SOLIDARIETA’ MA ……..di G. La Grassa

 

Bisogna dare comunque solidarietà a chi è sceso per le strade contro la visita di Bush. Non però alla manifestazione apertamente filogovernativa a Piazza del Popolo, con poche centinaia di persone e la partecipazione di opportunisti e doppiogiochisti del tipo dei dirigenti di Rifondazione e “comunisti italiani”, ecc. Diverso il corteo – sul cui numero non mi sbilancio, perché so che tra i dati forniti dagli organizzatori e quelli “ufficiali”, nemmeno si può scegliere il “giusto mezzo” – che si è snodato per le vie di Roma e cui ha partecipato la cosiddetta sinistra estrema o radicale o alternativa. Tuttavia qualche “ma” è d’obbligo. Intanto temo che, anche tra i partecipanti a tale più nutrita manifestazione, la maggioranza sia stata anti-Bush piuttosto che “antimericana” tout court. In secondo luogo, pure l’antiamericanismo “di principio” è estremamente ambiguo, se non coglie l’articolazione complessiva della struttura geopolitica mondiale basata sull’azione imperialistica (o di egemonia “corazzata” di violenza bellica, repressiva) degli USA: indipendentemente da chi è alla Presidenza e di quale “tattica” politica (il bastone o invece la carota; o meglio una mescolanza delle due con diverse percentuali delle stesse a formare il miscuglio) venga impiegata in ogni specifica contingenza.

L’imperialismo non è una semplice politica, affermava Lenin contro Kautsky (e Hobson). In realtà lo è, ma non quale azione diretta in senso più o meno aggressivo o pacifico a seconda della buona o cattiva volontà di dati governanti o invece di altri ai primi contrapposti. Si tratta di una politica strutturalmente legata all’articolazione del sistema geoeconomico-politico globale in differenti epoche storiche (di mono o policentrismo), a loro volta scandite da fasi congiunturali di più breve durata. Oggi è giusto essere comunque contro gli USA (di Clinton come di Bush, anzi dei Bush), ma non è detto che non si dovrà rivedere la propria attività antimperialistica (antiegemonica): in senso tattico durante la prossima presidenza statunitense o in senso anche strategico ove tramontasse l’attuale epoca ancora fondamentalmente caratterizzata dalla predominanza centrale del paese d’“oltreoceano”.

In questo momento non ha però senso, come vorrebbero alcuni dei partecipanti alla manifestazione romana, mettere sullo stesso piano l’imperialismo americano, quello italiano e tutti gli altri. Un elemento di tale concezione è vero: non c’è paese al mondo (nemmeno l’Iran o l’opposizione afgana o irakena agli USA; e nemmeno Venezuela e Bolivia, ecc.), le cui forze politiche, sia al governo che all’opposizione, siano effettiva espressione degli interessi più autenticamente popolari, stiano cioè operando per un presunto “socialismo” (detto magari del XXI secolo, come quello di Chavez, che esiste soltanto nella testa di chi vuol credere comunque “alle fate”). Il sistema mondiale è ormai, al gran completo, fondamentalmente capitalistico (del resto, il “socialismo reale” è mai stato un sistema opposto, antagonistico in termini di struttura riproduttiva dei rapporti sociali, e non semplicemente in quanto antagonismo “tra potenze”?). Tuttavia, sostenere che tutto è capitalismo – e comunque bisognerà iniziare a distinguere forme diverse di società capitalistica – non significa nulla, poiché l’imperialismo implica una determinata struttura del capitalismo mondiale. Non è certo questa giusta conclusione di Lenin a dover essere contestata; è stata semmai la sua convinzione che si fosse in presenza dell’ultimo (o supremo) stadio a rivelarsi inesatta, dato che si trattava invece di una fase ricorsiva. Guai però a fare del capitalismo mondiale la “notte in cui tutte le vacche sono nere”.

 

Sorge a questo punto anche un’altra maliziosa domanda: come mai, con un governo di sedicente sinistra, la manifestazione è stata largamente pacifica e non violentissima come quella a Genova nel 2001? Sono lieto che non si siano ripetute azioni del tutto “infantili”, di fatto brutali e piuttosto demenziali. Non mi si venga però a raccontare che la differenza sta tutta nel comportamento della polizia. Una risposta del genere è puramente menzognera; e chi si dice “rivoluzionario” non deve mentire così spudoratamente. Il vero fatto è che il “vecchio capo” della GFeID (grande finanza e industria decotta, cioè sempre assistita dallo Stato, a cui essa impartisce “gli ordini”) fu lungimirante quando affermò, nel 1994 o giù di lì, che se voleva vedere ben difesi i suoi interessi doveva affidarsi ad un governo di sinistra – meglio ancora se con piena responsabilizzazione in esso dei post-piciisti – capace di tenere a freno le manifestazioni di piazza e soprattutto le rivendicazioni dei “lavoratori” (leggi: dei vertici dei sindacati che, ricevendo l’appoggio di una loro parte, sono riusciti a far diventare le organizzazioni da essi dirette effettivi apparati di Stato idonei all’ordinata riproduzione capitalistica, previa assicurazione di opportuni regimi distributivi della “torta” prodotta e di congrui emolumenti per i loro servizi “riproduttivi”).

Temo esistano sotterranei, e inconfessabili, legami tra i dirigenti della sinistra oggi al governo e quelli della sinistra detta estrema o alternativa, che capeggiano attualmente moderate agitazioni di piazza, al fine di tener sempre in caldo certi sentimenti, un tempo moneta corrente nell’ambito delle forze anticapitalistiche e antimperialistiche. Agendo così, le frange “estremistiche” funzionano bene ai fini dell’egemonia delle forze “sinistre” moderate, delle forze legate alla GFeID. Quando c’è al governo la sedicente destra, le manifestazioni si fanno violente in modo da far pensare alla popolazione che, tutto sommato, è meglio farsi un po’ “mazziare” in cambio di un minimo d’ordine, che immancabilmente ritorna infatti non appena l’altrettanto sedicente sinistra si installa al governo. Questo giochetto sta riuscendo da quasi quindici anni, ma non credo durerà in eterno. Stiano ben attenti i capetti dei no global, dei disubbidienti, ecc. a come agiscono, perché forse finirà fra non molto il periodo dei loro facili – e facilmente nascosti – flirt con i vari sinistri (di “governo e di lotta”). E’ durato fin troppo.

Dato però che sono in molti ad essere ingannati da simili manovrette, individui sinceramente antimperialisti che si “muovono” in perfetta buona fede, cadendo nel tranello dell’alleanza sotterranea, e sordida, tra i vertici della sinistra “moderata” e quelli della “estrema” (o “alternativa”), si dia comunque piena solidarietà alla manifestazione antimperialistica di sabato scorso. Si stia solo attenti agli ambigui intrallazzatori, che lavorano sott’acqua sfruttando l’onestà di chi manifesta con il “giusto spirito”.

 

10 giugno