VIOLENZA RIVOLUZIONARIA E OPPORTUNISMO INTERCLASSISTA di A. Berlendis
I brani riportati qui sotto sono tratti da AAVV Dibattito su ‘Stato e rivoluzione’ Savelli editore 1967 e sono di un insospettabile ‘cattivo maestro’ : Lucio Colletti, che prima di approdare agli, allora vituperati ed odiati, scranni parlamentari con Forza Italia nel 1996 sosteneva quanto segue (le sottolineature sono dell’autore stesso) :
“Non commetteremo la sciocchezza di dire che Lenin è contrario alla violenza. Egli è favorevole all’insurrezione violenta, come nel giugno del ’17 è per lo sviluppo pacifico della rivoluzione. E’ per l’una o per l’altra cosa, a seconda delle circostanze. Dove il suo pensiero non muta è che, in ogni caso e sempre, deve esserci la distruzione della macchina dello Stato.
I modi in cui la rivoluzione può compiersi sono in parte occasionali; dipendono da una costellazione di eventi su cui sarebbe vano discettare a priori.
Ne è il numero dei morti, come tale che fa la profondità del processo rivoluzionario. L’essenziale della rivoluzione,invece, la distruzione a cui essa non può rinunciare ( e che la violenza da sola non basta di per sé a garantire) è la distruzione dello Stato borghese, in quanto potere separato e contrapposto alle masse,e la sua sostituzione con un potere di tipo nuovo. Il punto essenziale è questo.
La vecchia macchina dello Stato va distrutta, dice Lenin, perché lo Stato borghese riposa sulla separazione e sulla estraneità del potere dalle masse. Nella società capitalistica, la democrazia è, nel migliore dei casi, ‘sempre limitata dal ristretto quadro dello sfruttamento capitalistico. La maggioranza della popolazione è tagliata fuori dalla partecipazione alla vita politico-sociale’. Pg 8
“La distruzione della macchina dello Stato non è il ministero dell’Interno in fiamme, non sono le barricate. Tutto questo può esserci, ma non è l’essenziale.
Ciò che essenziale alla rivoluzione è la distruzione del diaframma che separa il potere delle classi lavoratrici, l’emancipazione e l’autodeterminazione di queste, la trasmissione del potere direttamente nelle mani del popolo.” Pg 9
“Per Lenin, la rivoluzione è non solo il passaggio del potere da una classe all’altra ma è il passaggio da un tipo all’altro di potere …
Per Kautsky,invece, la conquista del potere non significa costruzione di un potere nuovo ma è, semplicemente, la promozione all’uso del vecchio potere del personale politico che rappresenta, ma non è, la classe operaia stessa. “ pg 10
“l’idea del potere che ha Kautsky, è già carica in sé di tutti gli sviluppi futuri. Quello Stato infatti non si deve distruggere ma di cui basta impossessarsi per volgerlo ai propri fini, quella macchina militare e burocratica che non va smantellata ma trasferita ‘da una mano all’altra’, è in nuce uno Stato già ‘indifferente’ alla natura di classe : è uno strumento tecnico o neutrale , un semplice mezzo che può fare il bene o il male, a seconda di chi l’impugni e se ne serva.
La teoria soltanto della conquista ma non anche della distruzione-trasformazione del potere, contiene quindi, in germe, una teoria interclassista dello Stato. Essa è per meglio dire, la perenne oscillazione tra due poli estremi : un soggettivismo sfrenato che vede l’essenza della rivoluzione nella promozione al potere di un certo personale politico, che è poi,…,la burocrazia di partito; e una concezione interclassista dello Stato” pg 11
“Lo scopo della nostra lotta politica, scrive Kautsky, è ‘la conquista del potere statale mediante il conseguimento della maggioranza in parlamento e la trasformazione del parlamento in padrone del governo’. […]
Siamo nel pieno dell’interclassismo.
La formula di Kautsky (e di tutti i suoi attuali imitatori) non suppone neppure in via di ipotesi che il regime parlamentar possa essere in qualche modo legato alla struttura di classe della società borghese. Questa formula non solo fa tabula rasa di tutta la critica di Marx allo Stato rappresentativo moderno; ma il carattere di classe del regime parlamentare, che è pure disposta a concedere, lo vede non nel regime stesso come tale ma nelle sue perversioni : i brogli elettorali, il trasformismo politico, il ‘mercato delle vacche’, il sottogoverno, ecc.; ‘anomalie’, che tanto più volentieri sottolinea, quanto più le consentono di invocare il ‘vero parlamento’, il parlamento ‘specchio fedele del paese’ auspicato anche da Togliatti …” pg 11-12
DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA di A. Cani
Negli ultimi anni sempre con maggiore insistenza si parla di crisi della politica, ma sarebbe più corretto parlare di crisi dei politici, destri e sinistri, con i quali la politica, cioè lo scontro tra dominanti e dominati, non ha niente a che vedere.
Come sostiene Gianfranco
Per capire come la sinistra sia di fatto diventata la nuova destra basta dare uno sguardo alla cosiddetta riforma delle pensioni o più in generale alle scelte in campo economico.
Questa consorteria, con a capo l’attuale presidente di confindustria Montezemolo, porta avanti la solita politica di “socializzazione delle perdite” dopo la stagione della “privatizzazione dei profitti”.
Siamo in un regime orwelliano che rovescia i concetti e cancella i significati pericolosi per il “sistema”. Chi sceglie di resistere con metodi non violenti alla guerra terroristica di rapina delle risorse mondiali, è accusato di appoggiare il terrorismo; chi sceglie di resistere all’impoverimento generale provocato dalla crisi di accumulazione del capitale, è accusato di essere la causa della crisi. Chi lotta per rivendicare i propri diritti – per es. il diritto di assemblea in orario di servizio o scegliere liberamente a quale organizzazione sindacale aderire, diritto oggi non garantito né ai lavoratori del settore privato né ai pensionati – viene tacciato di essere antidemocratico. Infine, per il potere, la censura e la falsificazione dei fatti diventa una corretta ricerca della verità.
Da quanto detto fin qui mi sembra di poter trarre la seguente conclusioni: destra e sinistra sono in un rapporto, secondo l’espressione di Lukàcs, antitetico/polare, cioè di opposizione e sostegno reciproco; soprattutto su questioni cruciali quali la guerra, il lavoro, la scuola, la sanità i loro programmi sono del tutto intercambiabili, ma sempre al servizio dei blocchi dominanti.
E’ urgente smascherare questo teatrino della politica con attori estremamente scadenti e comprendere quale è oggi, secondo gli insegnamenti di Gramsci, il blocco dominante. Va compreso come entrambi gli schieramenti attuali siano il braccio politico di un blocco dominante parassitario e subordinato agli Stati Uniti. Proprio per questa ragione bisogna smetterla con la favola del meno peggio mentre siamo già al peggio del peggio.
Ciò che possiamo per il momento sostenere è l’incompatibiltà di questo sistema di dominio con il nostro punto di vista che è sempre stato invece, deliberatamente, niente affatto imparziale, bensì di parte, quello delle lavoratrici e dei lavoratori.
Intanto che fare? Bisogna elaborare un programma minimo che si configuri come programma di opposizione e non di governo senza cadere in posizioni neo-proudhoniane del tipo “terzo settore”, “commercio equo e solidale” ecc., nel quale non c’è nulla di nuovo, ma solo trasferimento di ricchezza a favore del capitale attraverso lo sfruttamento di lavoro sottopagato e irregolare.
Propongo questo pezzo spiritoso di Wilde perché colpisce molti obiettivi in un colpo solo. Comunque, è anche uno scherzo e lo si prenda con senso dell’umorismo.
"Ma
Da “La decadenza della menzogna” di Oscar Wilde