SE LO STATO NON AIUTA LA FIAT di G.P.

La sopravvalutazione della ripresa Fiat sta tutta nella reazione dei mercati all’annuncio che la rottamazione non ci sarà. Il titolo dell’azienda torinese ha perso ieri il 4,43% chiudendo a 17,75 euro per azione. Ma dall’inizio del mese siamo già a meno 20%. Un’azienda realmente forte e competitiva non andrebbe nel panico per aiuti statali che potrebbero venire a mancare, ma dovrebbe essere capace di programmare i propri investimenti indipendentemente da quelli. Ed invece i vertici Fiat sono entrati in fibrillazione. Si dicono preoccupati per la situazione economica generale e, soprattutto, dell’inflazione (sarebbe meglio dire stagflazione) che porterà inevitabilmente all’aumento del costo del denaro, con la gente impegnata a coprire le spese di prima necessità più che ad acquistare auto. Se a ciò va ad aggiungersi la crescita dei premi assicurativi, il bollo, il rincaro della benzina, si comprende che avere un auto (o due, come all’interno di uno stesso nucleo familiare) inizi ad essere un lusso per pochi se non addirittura un salasso. Di fronte a tale scenario "poco roseo", Montezemolo e l’Ad di Fiat Marchionne hanno incominciato il loro pellegrinaggio dai politici di sinistra, premendo per ottenere l’ennesima questua di Stato. Non solo, i suddetti stanno cerando di convincere anche i sindacati che il gruppo ha intenzione di valorizzare gli stabilimenti meno produttivi, vedi quelli di Termini Imerese e di Pomigliano, assicurando l’occupazione in questi impianti. Per il primo si attendono riscontri, sotto forma di compartecipazione monetaria agli investimenti futuri, da parte della Regione Sicilia e del governo di Roma, per il secondo, la Fiat si dice pronta ad impegnarsi in proprio. Si fa per dire in proprio, perché la casa torinese fa affidamento sulla rottamazione che se davvero dovesse saltare (ma ne dubito) potrebbe portare alla chiusura di reparti, alla mobilità e infine ai licenziamenti. Insomma, il cielo sopra Torino è sempre plumbeo…

 

Vorrei per un attimo tornare alle dichiarazioni di qualche giorno fa, con le quali Montezemolo ha mostrato il suo disappunto al Berlusca, il quale ha commesso l’impunità di farsi vedere in giro su un’Audi e non su una Fiat. Come sempre, la scusa è quella dell’italianità da preservare. Se Montezemolo fosse sincero nel suo spirito nazionalistico non produrrebbe la 500 in Polonia, lasciando i lavoratori italiani col culo per terra. L’immonda pubblicità televisiva (voce narrante di Ricky Tognazzi, noto frequentatore dei congressi di Rifondazione Comunista), con la quale si legava a doppio filo la storia d’Italia alla fabbrica di Torino è stata di pessimo gusto, un’operazione sporca e ingannevole, tenendo conto che la vettura in questione veniva prodotta all’estero. Montezemolo vorrebbe toccare il cuore degli italiani passando per il loro portafoglio.

 

Inoltre, il suddetto cerca sempre di sviare l’attenzione da sé stesso lanciando, di tanto in tanto, accuse nei confronti della casta (che lo serve umilmente) o di altre categorie sociali normalmente disprezzate per il loro presunto “fannullismo”. Questa volta Montezemolo ha attaccato gli statali e il loro assenteismo che determinerebbe l’inefficienza e il cattivo funzionamento della P.A. E fa pure i conti in tasca allo Stato per capire dove può andare a drenare maggiori risorse. A suo parere, se i dipendenti pubblici fossero più produttivi lo Stato arriverebbe a risparmiare un punto di Pil, quasi 14,1 mld di euro. Ma quanto risparmierebbero gli italiani se l’infausto presidente di Confindustria smettesse di pretendere i finanziamenti statali? Ve lo diciamo noi. Dalla seconda metà degli anni ’70 ad oggi la Fiat ha ricevuto dallo Stato 238mila miliardi di lire subspecie di cassa integrazione (circa 6 milioni di ore). A questi soldi andrebbero aggiunti gli sgravi fiscali e i finanziamenti per la costruzione o la modernizziazione di alcuni stabilimenti. Per non parlare degli incentivi alla rottamazione di cui sopra, costantemente reiterati dai governi di centro-sinistra. Ci sarebbero poi le commesse pubbliche sulle quali non abbiamo i dati.

Ma Montezemolo, piuttosto che pensare ai suoi problemi, preferisce dare consigli a destra e a manca per riportare in equilibrio il bilancio dello Stato. Naturalmente le sue “parcelle” non rientrano nei soldi da risparmiare. Anzi, lui prende i soldi e scappa nei paradisi fiscali lussemburghesi dove costituisce fondi esentasse. Eppure un gesto di buona volontà e di trasparenza, prima di entrare nell’agone politico, non guasterebbe. Ma Montezemolo, proprio come Berlusconi , sta pensando di entrare in politica solo per curare in prima persona i propri interessi. Gli italiani preparino gli assegni…