Dopo "Tangentopoli", "Bancopoli", "Calciopoli", "Vallettopoli", “Spiopoli”, "Mafiopoli", "Paperopoli" ecc., l’ultimo scandalo nazionale degno di una "Repubblica delle banane" (senza offesa per le scimmie) quale da tempo sembra essere l’Italia, è "Monopoli". Il caso in questione (ri)emerge a riprova che il nostro "Belpaese" è da tempo diventato "un popolo di ladri, furbetti, banchieri e finanzieri rampanti, calciatori, scalatori ed alpinisti, letterine, veline, vallette, vedette e starlette, paparazzi, magnacci e papponi, manager falliti, spie e… giocatori di Monopoli". Invece, la vecchia retorica nazional-popolare esaltava e idealizzava la nostra "amata Patria" come "un popolo di santi, poeti, eroi e navigatori". Oggi, gli unici "navigatori" che l’Italia può vantare sono gli utenti della Rete, i "navigatori solitari" di Internet, alias "World Wide Web", che sta per "ragnatela grande come il mondo". Giammai una definizione fu più appropriata, dato che il Web si configura esattamente come un’enorme "ragnatela" in tutti i sensi, anche nel senso di una "trappola gigantesca", vasta come il mondo, in cui possono cadere ed essere intercettati tutti i "navigatori". Perciò, oggi Internet rischia di diventare (se già non lo è) un ricco terreno di caccia dello spionaggio planetario (mi riferisco, ad esempio, al sistema elettronico denominato "ECHELON"). Non è un caso che Internet, chiamata in origine Arpanet, nacque negli USA alla fine degli anni ’60 come una rete di comunicazione riservata esclusivamente all’establishment militare.
Ma torniamo alle vicende di casa nostra, anzi di "cosa nostra". Francamente, l’aspetto che più sconcertante della faccenda, a parte la tragica conferma di essere tutti, ma proprio tutti (tranne ovviamente gli spioni) controllati, schedati e spiati – ricchi e poveri, Albano e Romina, Qui Quo Qua, Pippo, Pluto e Paperino, personaggi famosi, sull’isola e fuori, sconosciuti, anonimi e omonimi, potenti e impotenti, membri di qualsiasi casta, e via discorrendo -, è il coinvolgimento della Telecom (e del Sismi, il Servizio Segreto Militare Italiano) in una grottesca vicenda che è assorta alla ribalta nazionale come "la grande spiata generale". Sono piuttosto infastidito per la semplice ragione che, se a spiarci fosse stata una normale agenzia privata di spionaggio, oppure un potente servizio segreto internazionale (
L’ultimo scandalo, che pure risale a due anni or sono, sembra essere stato serbato per (ri)utilizzarlo “tempestivamente” nella circostanza più opportuna e propizia, vale a dire nel momento più conveniente. Non a caso, la vicenda vede coinvolti i massimi esponenti della “casta politica”, a cominciare dal Lider Massimo. Il dato in questione va inquadrato e compreso nell’attuale contesto storico-politico, nel quale si inserisce una prepotente campagna mediatica orientata in direzione anti-politica e filo-tecnocratica, ossia in funzione antidemocratica e filo-confindustriale. Infatti, mi sembra poco casuale, ma molto ben calcolata la tempistica con cui lo scandalo è stato rimesso fuori, in un momento di grave imbarazzo e difficoltà per un settore vitale dell’industria e della finanza di casa – o “cosa” – nostra. Si pensi ad esempio all’attuale situazione proprietaria della Telecom, vale a dire Tronchetti Provera & company. In tal senso l’odierna e puntuale campagna di anti-politica è senz’altro servita a distrarre l’opinione pubblica italiana dallo stato di profonda crisi gestionale e finanziaria in cui versa l’azienda succitata, per sferrare un violento attacco contro il ceto politico, ritenuto (non a torto) in gran parte corrotto, intruso, colluso e connivente con il mondo degli affari (ancora più corrotto), indubbiamente super-privilegiato, ecc. ecc. Insomma, nella vicenda mi sembra di ravvisare una sorta di “rivincita” della vera casta dominante capeggiata da Montezemolo & soci contro la “casta” intesa come nomenclatura politica. Entrambe le caste fanno senz’altro parte della stessa classe digerente, ma è evidente che la prima casta, quella confindustriale, non si fida più della seconda, anzi sembra volersene sbarazzare per avere campo libero ed occuparsi dei propri affari senza più fastidi ed ingerenze, e magari per mettere le loro luride mani sul famoso “tesoretto” (e su altri “tesoretti” nazionali) che l’attuale governo sembra voler destinare ad altri usi ed altri scopi, non esattamente coincidenti con quelli confindustriali. Poveri padroncini!...
Pertanto, a chiunque sia interessato a conoscere il seguito e, magari, l’epilogo finale, della nuova “saga televisiva nazionale” intitolata “Montezemolo, Tronchetti Provera & soci contro
Dietro l’ennesimo scandalo nazionale qualcuno trama pericolosamente per invocare e sancire una svolta del sistema politico italiano in senso autoritario ed antidemocratico, ovvero per legittimare una sorta di “golpe” morbido e camuffato. Una chiave esplicativa, utile per provare ad interpretare e comprendere le “nuove rivelazioni”, vale a dire l’uso strumentale ed opportunistico che la lobby (o loggia) tecnocratico-finanziaria sta facendo dell’ennesimo scandalo legato a vecchie spiate telefoniche, potrebbe rivelarsi nella seguente ipotesi. Non è affatto improbabile che la sortita di queste intercettazioni, già datate di ben due anni, nasconda trame oscure tese a favorire e preparare la nascita di un esecutivo di natura tecnica e pseudo-moralizzatrice, molto spinto in senso moderato ed antioperaio, simile se non peggiore di altri governi di stampo tecnocratico come quelli che, nella prima metà degli anni ’90, nel pieno della bufera giudiziaria di Tangentopoli, gestirono il trapasso dalla prima alla seconda Repubblica. Mi riferisco esattamente ai governi guidati da Giuliano Amato nel 1992-1993 (benché questi non fosse un tecnico ma un politico di provata fede craxiana, il suo governo rivestì un carattere ed un ruolo fermamente favorevole alla casta tecnocratica del capitalismo finanziario) e da Carlo Azeglio Ciampi nel 1993-1994 (già governatore della Banca Centrale Italiana). I quali furono artefici e responsabili di accordi (s)concertativi siglati a netto discapito dei lavoratori salariati italiani. Inoltre, penso all’esecutivo presieduto nel 1995 da Lamberto Dini (che era stato uno dei massimi dirigenti del Fondo Monetario Internazionale) il cui governo fu autore della prima “contro-riforma” del sistema nazionale della previdenza pubblica. Cito questi pochi elementi storici concreti per fornire una (seppur vaga) idea di quanti dolorosi sacrifici, svantaggi e iatture possa procurare un eventuale, ipotetico “governo tecnico” alle classi lavoratrici del nostro Bel paese.
Infine, credo che valga la pena di spendere alcune parole dense di significato a proposito della cosiddetta “questione morale”. L’approccio risolutivo a tale problema non può essere affidato semplicemente allo zelo moralizzatore di qualche onesto, laborioso e coraggioso magistrato di periferia, né alla solerzia o all’efficienza repressiva di altri soggetti istituzionali, nella misura in cui non si tratta di un problema di ordine esclusivamente penale e giudiziario, bensì va affrontato e, possibilmente, risolto in sede politico-culturale, ponendola al centro di un organico ed incisivo progetto di trasformazione radicale della società italiana nel suo complesso. La questione morale è anzitutto una questione di natura politica, organicamente e intimamente legata alla società borghese, sempre più corrotta e degenerata. E come tale va affrontata alla radice, inserendola nel quadro di un’ipotesi di cambiamento totale della società stessa, vale a dire abbattendo e rimuovendo le basi strutturali e causali (sempre più deteriorate) di un connubio sempre più stretto tra politica ed affari (leciti ed illeciti), un intreccio deleterio che è inevitabile perché insito nelle fondamenta stesse dei rapporti economico-sociali capitalistici.
In conclusione, la questione morale non si può subordinare o vincolare ad un problema di ordine pubblico, ossia ad iniziative (per quanto audaci ed apprezzabili) di natura meramente giudiziaria, ma deve rilanciarsi e collocarsi nell’ottica e nella prospettiva progettuale di una più vasta azione di lotta e di trasformazione della società italiana in senso profondamente e decisamente anticapitalista.