DECRESCERE E’ BELLO ? di A. Berlendis

 

L’articolo del Giornale sotto riportato svillaneggia i comportamenti di un singolo facendo intravedere i limiti dell’ipotesi della decrescita.

Premesso che concordo con il tipo di sensibilità ambientale circa taluni comportamenti individuali che si vogliono proporre , ritengo però che l’ipotesi della decrescita, sul piano complessivo, non sia accettabile perché si basa su almeno  quattro presupposti erronei :

 

1. rimuove il dato che se  il capitalismo è contraddistinto dal conflitto strategico, e la crescita è una delle modalità attraverso cui il conflitto si esplica ed al contempo il risultato del conflitto (con effetti re-distributivi, che hanno costituito il raggio massimo prevalente della conflittualità dispiegata dai dominati nella epoca monocentrica da cui ci si avvia ad uscire ), decrescere significa soccombere a-priori nel conflitto relativamente ai settori decisivi;significa sancire ed accentuare il declino di una formazione sociale; ed alla lunga abbassare il tenore di vita della parte più ampia della popolazione, premessa a costituire il bersaglio della—giusta—rabbia in forme populistiche che si solleverebbe di conseguenza.

 

2. Immagina la natura come un fondo statico e limitato che sta al numeratore di una frazione al cui denominatore stanno la crescita demografica e la dinamica accrescitiva dello sviluppo capitalistico : questo fondo verrebbe eroso ed esaurito per cui si giungerebbe sulla soglia della catastrofe (che appare come una versione ambientalista dell’idea crollista del marxismo della seconda internazionale).

 

3. Suppone un’ inesistente meccanismo di re-distribuzione tra paesi capitalistici centrali e paesi capitalistici periferici, per cui ad una riduzione dei consumi del centro corrisponderebbe un aumento dei consumi eguale nelle periferie.

 

4. sostiene la priorità dei comportamenti singoli rispetto alle strutture sociali, per cui la responsabilità del singolo consumatore  è identica a quella dell’impresa, instillando un senso di colpa (ricatto morale) che richiede di essere placato per far sentire i singoli moralmente a posto (e  consente inoltre di creare mercati di nicchia ‘biologici’ per consumatori ‘colti e progressisti’ , e diffondere e mantenere quella ‘sensibilità ecologica’ da cui le formazioni politiche ‘verdi’ traggono le loro quote di mercato politico.

 

Nessuna Terza Forza, al di là che assuma il segno della rivoluzione dentro o contro il capitale, potrà basare il suo programma politico sulla decrescita, in quanto sancirebbe la  collocazione marginale e subalterna, ed affermerebbe lo sviluppo di politiche di im-potenza del sistema-paese che  lo sosterrebbe.

 

 

Le capriole dell’anchorman costretto a sostenere i Verdi

di Franco Battaglia  – Il giornale mercoledì 04 luglio 2007

 

Mario Tozzi, geologo e conduttore televisivo, vorrebbe essere una delle voci «scientifiche» degli ambientalisti. Il problema è che l’impalcatura su cui poggiano gli assunti ambientalisti è scientificamente fragile che cercare di sostenerla obbliga il povero Tozzi a capriole da circo equestre, come quelle di un suo recente articolo pubblicato sulla Stampa, ove egli auspica la decrescita sostenibile.

Se da un lato Tozzi riconosce che la tiritera dello sviluppo sostenibile, da egli stesso recitata per anni, è «ipocrita», dall’altro egli non ne comprende la ragione, visto che addebita l’ipocrisia alla circostanza che staremmo sfruttando le risorse del pianeta e crescendo in popolazione con «questi ritmi». Ciò che gli sfugge è che in un pianeta finito nessuna crescita può essere sostenibile qualunque sia il ritmo della stessa.

Tozzi ammette che neanche l’efficienza (tuttora parola d’ordine ambientalista) è qualcosa su cui si possa contare, perché «una maggiore efficienza implica maggiori consumi»: il sospetto che egli legga e studi queste pagine diventa così certezza. E allora, niente sviluppo e niente efficienza: cosa rimane? La nuova parola d’ordine – a questo punto per esclusione – sarebbe decrescita, perché – osserva Tozzi – «il 20% dell’umanità consuma il 75% dell’energia disponibile».
Visto che ci legge, facciamogli allora osservare che è, questa, un’affermazione priva di significato e che si può avanzare solo se non si capisce né cos’è l’energia né come essa viene da noi uomini usata. L’energia si conserva e quindi non può essere consumata; ciò che per noi conta è la nostra capacità di saperla trasformare e trasferire e bruciare petrolio è uno dei modi per farlo. Se fosse l’unico, invocare la decrescita per evitare il collasso non servirebbe, perché una piccola decrescita sposterebbe quel collasso di poco in avanti nel tempo (una grande decrescita anticiperebbe il collasso). Ma bruciare petrolio non è l’unico modo che conosciamo per trasformare e trasferire energia: possiamo bruciare gas, carbone, uranio e torio. Grazie a uranio e torio, l’umanità avrebbe energia per decine di migliaia di anni: auspicare la decrescita, allora, sarebbe un puro atto di masochismo.

O di sadismo, posto che, anche se Tozzi non lo dice, egli deve pensare alla decrescita altrui, non alla propria. Ecco come egli se la figura: «Una decrescita significa una serie di rinunce: cibi liofilizzati, poca acqua riciclata, nessuna deiezione sprecata, né rifiuti di alcun genere, spazio e aria razionati». Qualche settimana fa mi ritrovai in un ristorante romano, vicino al tavolo occupato dal conduttore televisivo: sono più che sicuro che egli non consumasse cibo liofilizzato; e neanche acqua riciclata, visto che non beveva acqua, ma un liquido rosso scuro che versava da una bottiglia della quale non riuscii a leggere l’etichetta. E, posso assicurare, da quel pasto entrambi avremmo prodotto gran copia di rifiuti. Fatto di cui io non mi sentivo in colpa, ma per il quale, a leggere Tozzi, avrei dovuto invece provare contrizione profonda. Ma perché mai, caro Tozzi, visto che anch’ella, lungi dal mostrare il minimo segno di imbarazzo, se la rideva di gusto – e a buon diritto, perbacco! – assieme ai suoi commensali?

 

 

LE REGOLE DELLA DEMOCRAZIA CAPITALISTICA di A. Berlendis

 

In questi ultimi giorni eventi che illustrano meglio di qualsiasi manuale di ‘scienza’ politica come funziona la  democrazia capitalistica :

 

Primo evento : secondo “Dan Toole, direttore dei programmi di emergenza dell’United Nations Children, i bambini iracheni stavano meglio prima della guerra, sotto il regime dittatoriale di Saddam Hussein.  «I bambini in Iraq – dice Toole – stanno molto peggio di un anno fa e certamente molto peggio di quanto non stessero tre anni fa» quando avevano accesso al programma di aiuti alimentari per l’infanzia deciso dal regime di Saddam per contrastare le sanzioni internazionali.” www.corriere.it 16 luglio 2007

 

Da qui si inferisce la Prima regola  : l’ importante è votare ,inteso nel suo significato originario di “offrire in voto a una divinità” (la democrazia appunto)  ; partecipare ad un rito collettivo ad uso massmediatico ( gli uomini della grande finanza italiana in coda per le primarie, così come gli iracheni in coda ai seggi con Fassino che li contava ad uno ad uno sino a sentenziare che 8 milioni avevano partecipato al voto !). Se poi capita di morire subito dopo o lentamente d’inedia ,non è importante : fondamentale è aver ottemperato all’ormai svuotato rito dell’urna (l’urna elettorale conta molto di più dell’urna funeraria…) oppure di vivere con redditi insufficenti, essere disoccupati o precari, perchè ai fini del perfetto formalismo democratico questi aspetti non hanno nessuna rilevanza.

 

Secondo evento : il presidente USA ha dichiarato che ,Hamas deve “rinunciare alla violenza” (Fonte : Televideo 17 luglio 2007) —forse perché solo Israele può esercitarla legittimamente verso il popolo palestinese.

 

Da qui si inferisce la Seconda regola : affinché le elezioni siano veramente democratiche, deve vincere la forza politica che rappresenta e favorisce i dominanti (o sub-dominanti) , altrimenti le elezioni non sono valide e si deve tornare a giocare (pardon votare) sino a che, casualmente, non esce il vincitore giusto (quello scelto dai dominanti).

In modo analogo al ripetuto tentativo di creazione del ‘centro’ che occultamente la grande finanza e l’industria decotta italiana stanno tentando da un quindicennio.

 

Terzo evento : Abu Mazen e l’ ‘Autorità’ nazionale palestinese riceveranno aiuti dagli USA per 190 milioni di dollari (mentre il legittimo governo palestinese di Hamas è stato sottoposto ad un ferreo boicottaggio). (Fonte : Televideo 17 luglio 2007)

 

Da qui si inferisce la Terza regola : la democrazia ha i suoi costi; 190 milioni di dollari per un presidente e lo strangolamento lento per chi non si piega; oppure elevati stipendi, innumerevoli benefit per comprarsi e mettere in acquiescenza un’opposizione non ‘di sua maestà’ (con l’impegno di quest’ultima di continuare nella recita perché lo spettacolo—per dominati— deve continuare ed apparire quasi verosimile).

 

Ecco qui compendiate le tre semplici verità che tra le molteplici pagine di sofisticata politologia con elevata probabilità non troveremo mai.

Questo perché se non si declina il sostantivo  democrazia con l’aggettivo capitalistica (che presuppone ipotesi teorica su cosa il capitalismo sia oggi e qui ed ora) si  preclude la comprensione della realtà (così come lo Stato è un’astrazione indeterminata,se non lo si coniuga con le sue funzioni specifiche rispetto alla riproduzione capitalistica, in una data congiuntura storica, di una particolare formazione sociale).

 

 

APPENDICE

 

Sono stato immediatamente esaudito dall’ illustre politologo Angelo Panebianco ,che proprio oggi  in un articolo dall’emblematico titolo ‘Le illusioni del realismo’ (www.corriere.it 19 luglio 2007 ) afferma apoditticamente che : “anche Hitler vinse, come Hamas, democratiche elezioni e che quello dunque non può essere un argomento buono per legittimare dei fanatici estremisti”  (questo dopo aver definito, con ovvia connotazione positiva, Abu Mazen come moderato).

 

In una sola frase ha sintetizzato in modo avalutativo—perché secondo l’illustre politologo la scienza politica deve essere rispettare i canoni che prevedono la separazione dei giudizi di fatto dai giudizi di valore—e magistrale che cosa sono, come funzionano, a cosa servono e quanto valgono le elezioni, segno distintivo della democrazia capitalistica.

Credo lo si debba ringraziare, con  la riserva di una maggiore attenzione all’uso dei termini.

 

E’ opportuno non effettuare inversioni della realtà, se ci si riesce : non si deve chiamare ‘moderato’, termine che secondo il dizionario della lingua italiana De Mauro  indica un “comportamento, azione ,non eccessivo, contenuto o ridotto entro i limiti imposti dalla convenienza o dalla tollerabilità” (definita dai dominanti) chi è invece un ‘quìsling’.

Termine che indica chi “durante la seconda guerra mondiale,era capo di un governo fantoccio imposto dai nazisti nei paesi invasi ; estensivamente:  uomo politico asservito agli interessi degli invasori; collaborazionista."