di Thierry Meyssan
Voltaire, édition internationale , Trad. Di G.P.
Il 29 novembre 2007, il presidente Bush annuncia il suo nuovo budget militare e rifiuta di legarlo ad un ritiro dall’Iraq. Nonostante la retorica marziale, si tratta di un passo indietro. Dopo molti mesi d’indecisione, Washington ha finalmente deciso. Dall’inizio dell’estate, non era stata emessa alcuna direttiva per il "grande Medio Oriente", eccetto per la gestione della crisi pakistana. I conflitti stagnavano in Palestina, in Libano, in Iraq; i segni più contraddittori si moltiplicavano in direzione dell’Iran. Ciascuno attendeva una presa di posizione chiara della Casa Bianca, ma non si muoveva nulla.
L’impero, malato della sua potenza
Questa assenza di autorità manifestava una crisi profonda degli Stati Uniti. Il bilancio di sette anni d’amministrazione Bush-Cheney, dal punto di vista degli interessi economici sopranazionali che la controllano, è disastroso. Certamente, società come Halliburton o Lockheed-Martin hanno realizzato profitti straordinari, ma il sistema ha raggiunto un punto di squilibrio – se non di rottura – che si è tradotto, allo stesso tempo, nella crisi del credito immobiliare (subprime) e nell’affossamento del dollaro. È ormai la sovranità monetaria degli Stati Uniti sul resto del mondo che è in pericolo (1]al punto che la Federal Reserve è stata costretta a sospendere la pubblicazione dell’indice m3, nel marzo 2006, di modo che è la quantità di biglietti verdi in circolazione ad essere ormai un segreto di Stato. Numerose istituzioni hanno concluso che Washington faceva funzionare il suo asse a biglietti e che non essendo il dollaro collegato alla economia reale sarebbe affondato a medio termine (2). Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, ha chiamato gli Stati non allineati a lasciare il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale e a co-fondare una nuova istituzione, la banca del Sud (3). Quindi, ha invitato gli Stati membri dell’OPEP non a vendere più il petrolio in dollari (4). Indipendentemente dal suo ruolo di valuta di scambio, il dollaro ha già perso parzialmente la sua funzione di valuta di riserva: solo il 65% delle riserve delle banche centrali resta in dollari. Anche i giornali “feticci” della City di Londra, il quotidiano Financial Times (5) ed il settimanale The Economist (6) hanno suonato l’allarme. Per i golden boys britannici, è meglio appoggiarsi alle monarchie petrolifere del golfo che al dollaro US. La credibilità militare del pentagono è stata intaccata dai disinganni in Afganistan ed in Iraq, ed i più alti gradi dell’esercito mettono in guardia l’amministrazione civile di fronte alla stanchezza delle truppe ed all’esaurimento dei GI’s. Senza aspettare, la Russia e la Cina sfidano apertamente l’egemonia statunitense opponendosi allo spiegamento di missili in Europa centrale, chiudendo i loro porti ai bastimenti di guerra US in emergenza, moltiplicando le incursioni aeree di bombardieri nella zona NATO, costituendo un’alleanza militare appena mascherata (l’organizzazione per la cooperazione di Shangaï) allo stesso tempo per ricacciare la CIA fuori dell’Asia centrale, per trainare congiuntamente e coordinare le loro forze, e sostenere l’Iran. Il progetto della Casa Bianca di utilizzare l’arma nucleare tattica contro l’Iran a seguito di una provocazione che sarebbe costata alla Navy una delle sue flotte ha messo la classe dirigente US in tensione (7). L’ammiraglio William Fallon, comandante in capo del CentCom (cioè forze US nel "Grande Medio Oriente"), ed il suo stato maggiore, ha comunicato che rifiuterebbe di eseguire tale ordine e tutti si dimetterebbero collettivamente (8). Circoli militari hanno evocato la responsabilità degli ufficiali superiori di evitare una guerra che condurrebbe il paese alla catastrofe organizzando un colpo di Stato (9). L’affare del B-52 della base di Minot (10) e la morte dei principali testimoni di quest’operazione, come l’autodistruzione di un satellite spia (11) lascia pensare che la tensione interna sia estrema. Il senatore e candidato democratico Joe Biden ha evocato una procedura di destituzione del presidente se dovesse dare l’ordine di attaccare l’Iran (12). Mentre il segretariato alla giustizia mormora sull’organizzazione di un nuovo Watergate che avrebbe permesso ancora una volta alla "gola profonda" dell’ FBI di fare cadere il presidente (13).
Il rimedio: il "potere intelligente"
Nel dicembre 2006, l‘Iraq Study Group, una commissione bipartisan della United States Institute of Peace presentata sotto il nome di "Commissione Baker-Hamilton", raccomandava una rimessa in discussione completa della politica dell’amministrazione Bush: ritiro massiccio delle truppe posizionate in Iraq, e dialogo con la Siria e l’Iran. In altri termini, sospensione – o abbandono – del progetto di rimodulazione "del Grande-Medio oriente". Resistendo alle pressioni combinate dei suoi amici repubblicani e dei suoi avversari democratici, il gruppo Bush-Cheney si era accontentato di sacrificare Donald Rumsfeld e di rimpiazzare il segretariato alla difesa con un membro della Commissione, Robert Gates. Quest’ultimo ha limitato la sua azione alla sospensione del processo di privatizzazione degli eserciti ed alla messa in causa del principale subappaltatore, Blackwater. Questo rimpasto governativo fu utilizzato per guadagnare tempo ed elaborare un progetto politico alternativo, basato su qualcosa d’altro che non l’suo della sola forza bruta.
Il Center for Strategic and international Studies (CSIS) (CSIS) (14), che aveva finanziato i lavori dell’Iraq Study Group, organizzò una nuova concertazione – questa volta lontano dai riflettori -: la Commissione bipartisan Armitage-Nye sul "potere intelligente". Oltre all’espressione "potere intelligente" (Smart Power) fa sorridere il fatto che questo sia l’opposto della politica attuale di Bush, e deve essere interpretato come una sintesi tra hard Power classico (cioè "la carota ed il bastone") e Soft Power (cioè l’attrattiva del modello US), caro al professore Nye. Questo passo risponde a tre obiettivi principali: dare una pausa al personale militare esaurito dalla guerra itinerante nel "Grande Medio Oriente"; Garantire i redditi delle grandi industrie, altro che il trittico armamento-energia-farmacia (software, mass media, entertainment, ecc..) che, lungi dall’approfittare della guerra, perdono quote di mercato man mano che si sviluppa "l’anti-americanismo"; Limitare le spese pubbliche mentre il budget del pentagono si trasforma in una botte delle Danaidi che toglie linfa all’economia US.
La prescrizione: un anno di convalescenza
Tre possibilità escono da questa concertazione: 1. Washington rinuncia a passare in forze su tutti i dossiers e a mantenerne il timone. Simbolicamente, la base di Guantanmo deve essere chiusa. L’amministrazione abbandona allo stesso tempo l’unilateralità e la creazione di coalizioni ad hoc per ritornare alla diplomazia classica. Generalmente, per ottenere sostegni a lungo termine, occorre associare il più grande numero di Stati alle decisioni ed loro esecuzioni. Le Nazioni Unite sono il quadro più adeguato per quanto riguarda il mantenimento della pace, la ricostruzione, la sanità pubblica e la lotta contro il riscaldamento climatico. Washington deve anche dare l’impressione non di disprezzare più il diritto internazionale firmando una o l’altra delle convenzioni che ha respinto. 2. Washington rinuncia al principio attuale della globalizzazione secondo il quale l’ammodernamento di un paese vi rafforza le disuguaglianze sociali. L’aiuto allo sviluppo deve essere coordinato, se non centralizzato, sul modello del Piano Marshall, in modo che le popolazioni accettino la rimodulazione delle società di riferimento poiché si accompagnerà allora ad un miglioramento delle loro condizioni di vita. Una priorità sarà data alle azioni nel settore dell’igiene (costruzione in particolare di infrastrutture per l’acqua potabile) e della salute perché le sue conseguenze positive sono visibili da tutti. Ciò passa per la creazione di un’agenzia US specializzata ed una riforma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le norme del commercio internazionale devono essere modificate, attraverso un rilancio del ciclo di Doha, per prevenire una generalizzazione della povertà, fonte di conflitti. Questo volontà deve accompagnarsi, sul piano interno, alle riforme di modo che al prossimo uragano Katrina, Washington manifesti la capacità di essere un soccorritore efficace. 3. Questo riaggiustamento politico passa per una sospensione di ogni azione militare fino alla prossima elezione presidenziale (e questo non proibisce eventuali manovre nel deserto del Darfour). In margine alla conferenza di Annapolis, la Casa Bianca ha autorizzato la repressione in Palestina. Mentre non desidera enfatizzare questo argomento presso la pubblica opinione, il dipartimento di Stato ha convocato ad Annapolis una conferenza internazionale sulla pace nel Vicino-Oriente per presentare una tregua alle grandi potenze (15). L’ordine del giorno non è stato realmente discusso. Si è trattato soltanto di informare i partecipanti di una pausa nella colonizzazione della regione e presentare loro un calendario (16). Il conflitto Israelo-palestinese è congelato per un anno. La proclamazione delle riserve palestinesi di Gaza e di Cisgiordania in due bantoustans è rimandata, in compenso via libera agli Israeliani per Mahmoud Abbas e per le sue azioni di polizia. La partecipazione della Siria a questa conferenza segna la schiusa dell’isolamento dell’asse Damasco-Beyrouth-Teheran, così come l’aveva raccomandata la commissione Baker-Hamilton. Immediatamente, Serge Brammertz, capo della missione d’assistenza dell’ONU presso la giustizia libanese, è stata autorizzato a confermare che la Siria non è in nessun modo responsabile dell’assassinio di Rafik Hariri. Il sottosegretario di Stato David Welch ha ordinato al delegato del governo de facto libanese presente ad Annapolis, Tarek Mitri, di eleggere il generale Michel Sleimane alla presidenza della repubblica del Libano. Quest’ultimo, che era definito pro-siriano quindici giorni fa, è oggi presentato come "un candidato neutrale e di consenso". È tuttavia, il solo soldato al mondo ad aver vinto i mercenari islamisti della CIA: sotto i suoi ordini l’esercito libanese rifornito per l’occasione dalla Siria – ha schiacciato Fatah Al-islam, al campo di Nahr el-Bared. Da parte sua, Mohamed el-Baradei, direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA), è stato autorizzato a confermare che il programma nucleare iraniano non presentava alcun pericolo militare a breve o medio termine (17). Inoltre, una quarta riunione è stata convocata a proposito dell’ Iraq (dove la resistenza pro-iraniana tiene in ostaggio più di 300.000 GI’s e subappaltatori). Soprattutto, il vice ammiraglio John Michael McConnell, direttore nazionale del settore informativo, ha forzato le 16 principali agenzie di informazioni US a redigere una nota di sintesi che contraddice tutte le loro relazioni precedenti: l’Iran avrebbe cessato ogni programma militare nucleare dal 2003 e non sarebbe in grado di produrre plutonio sufficiente per una bomba prima del 2015.
L’attacco US contro l’Iran è dunque rinviato sine die. Inoltre, il progetto di smantellamento dell’ Iraq in tre stati è rinviato alle calende greche – e questo permette alla Turchia di condurre incursioni nel Kurdistan iracheno -.
Il segretario di Stato aggiunto John Negroponte si è immediatamente recato nel Kurdistan iracheno per annunciare il referendum sullo statuto di Kirkouk.
L’infermiera: Condoleezza Rice
Il segretario alla difesa Robert Gates, nel suo discorso del 22 novembre all’università di Stato del Kansas, ha cercato di fornire quest’inversione politica con i crismi della saggezza: gli Stati Uniti devono trarre lezioni dall’esperienza, la forza militare non basta a guadagnare la pace, è tempo di rafforzare il budget… del dipartimento di Stato e di affidargli una parte del lavoro. Ciò è confermato implicitamente dal fatto che il presidente Bush, il 29 novembre al pentagono, ha diminuito di 50 miliardi di dollari le stime iniziali. Pertanto, le cose non saranno semplici per Condoleezza Rice: la sospensione della pressione militare è fin d’ora vissuta come un abbandono da alcuni alleati di Washington che sono andati troppo lontano nella loro collaborazione e si trovano ora allo scoperto. Questa sospensione lascia anche il tempo agli avversari degli Stati Uniti per ricostituire le loro forze ed ai loro rivali per estendere la propria influenza. La Russia lo ha capito, ed ha appena ottenuto di ospitare la prossima riunione sul futuro del Libano, in gennaio a Mosca. Generalmente tutti coloro che hanno rifiutato di abbassare la testa dinanzi all’aquila americana sono oggi in posizione vantaggiosa. Devono tuttavia restare prudenti. Da un lato perché il Nationale Endowment for Democracy (NED) e la CIA non trascureranno di infilarsi nello spazio lasciato libero dal pentagono e, d’altra parte, perché la tregua può precedere una tempesta. Molte questioni restano in sospeso: in mancanza di operazioni militari di larga portata, il pentagono colpirà obiettivi periferici (nel Darfour ad esempio)? Quanti uomini potranno essere ritirati ragionevolmente dall’ Iraq in un anno senza perdere il paese? Le diverse misure di riorganizzazione amministrativa allo studio (creazione di un segretario di Stato aggiunto incaricato del “potere intelligente”, messa in atto di nuove agenzie, e soprattutto limitazione del dipartimento della sicurezza della patria e razionalizzazione del pentagono) daranno risultati abbastanza rapidi? Ed infine, la sospensione dell’emorragia di bilancio causata dalla guerra in Iraq basterà a fermare la recessione economica US? Secondo le risposte a queste domande, gli interessi economici che controllano il governo federale decideranno di mantenere i repubblicani alla Casa Bianca (con Rudy Giuliani possibilmente) o di fare affidamento sui democratici. In ogni caso, la vera sfida di questa tregua globale è di sapere se, tra un anno, gli Stati Uniti potranno ancora avere la supremazia mondiale.
[1] « Le talon d’Achille des USA », par L.C. Trudeau, Réseau Voltaire, 4 avril 2003.
[2] « Au revoir dollar, bonjour euro », par Emad Meka ; « La Banque asiatique de développement émet un avis de tempête monétaire », « Incertitudes sur l’économie mondiale », par la Banque des règlements internationaux (BIR), Réseau Voltaire, 9 février 2005, 10 avril 2006, 29 juin 2007.
[3] « Hugo Chávez propone a los No Alineados crear Comisión del Sur », Agence de presse cubaine/Réseau Voltaire, 16 septembre 2006.
[4] « Hugo Chavez demande à l’OPEP d’abandonner le dollar et de laisser plonger l’économie US », Réseau Voltaire, 18 novembre 2007.
[5] Lire notamment « Wake up to the dangers of a deepening crisis », par le professeur Lawrence Summers, Financial Times, 26 novembre 2007.
[6] Dossier : « The Panic about Dollar » , article « The falling dollar. Losing faith in the greenback », The Economist, 29 novembre 2007.
[7] « La Maison-Blanche sacrifiera-t-elle la Ve flotte pour justifier la destruction nucléaire de l’Iran ? », par Michael Salla, Réseau Voltaire, 18 novembre 2007.
[8] Entretien de l’auteur avec un témoin.
[9] Ce débat déborde dans la presse civile grand public. Voir par exemple : « Live discussion with Post staff writer Dana Priest », Washington Post, 27 septembre 2007. « The U.S. military’s role in preventing the bombing of Iran », par Glenn Greenwald, Salom.com, 28 novembre 2007.
[10] « L’affaire du B52 de la base de Minot La mise en place de bombes nucléaires états-uniennes contre l’Iran ? », par Larry Johnson, Horizons et débats, 17 septembre 2007.
[11] « El « meteorito » que se estrelló en Perú sería más bien un satélite militar de observación de EEUU con plutonio-238 », Agencia IPI/Réseau Voltaire, 4 novembre 2007. « Est-ce qu’une attaque nucléaire des Etats-Unis contre l’Iran a été déjouée par la destruction d’un satellite ? », Horizons et débats, 1er octobre 2007.
[12] « Biden makes impeachment en campaign theme », The Nation, 30 novembre 2007.
[13] On sait aujourd’hui que c’est le directeur intérimaire du FBI qui avait distillé les fuites du Watergate et contraint le président Nixon à la démission.
[14] « CSIS, les croisés du pétrole », Réseau Voltaire, 6 juillet 2004.
[15] « Liste des délégations à la conférence d’Annapolis sur la paix au Proche-Orient », Réseau Voltaire, 27 novembre 2007.
[16] « Discours de George W. Bush à l’ouverture de la conférence d’Annapolis sur le Proche-Orient », Réseau Voltaire, 27 novembre 2007.
[17] « IAEA Head Briefs Board of Governors on Nuclear Issues », IAEA, 22 novembre 2007.