanza Usa.

Ma sapete chi c’era tra i più grossi investitori del fondo Carlyle? Naturalmente la famiglia Bin Laden che, nel 1994, ha investito due milioni di dollari nel fondo Carlyle Partners II, un fondo controllato dall’entourage di Bush e focalizzato sull’industria della difesa e sull’aerospaziale. Insomma, avrete ben capito che la forza della Carlyle viene da un intreccio intricatissimo di partecipazioni tra soggetti pubblici e privati che riconducono sempre a Washington, alla Casa Bianca, alla famiglia Bush, ai Repubblicani ma anche ai Democratici. Ulteriori informazioni potrete visionarle direttamente dal nostro sito dove pubblichiamo per intero l’articolo a firma di Pascal Dallecoste, ricercatore del LAREGE (Laboratoire de Recherche de l’École de Guerre Economique). Buona lettura.