UNA NUOVA MANOVRA PER IL POTERE di G. La Grassa
E’ ormai siglato il patto di nascita del secondo (per quota di mercato e primo come capitalizzazione) supercolosso finanziario in Italia. Si prevedeva la fusione tra Unicredit (Profumo) e Capitalia (Geronzi), tanto che si parlava di Unitalia; invece si tratterà nella sostanza di una incorporazione della banca romana da parte di quella milanese, e si dice che l’Istituto finanziario continuerà a chiamarsi Unicredit (nuovo). L’ad della Capitalia, Arpe, ha dunque perso la sua battaglia per mantenere indipendente la banca e si dimetterà con, si vocifera, una favolosa buonuscita; con la quale, sempre stando alle voci, si sposterà a Londra lanciando una sua società di “private equity”.
E’ ben noto che Profumo (messosi pubblicamente in mostra mentre andava a votare Prodi nelle “famose” primarie pre-elezioni) ha chiare simpatie per i Ds, nella loro parte più moderata, cioè di fatto per D’Alema (Profumo, da uomo concreto del potere economico, sa bene che quest’ultimo è un moderato, un sostanziale filoamericano, anche se si lancia attualmente in molti minuetti per confondere le idee ai gonzi di sinistra). A questo punto, come ho spesso sostenuto in passato, tutto il gioco interno ai “poteri forti” si svolge avendo come longa manus politica il centrosinistra. L’Intesa-San Paolo (Bazoli con il suo ad Passera) ha come “scherani” di governo i prodiani, il nuovo Unicredit ha i Ds con particolare riferimento a D’Alema (ma credo anche a Fassino, che non ha una sua autentica personalità autonoma). Sembra un po’ preoccupato Veltroni, che in passato aveva molto “flirtato” con Geronzi e che, di fronte al fatto che il quartier generale della nuova banca sarà certamente a Milano, ha manifestato il suo disappunto perché nella Capitale dovrebbe pur esserci “un insediamento bancario importante” (che era appunto, fino ad ieri, quello della Capitalia).
Non vi è dubbio che Intesa-San Paolo e nuovo Unicredit saranno probabilmente competitori, rappresentando l’uno il contrappeso dell’altro (Profumo-diesse, quindi, come contraltare a Bazoli-prodiani). Tuttavia, le due banche sembrano chiaramente orientate, per il momento, al compromesso; un po’ come due pugili di pari forza che, nelle prime riprese, si studiano e non si lanciano in scriteriati attacchi. Sintomo di questa prudenza è proprio il fatto che Geronzi, il meno vicino agli ambienti economico-finanziari che si rappresentano politicamente nel centrosinistra, abbia nominato Costamagna come consulente per le strategie relative a quella che sembrava una fusione e che è una incorporazione (in cui comunque Geronzi si ritaglierà un qualche potere, sembra in attesa di essere nominato, forse, al vertice di Mediobanca).
Per chi non lo ricordasse, Costamagna è un ex uomo di vertice della Goldman Sachs (quella che ha piazzato un altro suo ex al governatorato della Banca d’Italia), molto legato a Bazoli e dunque vicino a Prodi; si è a suo tempo chiacchierato ampiamente sul fatto che Costamagna e Tononi (anche quest’ultimo un recentissimo ex della Goldman e attuale viceministro dell’economia) fossero i reali autori del cosiddetto piano Rovati (in realtà del Governo e del Premier in primo luogo), con cui si era tentato molti mesi fa di mettere le mani sulla Telecom tramite la Cassa Depositi e Prestiti. Se Geronzi – dopo il ben noto aspro scontro con l’“indipendentista” Arpe (che ha evidentemente perso), nomina un simile personaggio, gradito a Bazoli, per i suoi “interessi strategici” – mi sembra ovvio dedurne, tenuto conto che nel nuovo Unicredit l’ex presidente della Capitalia è in posizione secondaria rispetto a Profumo, che la banca appena nata vuole riequilibrare i suoi poteri (in Italia) rispetto alla Intesa-San Paolo, ma senza, almeno per il momento, entrare in frizione troppo diretta con essa.
L’interesse dell’operazione che si profila non finisce qui. Intanto, un altro sintomo indiretto e “strano”. Ennio Doris, al vertice di Mediolanum, istituto finanziario legato al gruppo Fininvest (Berlusconi), si è detto tifoso ed entusiasta della nuova “fusione” (in effetti, incorporazione). Inoltre, i gruppi francesi che fanno capo a Vincent Bolloré (che vanta la sua amicizia con Sarkozy) e a Tarak Ben Ammar (considerato “amico” di Berlusconi) – pur mostrandosi circospetti e facendo intendere chiaramente che la nuova operazione non deve turbare gli attuali equilibri in Mediobanca e Generali (pur se il presidente francese di quest’ultima, Bernheim, è stato da pochi mesi nominato vicepresidente dell’Intesa-San Paolo) – l’hanno di fatto avallata, e sembrano dunque preparati a ricoprire sul suolo italiano un ruolo non secondario nel futuro “risiko” che potrebbe aprirsi fra qualche tempo (molto dipenderà anche da come evolveranno gli equilibri politici italiani).
In definitiva, si profila all’orizzonte un gioco con almeno tre attori di primo piano. Due sono chiaramente proiettati, nella sfera politica, verso i settori moderati del centrosinistra, con attrito tra un Prodi, che sviluppa tutte le sue solite, e “parrocchiali”, trame per restare a galla pur inviso alla stragrande maggioranza degli italiani; e altri “cavalli di razza” (in realtà brocchi) che si accalcano per la successione (D’Alema, Rutelli, Veltroni e chissà quanti sono quelli che scenderanno in pista alla fin fine). Un centro di potere sembra invece collegarsi a settori di destra, in specie alla sua parte ancora predominante, quella berlusconiana. Non è però detto che, in futuro, tale centro farà sempre riferimento allo “sciocchino di Arcore”, anche perché potrebbe entrare nel “ring”, dal “di fuori” dell’Italia, un “pugile” di maggior peso che ha come riferimento politico il nuovo presidente francese; si potrà pensare di Sarkozy quello che si vuole, ma penso mi si concederà facilmente che ha una consistenza politica incomparabilmente superiore a quella di un “Berlusca”.
Si tratta di un gioco tutto da seguire, perché è anche da questo che dipenderanno gli sviluppi politici in Italia; comunque molto di più che non da quei quattro “sciamannati” che recitano sul palcoscenico del teatrino politico, e che tutti i cretini di sinistra stanno a guardare; per fortuna sembra proprio che aumenti la disaffezione per questo quadro politico (complessivo), disaffezione che i mascalzoni, sempre di sinistra, bollano come “qualunquismo”. Speriamo si diffonda e affondi questo porcile specifico di un paese degradato come il nostro. Lo ripeterò continuamente in tutte le salse: degradato soprattutto dalla sinistra (in particolare da quella che si autoproclama radicale) con il suo “politicamente corretto” buonista e permissivista. Quindi, viva il “qualunquismo” (come mera fase transitoria).
21 maggio