IL VERTICE DI ANNAPOLIS PER COMPENSARE LA SCONFITTA ISRAELIANA IN LIBANO

(fonte geostrategie.com, trad. di G.P.)

 

 

Intervista ad Abu Imad Al-Rifai, rappresentante del movimento della Jihad islamica in Libano

Cirepal: Oggi, si completa il vertice organizzato dagli Stati Uniti ad Annapolis. Come giudicate questa riunione?

Abu Imad: In nome di dio, molto clemente, molto misericordioso la riunione di Annapolis può inizialmente essere considerata come una tappa delle rinunce e delle concessioni arabe, ed una nuova fase di disimpegno del mondo arabo verso la questione palestinese, cosa che è del resto lo scopo degli Stati Uniti e dell’entità sionista. La riunione di Annapolis interviene in un nuovo clima vissuto dalla regione, dove la politica di Bush incontra difficoltà e fa fronte ad una crisi politica e militare, militare in Iraq ed in Afganistan, laddove è palese l’incapacità di trovare una soluzione o una formula per la questione palestinese. L’amministrazione americana, che fa fronte ad una crisi politica e militare nella regione, vuole trovare una scappatoia attraverso la questione palestinese, con una formula, che può imporre il nuovo Medio Oriente grazie allo smantellamento della regione, le guerre civili interne, etniche, religiose, nazionali e confessionali. Inoltre, l’amministrazione americana desidera trasmettere, alla fine del mandato di Bush, un dossier ai repubblicani a dimostrazione che le acquisizioni sono state realizzate, in particolare nel conflitto arabo-sionista. La cosa più grave, nel vertice di Annapolis, è che gli Stati Uniti vogliono ricompensare Olmert e risarcire la sua sconfitta nella guerra del luglio-agosto 2006, dove l’esercito israeliano ha subito una sconfitta importante in Libano. La politica israeliana e la politica americana hanno subito una sconfitta, in una battaglia in cui i popoli hanno provato, in particolare i resistenti, che sono capaci di assestare un duro colpo all’esercito israeliano, lontano dal ruolo o dalla forza ufficiale araba, sia a livello politico che militare. Il campo ufficiale arabo non è stato implicato, né militarmente né politicamente, nel sostegno alla resistenza. È ciò che segnala che la resistenza ed i popoli della regione possono realizzare successi contro il progetto américano-sionista. Bush vuole ripagare Olmert per questa sconfitta aprendogli le porte delle capitali arabe ed islamiche invitate a normalizzare le loro relazioni con l’entità sionista. È l’aspetto più grave del vertice di Annapolis: la mobilitazione araba, il decoro arabo ad Annapolis, falso timoniere di una concorrenza sleale sulla questione palestinese, diviene il corteo funebre della questione palestinese alla quale partecipano i regimi arabi ed islamici. Il vertice di Annapolis è un passo nella direzione della liquidazione della questione palestinese, un passo in direzione della normalizzazione delle relazioni, con l’ordine ufficiale arabo, con lo Stato sionista, un passo in direzione dell’accerchiamento della resistenza, in Palestina e nella regione, per consolidare ciò che chiamano la linea moderata, per fare fronte al progetto della resistenza nella regione, che si estende verso l’Iran, la Siria, la Palestina ed il Libano. Ma, a nostro parere, il vertice di Annapolis riguarda anche un altro obiettivo: mobilitare l’ordine arabo ufficiale, come è accaduto in occasione dell’aggressione contro il Iraq nel 1991, sotto il pretesto dell’occupazione del Kuwait da parte dell’Iraq. Oggi, si tratta di mobilitare l’ordine arabo ufficiale per coprire una nuova aggressione degli Stati Uniti e dello Stato sionista contro l’Iran. Sono i pericoli che si presentano con la conferenza di Annapolis.

Ma cosa essa è riuscita ad ottenere e cosa vogliono realmente gli Stati Uniti? Essa ha piuttosto rivelato la situazione dell’ordine arabo ufficiale dinanzi ai suoi popoli. Le proteste che hanno attraversato tutte le capitali arabe segnalano che i popoli vanno in una direzione, mentre i regimi ed i governatori vanno in un’altra, e che le pratiche dei regimi non hanno nulla a che vedere con le speranze dei popoli arabi e musulmani. Cirepal: La riunione di Annapolis non cerca anche di coprire un’aggressione contro la striscia di Gaza?

Abu Imad: Mahmoud Abbas, che ha completamente ignorato le sofferenze del nostro popolo ed il blocco imposto sulla striscia di Gaza, volendolo aggravare, parla di "oscurantisti" nella striscia di Gaza per dare semaforo verde all’aggressione contro la striscia di Gaza. L’istituzione militare israeliana prepara tale aggressione, tutti i dati la indicano, ma come gli Israeliani si lanceranno in questa direzione?

Penso che la posizione ufficiale del sig. Abbas sia in modo o in un altro, una copertura a quest’aggressione e la posizione araba ufficiale sarà di accordare una copertura a Olmert ed ad Israele per quest’aggressione, che mira ad eliminare i movimenti della resistenza nella striscia di Gaza, ed in particolare il movimento di Hamas, che è considerato da loro come un movimento oscurantista e putschista. C’è molta preoccupazione a proposito di una copertura palestinese ed araba ufficiale, per lanciare un’aggressione o un’invasione di grande portata sulla striscia di Gaza. Ma d’altra parte, gli Israeliani sanno perfettamente che un’avventura nella striscia di Gaza non è una passeggiata, c’è una resistenza e questa è decisa a scontrarsi con loro. La volontà popolare in Palestina, ed in particolare la volontà della resistenza nella striscia di Gaza, può ostacolare la forza militare, come è accaduto nel sud del Libano. Alla fine dei conti, cosa il vertice di Annapolis potrà realizzare di ciò che Bush desidera? “Ridorare” la sua immagine nella regione, imporre una nuova visione o una nuova sovranità sulla regione, smembrare il nuovo Medio Oriente, può ridargli lustro anche all’interno degli Stati Uniti, sarà così capace di lanciare un attacco, anche con l’allineamento arabo, contro l’Iran? A mio parere, la situazione non è così semplice. La conferenza di Annapolis è, dal nostro punto di vista, nata morta e lo resterà, la posizione israeliana sarà la prima a farla fallire, le dichiarazioni israeliane prima e dopo la conferenza segnalano che questa conferenza è un fallimento, i palestinesi non possono realizzare le loro speranze, anche dal punto di vista di Mahmoud Abbas. Penso che tutto quello che può raggiungere questa conferenza, è lo scambio di una stretta di mani tra alcune delegazioni arabe e gli Israeliani. Si tratta di un inizio per futuri contatti, è il massimo che può realizzare in questa conferenza. È per questo che, per noi, la conferenza è fallita poiché non è stata in grado di fare avanzare la rivendicazione del popolo palestinese. Inoltre, le colonie sono là e non sono state messe in discussione, né al-Quds, né le frontiere, né i profughi. Su cosa negozieranno? Dove va l’autorità palestinese? Cosa possiamo aspettarci in questa situazione di intestardimento americano, completamente allineato alla parte israeliana? Penso che Israele non regali nulla e non regalerà nulla. Né gli Stati Uniti, né l’Europa faranno pressione sugli Israeliani, Israele è nel grembo dell’amministrazione americana, che vuole, per il suo interesse, mantenere Israele come principale forza nella regione, come alleato strategico che aiuta gli Stati Uniti a predominare e ad accaparrarsi i beni e le risorse di questa regione araba ed islamica.

Cirepal: Di fronte ad Annapolis, l’Iran ha chiamato le organizzazioni palestinesi ad una riunione. D’altra parte riunioni sono in corso di preparazione. È utile rispondere alla conferenza di Annapolis o occorre prendere l’iniziativa e anticipare la questione di fondo, la riorganizzazione interna della situazione palestinese?

Abu Imad: Come ho detto, il fallimento della conferenza di Annapolis viene dall’atteggiamento israeliano, che non è pronto a dare nulla ai palestinesi. Israele non è pronto a discutere di questioni essenziali che sono costanti per i palestinesi. In realtà, lo scopo della conferenza di Annapolis non è di regolare la questione palestinese, ma aprire la via alla normalizzazione delle relazioni tra l’ordine arabo ufficiale e l’entità sionista. D’altra parte, l’opposizione alla conferenza di Annapolis è cominciato, secondo me, prima  ancora della sua tenuta, con il movimento della strada, le posizioni politiche espresse da tutte le forze ed organizzazioni palestinesi, le parti arabe, le istituzioni, associazioni o sindacati arabi che hanno suonato la campana d’allarme rifiutando le concessioni supplementari e l’arretramento di fronte all’entità sionista. D’altra parte, come popolo palestinese e movimenti di resistenza, faremo fronte a questo progetto, raccogliendo le nostre forze, sul piano politico o con la resistenza. La prosecuzione della resistenza è un diritto legittimo che non può essere rimesso in discussione, è la prosecuzione della resistenza che affermerà il diritto dei palestinesi sulla Palestina, essa svelerà anche gli accordi e coloro che li firmano, poiché la resistenza nel quadro dell’occupazione israeliana, è legittima, nell’ambito della spoliazione della terra, la costruzione del muro, la confisca delle terre ad al-Quds ed in Cisgiordania, la costruzione delle colonie, del mantenimento di 6 milioni di palestinesi esiliati lontano dalla loro patria, dispersi nei paesi del mondo, è questo diritto che la resistenza manterrà vivo perché ne ha le capacità. Per quanto riguarda la conferenza a Teheran, l’invito lanciato dalla repubblica islamica dell’Iran è un gesto importante nel momento in cui il sistema arabo corre verso Annapolis volendo tagliare i legami tra la questione palestinese e la questione araba. Interviene per rimettere la questione palestinese nella sua posizione normale, affermando che la questione è quella degli Arabi e dei musulmani. Quando l’Iran chiama ad una conferenza a Teheran, nonostante tutte le pressioni e le vessazioni sulla repubblica islamica, vuole significare che se i paesi Arabi abbandonano questa causa, il mondo musulmano si deve legare maggiormente ad essa poiché è la causa dei popoli arabi e dei musulmani. Questa causa non è soltanto sacra per i palestinesi, lo è anche per gli Arabi ed i musulmani, come pure per tutti gli uomini liberi di questo mondo. Così, il ritorno della questione nel suo posto naturale, il mondo musulmano, è ciò che abbiamo per ambizione.

Cirepal: ciò vuol dire, d’altro canto, la conferma ed il consolidamento del campo della moderazione di fronte al campo dell’estremismo. Se l’Iran adotta una conferenza antitetica, sposa questa divisione. Sul piano palestinese, l’autorità palestinese ha iniziato ad agire secondo quest’equazione, e la sua enfasi può rappresentare una catastrofe per il popolo palestinese, in particolare nei territori occupati.

Abu Imad: Effettivamente, la posizione palestinese è divisa da Oslo, ed anche da prima. C’è una divisione chiara tra quelli che hanno scelto l’accordo di Oslo e coloro che hanno scelto la resistenza. Questa divisione è naturale, poiché i palestinesi sono interessati dal progetto di regolazione dei conflitti, ma altre forze ed organizzazioni hanno adottato la via della resistenza. È una realtà, ma il problema si pone quando questo conflitto politico si traduce in conflitti in loco, nello scontro armato, dovremmo fare in modo che questo conflitto politico non si traduca con un conflitto armato sul campo. Il conflitto politico esiste, e rimarrà poiché l’intesa tra le due correnti non è possibile, uno si proclama pronto a recuperare tutti i suoi diritti, anche per mezzo della resistenza, ed un altro afferma di essere pronto a fare concessioni per recuperare ciò che resta. È una logica che rifiutiamo. Dunque, il conflitto politico esiste, abbiamo dei punti di vista divergenti, la divisione tra palestinesi esiste, ma secondo me, di fronte agli Stati Uniti che provano a mostrare che nella regione, c’è una corrente della moderazione che occorre consolidare ed una corrente estremista da abbattere, chiediamo: dove sta il popolo? Chi sostiene il popolo, la corrente della moderazione nella regione o la corrente estremista? Penso che i popoli arabi e musulmani, in caso di sondaggio, affermeranno in più dell’80% che sono dalla parte della resistenza.

CIREPAL (Centre d’Information sur la Résistance au Liban)

28 novembre 2007