del Generale (CR) Daniel Schaffer, consulente internazionale sull’Asia presso EMR International ed International Focus (Fonte: Diploweb.com, trad. di G.P.)
I bisogni energetici cinesi sono diventati enormi nello spazio di alcuni anni. La Cina ha consumato nel 2004 più di 6 milioni di barili di petrolio al giorno. Ne consumava appena 5 nel 2002. A questo ritmo consumerà tra 10 e 12 milioni di barili all’inizio del 2010. Se la Cina è in gran parte autosufficiente in carbone, la sua capacità di produzione petrolifera non gli permette più di soddisfare le sue necessità, alla stregua delle altre fonti classiche d’energia di cui dispone, come l’idroelettricità ed il nucleare.
Un nuovo candidato sul mercato internazionale dell’energia
Questo è il problema che, di colpo, trasforma la Cina, a partire dal 1993, in un candidato nuovo, vorace ed offensivo sul mercato internazionale dell’energia. Se così non fosse la Cina si troverebbe in una situazione di dipendenza energetica e di vulnerabilità strategica. Per fare fronte a queste necessità determinanti, la Cina ha inizialmente praticato una politica di sfruttamento intensivo delle sue risorse interne allo scopo di limitare al massimo la sua dipendenza esterna che non cessa tuttavia di crescere. In parallelo ed in complemento, conduce una politica che la porta ad esplorare tutte le vie possibili di compensazione ed impegnarsi, con convinzione autentica, in un programma complesso di ricerca e di sviluppo sulle energie nuove ed i risparmi d’energia
I – lo sfruttamento e la redditività delle risorse nazionali
Il carbone
Attualmente, quello carbonifero è il solo settore che conferisce alla Cina un’ampia indipendenza poiché le sue riserve toccano i 115 miliardi di tonnellate. È anche un settore che gli permette di giocare sui corsi del mercato mondiale, in particolare su quello del carboncoke. Ne sono testimonianza i negoziati sino-europei che si sono svolti a Bruxelles, all’inizio del 2004, per esigere da Pechino, sotto minaccia di ricorrere all’arbitrato dell’OMC, di consegnare all’Europa le stesse quote di coke del 2003, cioè almeno 4,5 milioni di tonnellate, ed allo stesso prezzo. Per tentare di evitare la domanda europea, la Cina ha avanzato l’argomentazione delle necessità crescenti delle sue acciaierie, cosa che è in parte vera.
Pesare sui corsi mondiali del carbone
Tuttavia, l’obiettivo era veramente di pesare sui corsi mondiali, giocando allo stesso tempo sui prezzi e sulle quote. Nel 2002, la tonnellata di carbone era venduta a 79$. Essa era passata a 350$ nel primo trimestre dal 2004. La Cina esportava 15 milioni di tonnellate di coke nel 2003, cioè la metà del mercato mondiale. Nel 2004, decideva di ridurre approssimativamente di metà queste cifre, in una forchetta che andava dagli 8,5 ai 9,8 milioni di tonnellate. È con questi elementi che è iniziato il contenzioso tra la Cina e l’Europa. La Cina, tuttavia, ha accettato di cedere ma solo per quest’anno così l’emergenza di un contenzioso identico sembra prevedibile nel 2005.
Gli approvvigionamenti di petrolio
In compenso, riguardo ai suoi approvvigionamenti di petrolio, la Cina è, dal 1993, fortemente dipendente dall’estero. Infatti, le sue riserve attuali comprovate gli conferiscono soltanto una prospettiva di 9 anni di consumo. Alcuni grandi giacimenti petroliferi, come quello di Daqing, si stanno esaurendo. Quello di Xifeng, recentemente scoperto, non può, con 108 milioni di tonnellate (810 milioni di barili), che coprire soltanto 5 mesi di consumo annuale cinese dati gli attuali livelli. Nel 1999, la Cina importava 36 milioni di tonnellate di petrolio. Nel 2003, ne faceva pervenire 78. nel 2004, le sue importazioni in previsione saranno da 100 a 120 milioni di tonnellate, cifra che, in proiezione, raggiungerà 210 milioni nel 2010.
Una ricerca globale di petrolio
Per fare fronte a necessità sempre più imperiose, la Cina sta adottando una politica estremamente aggressiva, globale e polifunzionale (diritti di sfruttamento, riacquisti di società straniere, riacquisti di parti di esse, cooperazione, acquisti di concessioni) destinata a conquistare una parte sempre più elevata delle risorse mondiali. L’altro scopo è di differenziare al massimo le sue fonti d’approvvigionamento, tenuto conto dell’instabilità che regna in Medio Oriente da cui dipende attualmente al 50%. I dati in tal senso, senza peraltro pretendere di essere esaustivi, danno una descrizione di questa politica cinese di diversificazione (Tali dati, che qui non riporto per motivi di spazio, possono essere consultati al seguente link: http://www.diploweb.com/forum/schaeffer.htm , nota mia G.P.). Da questo punto di vista, il discorso terzomondista della Cina, che si dichiara il "più grande paese in via di sviluppo del mondo" e il suo totale disprezzo della legge americana d’Amato, che non sembra riguardarla, gli permette andare sui mercati di paesi a rischio come il Sudan e l’Angola. Ciò avrebbe potuto accadere anche con la Libia. Ma dobbiamo ammettere l’ipotesi secondo la quale americani e i britannici, i quali hanno subodorato che l’approccio cinese alla Libia era suscettibile di soffiare loro una parte importante delle risorse petrolifere libiche, hanno deciso di accelerare il perdono del presidente Khadafi per l’attentato di Lockerbie. Altrove, la Cina compensa parzialmente il prezzo delle sue importazioni con armamenti. È il caso dell Kuwait, dell’Egitto e dell’Iran.
Infine, occorre chiedersi per quanto tempo la Cina beneficerà di una certa immunità nei paesi a rischio, in particolare musulmani, tenuto conto delle sue attività di repressione del movimento autonomista ouighour, di cui una parte è toccata dall’attivismo fondamentalista islamico.
Gli approvvigionamenti di gas naturale
Sul piano del gas naturale, consumo e produzione interni si equilibrano dando, alla fine, alla Cina, una leggera eccedenza. Ma ha fin da ora anticipato le sue necessità future. È il motivo per cui la Cina conduce, riguardo all’estero, la stessa attività d’acquisizione di gas naturale come quella messa in atto per il petrolio. Attualmente ci sono 4 terminali destinati ad accogliere il gas naturale liquefatto che proviene dall’ Australia e altri sono in costruzione: tre sotto la responsabilità della China National Oil Offshore Corporation (CNOOC) nel Guangdong, Zhejiang e Fujian, ed il quarto, sotto la responsabilità della China Petroleum and Chemical Corporation (SINOPEC) (SINOPEC), nel Shandong.
Risorse sufficienti in combustibile nucleare
Nel settore del nucleare, la Cina non soffre per la necessità risorse estere in materia di combustibile. Con 14 miniere, le sue risorse in uranio sono in gran parte sufficienti a rispondere al suo consumo attuale, potendo prevedere serenamente uno sviluppo ulteriore dell’energia nucleare.
II – le azioni di riduzione della dipendenza energetica
Le necessità energetiche della Cina, ed in particolare quelle petrolifere, la mettono dunque in situazione di dipendenza e, quindi, di vulnerabilità strategica. È il motivo per cui compie un certo numero di sforzi per ridurre gli effetti di questa situazione ricercando formule di compensazione.
Le importazioni di "know-how"
Nel settore petrolifero fa appello ad alcuni "know-how" stranieri, in particolare per esplorazione e sfruttamento petrolifero dove, infatti, ha numerose insufficienze nelle tecniche seguenti: lo sfruttamento dei giacimenti che arrivano a fine di rendimento, lo sfruttamento dei giacimenti situati in conformazioni geologiche complesse, e quella dei giacimenti offshore. Per compensare queste lacune, si è impegnata in una politica di cooperazione internazionale sostenuta da misure che incitano gli investimenti. La preoccupazione dei cinesi resta tuttavia quello di acquisire, non appena possibile, la maturità tecnologica in tutti i settori dello sfruttamento petrolifero in cui si sentono ancora deboli. È il motivo per cui, appena controllano una tecnologia nuova e si sentono pronti a svilupparla ulteriormente essi stessi, non rinnovano i contratti di cooperazione.
A titolo di esempio la CNOOC, che ha siglato 150 accordi e contratti con 70 società straniere – che cooperano sul 35% dei siti della società cinese – garantisce solo oggi il 50% della sua produzione.
I progetti di sviluppo dell’energia nucleare
A seguito della penuria di energia elettrica che la Cina ha subito nel corso dell’estate 2003, le autorità cinesi hanno preso atto dell’insufficienza della capacità nazionale di produrre energia nucleare. Questa soddisfa oggi soltanto l’1,5% delle necessità. L’obiettivo è dunque di portare, entro il 2020, il nucleare al 4% della produzione d’energia, cosa che corrisponderà all’istallazione di 35.000 megawatt ed alla costruzione di 20 o 25 nuovi lotti. Per realizzare i suoi impianti attuali (Daya Bay, Ling Ao, Tian Wan, Qin Shan I, II e III) la Cina ha fatto appello alle tecnologie francesi, russe, canadesi. Ma, sembrerebbe che abbia deciso, nel realizzare il suo programma di sviluppo, di ricorrere soltanto a un solo fornitore di tecnologia, cosa che lascia predire una concorrenza dura tra i vari richiedenti, tra i quali l’americana Westinghouse che tenta di introdursi nell’affare proponendo la costruzione di due reattori da 1.100 megawatt. Il dossiers presentato all’amministrazione americana è in corso d’esame per l’approvazione. La decisione potrebbe arrivare alla fine del 2004 o agli inizi del 2005 (l’accordo è stato firmato il 16 dicembre 2006, nota mia G.P.).
I programmi di R&D sull’ energia
Per limitare gli effetti dei costi e dei consumi energetici, i cinesi si sono anche lanciati, in parallelo con altri sforzi, in una politica di ricerca e di sviluppo sull’ energia.
Questa si esprime in molti programmi:
– Il "Programma nazionale di ricerca e di sviluppo delle alte tecnologie", o programma 863, chiamato così perché è stato deciso nel mese di marzo 1986; uno degli 8 orientamenti fissati riguarda l’energia. Gli altri coprono la biologia, l’aeronautica, le tecnologie dell’informazione, i laser, l’automazione ed i nuovi materiali. Nel 2001, e nel quadro di questo programma, sono stati lanciati due progetti-chiave relativi ai risparmi d’energia: l’automobile elettrica, il treno a sollevamento.
– Il programma Torch (1988) di cui i 3 progetti principali hanno l’energia come tema. Si tratta delle nuove energie, del controllo delle alte energie e dei risparmi d’energia. I progetti del Programma Torch, il cui obiettivo è l’industrializzazione e la produzione in serie dei prodotti in R&D, coprono parzialmente quelli del Programma 863. Oltre ai 3 progetti principali citati, il programma Torch riguarda i nuovi materiali, le biotecnologie, l’elettronica e le tecnologie dell’informazione, l’integrazione opto-meccano-elettronica, la tutela dell’ambiente.
A seguito del lancio di questi piani, un certo numero di applicazioni concrete come la gassificazione e la liquefazione del carbone iniziano a vedere la luce, tecnologia che la Cina ha acquisito e perfezionato attraverso i suoi contatti con il Sudafrica: la società Sasol ed Eskom.
Presso Sasol, ha acquisito la tecnologia di liquefazione del carbone, e probabilmente del gas naturale con i due metodi Fischer Tropsch. Questi erano stati comperati nel 1950 presso i tedeschi e sviluppati da Sasol a partire dal 1955 allo scopo di ridurre le importazioni sudafricane di petrolio mettendo a profitto le riserve nazionali di carbone ed instaurare così le basi di un’industria chimica. Presso la società Eskom, la Cina sembra essersi anche interessata alla tecnologia PBMR (Pebble Bed Modula Reactor), reattore ad alta temperatura (HTR) raffreddato ad elio ed equilibrato alla grafite. L’università di Qinghua si è dotata di una HTR sperimentale di cui una delle applicazioni potrebbe riguardare la liquefazione del carbone poiché la fornitura di alte temperature con questo tipo di reattore apre possibilità interessanti d’applicazione nell’industria chimica. L’argomento della liquefazione del carbone in Cina, benché non sia stato fatto nessun riferimento al Sudafrica, è oggi di dominio pubblico. Essa figura nel rapporto 2001 d’esecuzione del programma 863. Il 12 marzo 2004, il governo cinese ha ufficialmente annunciato la creazione, a Shanghai, del primo centro di ricerca e di liquefazione del carbone, e la costruzione, in corso di completamento, in Mongolia, del primo centro di produzione di combustibile con liquefazione del carbone. A partire dal 2005, una prima linea produrrà 1 milione di tonnellate di combustibile e raggiungerà i 5 milioni nel 2008, con 4 linee in funzione, cosa che richiederà il cracking (piroscissione, nota mia G.P.) di 15 milioni di tonnellate di carbone. Nello stesso tempo, i cinesi rivelavano l’abbandono temporaneo di due progetti previsti nel Heilongjiang e nello Yunnan.
La creazione di riserve di combustibili
Fra le altre misure decise per circoscrivere i rischi di una dipendenza dall’estero c’è la creazione di riserve di combustibili. Nel 2002, queste avrebbero soddisfatto soltanto 15 giorni di consumo nazionale. Nel 2005, con il completamento di 4 siti di magazzinaggio, che conterranno un totale di 6 milioni di tonnellate di combustibile, obiettivo fissato dal X piano quinquennale (2001/05), la Cina disporrà di 35 giorni di consumo. Nel 2010 questa cifra potrebbe essere portata, secondo alcune fonti, tra 70 e 75 giorni. Il governo cinese si mostra più circospetto, annunciando 50 giorni soltanto. In questo settore, le difficoltà che si presentano al governo cinese sono tanto tecniche che amministrative. I cinesi devono, infatti, riuscire a dominare la tecnologia specifica delle riserve artificiali di idrocarburi e quelle di controllo degli stock. Per risolvere i problemi legati tanto alla gestione tecnica che alla gestione finanziaria è stato creato un "Ufficio delle riserve di idrocarburi".
Ricerca di giacimenti petroliferi nazionali e contenziosi territoriali
Infine, la Cina ha avviato una politica di ricerca di nuovi giacimenti nazionali, cosa che l’ha condotta a sostenere vigorosamente un certo numero di rivendicazioni territoriali sulla sua periferia, a volte molto lontana. Fra queste, ci sono le pretese sulla totalità del mare della Cina meridionale, e non soltanto sui 4 arcipelaghi presenti, come lascia credere l’informazione internazionale deformando la realtà. Oltre agli altri aspetti strategici che copre questa rivendicazione, uno di questi è l’esistenza, in questo bacino, di riserve stimate, e non provate, di 17,7 miliardi di tonnellate di idrocarburi.
Idroelettricità e problemi di vicinato
In parallelo agli sforzi compensativi condotti per coprire il deficit petrolifero, la Cina ha intrapreso una politica di sfruttamento massimo della sua rete idrografica, ne è testimonianza la diga faraonica delle Tre Gole, ma anche la costruzione di dighe sui corsi d’acqua Himalaiani, corsi d’acqua che bagnano l’Asia del sud ed il Sud-est asiatico (Birmania ed Indocina). Questa politica crea dunque problemi determinanti di vicinato con i paesi rivieraschi, spogliati nell’ approvvigionamento naturale di acqua, in particolare per la loro agricoltura. In alcuni casi, il regime cinese accondiscende a studiare il problema. Così, sotto copertura di considerazioni d’ordine ecologico, il governo cinese ha deciso, nel mese d’aprile 2004, di sospendere la costruzione di una diga sul Salween, fiume che bagna la Birmania. Sarebbe meglio tuttavia vedere in ciò un gesto verso un paese che, di fronte all’India, favorisce direttamente la strategia regionale cinese.
Sforzi verso le energie rinnovabili
Infine, la Cina porta l’accento, con più o meno buonsenso e convinzione, sulle energie rinnovabili, anche se le attività nel settore, attualmente non mostrano affatto profitti. La ricerca e lo sviluppo sulle energie rinnovabili sono parti integranti del programma 863.
Energia solare
Nel settore dell’energia solare, la produzione di pannelli solari, è cresciuta plausibilmente del 15% dal 1987, anno dell’applicazione del programma 863, al 1997, anno in cui sono state decise misure per accelerare e migliorare questa produzione. L’obiettivo è, da un lato, di ridurre i costi dei pannelli solari e della loro istallazione e, dall’altro, aumentare i rendimenti dei pannelli. Dal 10 al 13%, comunque poco rispetto ai rendimenti americani, che si aggirano attorno al 70%, l’obiettivo è di raggiungere un rendimento dal 16 al 18% in un futuro che non sembra essere ben determinato.
Energia eolica
L’energia eolica, si è sviluppata in Cina da una decina di anni. Gli impianti sono stati realizzati in province costiere ed in Mongolia, ed in altrettante province vicine alle principali zone industriali ed urbane visto che le risorse dell’altopiano tibetano non sono ancora state messe a profitto. Nel 2004, la potenza in energia eolica sarà di 345 megawatt. Il X piano ha stabilito di realizzare un impianto di 1,5 gigawatt nel 2005, lontano da un potenziale nazionale stimato di 253 gigawatts.
Biomassa e celle a combustibile
Rientrano nel programma 863 anche, gli sforzi sulle biomasse e sulle celle a combustibile. Nel primo caso, quello delle biomasse, la ricerca & sviluppo condotta nelle regioni coltivate a cereali, porta alla produzione di etanolo. Quest’ultimo è sperimentato in 3 città cinesi dal 30 giugno 2002, e la prova è stata estesa a 9 province a partire dal 2004. Nel centro-sud del paese, i cinesi hanno attuato con successo la produzione, a partire da una noce selvatica, di un diesel che risponde alla classe europea II [1). L’ambizione è di giungere alla classe III[2) tra 2 anni. La produzione prevista di questo diesel nel 2005 è di 20.000 tonnellate, piccola cifra ma tutto sommato sintomatica.
Energie maremotrici e geotermiche
Infine, se l’energia maremotrice è oggetto di alcune dichiarazioni, non sembra che all’effetto annuncio siano seguiti effette concreti mentre le risorse geotermiche, abbondanti in Tibet e sulle alture dello Yunnan, catalizzano la ricerca e la sperimentazione. Nel 1970, fu istallata una sola stazione geotermica, a titolo dimostrativo. Nel 2000, erano già 11.
In conclusione: la Cina entra prepotentemente nella concorrenza energetica internazionale
Riassumendo, la Cina ha fabbisogni enormi di energia. Tenta di coprirli con risorse proprie ma ci riesce soltanto parzialmente. In queste condizioni, è costretta ad andare sul mercato internazionale in concorrenza con paesi le cui necessità sono simili, come gli Stati Uniti, i paesi europei, il Giappone e gli altri paesi sviluppati. Ma, in alcuni casi, come il petrolio soprattutto, il gas in misura minore, queste riserve sono limitate. In queste condizioni si presentano questioni molto serie. Questo sono legate allo sviluppo della Cina di fronte ai suoi problemi energetici. Riguardano, dunque, la cooperazione economica sino-europea o anche quella sino-francese. Riguardano infine gli interessi strategici tra cinesi ed occidentali. La Cina, si chiede quali sono le sue prospettive attuali e future, in materia di riserve limitate e di necessità aumentate, in termini:
– di vulnerabilità strategica, in particolare economica, militare, politica globale, di difesa degli interessi cinesi;
– d’acquisizione di risorse d’energia e di materie prime all’estero;
– di sviluppo economico: assi, ridefinizione dei settori da sviluppare; pianificazione di progetti integrati, preservazione dell’ambiente;
– di logistica: mezzi di trasporto stradali e ferrati, condutture e gasdotti, porti petroliferi e gaziferi, sviluppo della flotta mercantile e dunque delle attività dei cantieri navali per le quali la Cina è sul punto di diventare il primo produttore mondiale già nel 2015, con 8 milioni di tonnellate;
– grandi cantieri?
Quesiti per l’occidente
In termini di cooperazione internazionale, quali prospettive si aprono per l’estero ed in particolare per l’Europa, ed ancora più per la Francia, in materia di cooperazione propriamente detta ma anche di concorrenza sul mercato internazionale: captazione delle fonti, appropriazione integrale o divisione delle risorse? Infine, quali prospettive e tensioni si aprono con la Cina in materia di mantenimento degli equilibri economici internazionali, di regolazione dei mercati delle risorse energetiche, di sfruttamento delle risorse in prossimità immediata delle frontiere cinesi (acque del Mekong ed idroelettricità; petrolio del Mar della Cina meridionale), di sfruttamento delle risorse più lontane della Cina, di protezione delle vie d’approvvigionamento, e di relazioni internazionali strategiche e politiche?
Generale (CR) Daniel Schaeffer
Notes:
Extrait de Dieselnet : http://www.dieselnet.com/standards/eu/hd.html : The European regulations for new heavy-duty diesel engines are commonly referred to as Euro I … V. The Euro I standards for medium and heavy-duty engines were introduced in 1992. The Euro II regulations came to power in 1996. These standards applied to both heavy-duty highway diesel engines and urban buses. The urban bus standards, however were voluntary.
In 1999, the European Parliament and the Council of Environment Ministers adopted the final Euro III standard (Directive 1999/96/EC of December 13, 1999, amending the Heavy Duty Diesel emissions Directive 88/77/EEC) and also adopted Euro IV and V standards for the year 2005/2008. The standards also set specific, stricter values for extra low emission vehicles (also known as "enhanced environmentally friendly vehicles" or EEVs) in view of their contribution to reducing atmospheric pollution in cities.
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