DOPO LA FARSA, CHE COSA? di G. La Grassa

E’ ben noto ormai che la storia, dopo la tragedia, si ripete in farsa. Personalmente, a partire già dal 1956, ritenevo Togliatti un “revisionista” (come si diceva allora) e un “piciista” (come dico ancora adesso). Tuttavia, era sicuramente un personaggio di spessore e levatura, uscito da pagine tragiche di storia; tragiche ma dotate di autentica grandezza (perché la tragedia ha quasi sempre grandezza, nel bene come nel male). Dopo Togliatti è venuto Longo (meno grande, ma una persona più che dignitosa comunque) e poi via via altri, tra cui Berlinguer (tanto osannato, ma già un po’ più modesto), e infine siamo arrivati a squallidi personaggi come D’Alema e soprattutto Veltroni. Qualcuno obietterà: ma questi non sono più comunisti. Se non consideravo comunista Togliatti, so bene che “questi due” non lo sono per nulla; tuttavia hanno iniziato la loro carriera politica (il primo verso la fine degli anni ‘60, il secondo pochi anni dopo) in un partito che si diceva comunista. Poi sono passati – assieme al partito in questione, che ha subito solo piccole scissioni “a sinistra” – dal Pci al Pds, poi ai Ds; infine sono entrati nell’Ulivo e quindi nell’Unione, per ultimo (ma sarà l’ultimo?) nel Pd. Il tutto senza aver mai fatto una seria rielaborazione autocritica del loro passato quarantennale. Si sono limitati a cambiare nome e “abito”, diventando il personale politico del grande capitale (come da me previsto fin da quegli anni lontani; i miei saggi di previsione uscirono nelle riviste “Ideologie” e “Che fare” fra fine anni ’60 e inizio ’70).

In questi 40 anni, con perfetta “coscienza felice”, i vecchi piciisti sono passati dalla tragedia alla farsa; ma si sono qui arrestati? No, affatto, hanno attraversato altre trasmutazioni: dalla farsa alla sceneggiata napoletana, poi al mélò della “soap opera” televisiva a puntate; infine alla cialtroneria pura e semplice. E sempre senza fare una piega, sempre con atteggiamento sprezzante e altezzoso verso gli altri, sempre sostenendo di essere stati costantemente coerenti. Hanno intessuto tutti gli intrighi possibili in politica interna come estera; l’ultima mascalzonata che faranno a giorni è il riconoscimento di un’area – in cui si è concentrata (dopo l’intervento americano, con i suoi servi europei, nel 1999) la mafia e il malaffare – quale nuovo Stato. Un vero punto strategico per il predominio statunitense in Europa (in specie orientale) e soprattutto una pistola (non la sola) puntata contro la Russia, nuovamente sulla scena come potenza in ascesa e in antitesi agli Usa.

L’odierno capo di questi cialtroneschi pidiisti – bisbisnipoti dei “tragici” piciisti – va in giro in pullman a raccontare che rappresenta il “nuovo”. Tuona e spara “balle” pazzesche come se lui fosse all’opposizione; ma fino ad aprile è ancora al governo! Si contorce perché i poveracci fanno fatica ad arrivare a fine mese; si scorda che i prezzi dei generi alimentari e le varie tariffe (gas, luce, acqua, ecc.) stanno avendo un’ulteriore, e ancor peggiore, impennata in questi ultimi mesi, senza alcun controllo del “suo” Governo (da lui incensato) che non sia la pagliacciata di Mister Prezzi (pensate solo alla stupidità dello stesso nome, invece che un serio comitato od organo di controllo del carovita). Adesso, con la scusa del freddo (di questi pochi ultimi giorni), si annunciano rialzi dei prezzi di frutta e verdura tra il 20 e il 45% (per prodotti in gran parte coltivati in serra, una vera presa in giro); e il Governo che non fa nulla è ancora quello del partito di “Uolter” (di cui il premier è presidente!). Le FFSS (anzi Trenitalia adesso) ha già aumentato i prezzi e annuncia che dovrà farlo ogni anno (per anni), senza possibilità di alcun miglioramento del servizio poiché mancano i soldi (il famoso tesoretto o extragettito ecc., se lo sono mangiato i “sinistri” con la spesa corrente per varie clientele); e Trenitalia ha al vertice un ex sindacalista Cgil, che è del Pd.

“Uolter” ulula affinché si abbassi la tassazione; ma chi l’ha alzata, se non il suo Governo? Sta candidando tutti e il loro contrario (sempre in omaggio al “ma-anchismo”): imprenditori (di vertice come Colaninno Jr.) e operai che hanno subito gravissimi incidenti sul lavoro; sindacalisti, ma possibilmente anche Ichino che non è certo sfavorevole alla legge Biagi. E via dicendo. Chi ancora sostiene che la corruzione del costume, che la cialtroneria vuota e ciarliera, che la leggerezza e assenza di contenuti di ogni azione e di ogni pensiero, sono da ascrivere al berlusconismo, è uno spudorato mentitore o un idiota di grandezza smisurata. Nessuno è in grado di eguagliare questi piciisti divenuti liberali (e liberisti) senza un minimo di spiegazione, per pura svendita di se stessi e del loro essere ceto politico (quello intellettuale è anche peggiore) che fa da stuoino ai vari grandi finanzieri, agli industriali incapaci di dare impulso e sviluppo al nostro paese, ai “palazzinari” (o costruttori immobiliari) che organizzano il (nuovo) “sacco” delle varie città (a partire da Roma).    

Basta con il gridare: “pur che non torni Berlusconi”. La preoccupazione deve essere innanzitutto: che non riescano a restare al governo questi “topi nel formaggio”, questi servi dei più nefasti e nefandi capitalisti italiani. Il Pd è il loro principale puntello; se non torna al Governo, questi parassiti finanziario-industriali non saranno (purtroppo) distrutti perché la destra è certo piena di altri “servi in attesa di servire”. Tuttavia, i Montezemolo, i Bazoli, i Profumo, il candidato “democratico” Colaninno Jr., e tutti gli altri saranno tristi, dovranno rifare i calcoli per i “nuovi acquisti”, si troveranno a disagio perché dovranno dividere il bottino con altri. Non è detto che la “torta” sarà per tutti. Ne vedremo delle belle. L’importante è che questi “cialtroni” pidiini (lontani, lontanissimi, pronipoti dei “tragici” piciisti) falliscano nel loro disegno di tornare nei “Palazzi”, assieme alla loro corte di marci intellettuali – “impestatori” di giornali, TV, editoria – vera vergogna del paese.

Non si sottovaluti troppo però il fatto che questi farfalloni, passati attraverso tutte le possibili etichette pur di vendere sempre la stessa merce avariata, gridino al “nuovo” e si fingano già all’opposizione. Questi “criminali della ragione” (il cui sonno, com’è ben noto, “genera mostri”) hanno condotto un’azione pluridecennale e capillare di “rammollimento cerebrale”, riuscendo così a tenere insieme i vecchi trinariciuti (che non si fanno ingannare dal nuovo ma, testoni come sono, pensano di essere sempre in presenza dei “difensori della Classe”) e il ceto semicolto, semintellettualizzato, dei mille nuovi lavori (in gran parte aria fritta), che corre alle mostre, al cinema, legge romanzi moderni ignorando i grandi classici, va ai concerti e ai “dibattiti”, fa viaggi più o meno esotici (per conoscere “nuove culture” in 15 giorni o “sfidare” il deserto o la giungla), ama tutti i “diversi”, l’ambiente, la macrobiotica, la medicina alternativa, le banche etiche, il no profit e tutte le varie scemenze, di cui la sinistra “politicamente corretta” ha riempito il mondo per rincitrullire il maggior numero di “neo-piccolo-borghesi” e farsi votare (non solo in Italia, certo).

Questa è la massa dei seguaci del Pd, senza se e senza ma; solo all’apparenza sembrano migliori dei “bottegai berlusconiani” (si presentano più “ripuliti” e parlano “meglio”, pur se sempre in italiano approssimativo mischiato ad inglese maccheronico); in realtà sono più pericolosi perché mantenuti, almeno in buona parte, dalla spesa pubblica (dai “tesoretti” ecc.) e capaci di far degenerare porzioni non indifferenti della collettività verso forme di ottuso e superficiale “buonismo” (la più perfetta antitesi della bontà!). Almeno i bottegai, avrebbe detto Adam Smith, ci procurano di che mangiare e vestire; questi dilapidano ricchezza, e spargono a guisa di letame la melassa della loro stupida semicultura, della loro “apertura mentale” assai simile a quella di un tombino lasciato scoperchiato. Alla larga da tipi simili; il paese va a fondo con loro. Bisogna ricreare la durezza e un pizzico di cattiveria (unita al senso morale) per rinascere infine. Non votate questa sinistra; nemmeno la presunta radicale, che ha difeso fino all’ultimo il peggiore governo della storia italiana e voleva a tutti i costi l’accordo con “Uolter” che, prima delle elezioni, li ha snobbati (ma dopo……). La destra, se me lo permettete, non è affare mio; ci penseranno altri, se hanno testa, ad indicarla al pubblico ludibrio. Ognuno si curi le “sue rogne”; ne abbiamo così tante da scrostarci di dosso che non possiamo certo pensare anche a quelle degli altri!  

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Kosovo: Isola della Tortuga

Ecco a chi si sta riconoscendo l’indipendenza, ad uno pseudostato che assomiglia “ad un’isola della Tortuga in mezzo all’Europa”. Così viene definito il Kosovo da parte di un esperto  economico italiano che lavora a Pristina, secondo una dichiarazione raccolta dal Giornale di oggi. Riprendiamo integralmente l’articolo perché è bene diffondere ciò che già si sapeva da tempo, facciamo fare alla verità il suo corso per ricoprire di onta chi si sta profondendo negli sforzi di assicurare al Kosovo il distacco da Belgrado, per ragioni molto lontane dalla sacrosanta autodeterminazione dei popoli.

I governi di Francia, Germania e Italia sono al corrente della situazione? Oppure è sufficiente che vi sia l’avvallo degli Usa per trasformare una meretrice in una suora? Quali caratteristiche ha la linea di demarcazione che divide il mondo tra rogue states e stati democratici? E’ sufficiente che tale Stato si dichiari amico degli Usa per ottenere l’aureola e la patente di democraticità?

E D’Alema cosa ha da dire rispetto a ciò? Ma, del resto, si può dar credito a chi continua a sostenere che il bombardamento della Serbia fu legittimo perché vi era in corso una pulizia etnica? (Fatto ampiamente smentito da un rapporto OCSE). La cosa peggiore è che non vi è nessuno in Italia con il coraggio di smentire D’Alema. Destra e sinistra si ritrovano perfettamente in sintonia sulla politica internazionale e non c’è proprio da sperare in uno scatto d’orgoglio da parte di questi questuanti di consenso elettorale a scadenze prestabilite.

 

Kosovo, tutto il potere in mano alle mafie (fonte il Giornale)


Ora è il quarantottesimo Stato europeo. Ma anche una specie di «Isola della Tortuga» dove prosperano traffici illeciti e corruzione

L’attività principe è il contrabbando, gestito da gruppi familiari vicini ai politici più influenti e popolari

da Pristina

«Il Kosovo è un’isola della Tortuga in mezzo all’Europa. Una specie di Stato canaglia che opera con il tacito avallo della comunità internazionale», ammette sconsolato un esperto economico italiano che lavora a Pristina. Traffici illeciti, corruzione, riciclaggio di denaro sporco sono endemici nella repubblica ribelle del Kosovo. Un nuovo Stato, il numero 48 in Europa, che fino a oggi ha funzionato secondo le regole dei grandi clan della maggioranza albanese. «L’indipendenza non cambierà di molto la situazione. Le frontiere con l’Albania, il Montenegro e la Macedonia rimarranno porose come prima», fa notare una fonte del Giornale da anni impegnata ad arginare corruzione e traffici illeciti nella zona di Pristina. «Solo chi si era alleato con la criminalità organizzata serba avrà qualche problema a gestire i traffici», spiega la fonte.
I clan si spartiscono gli affari illeciti più grossi, come il traffico di armi e della droga che arriva dall’Afghanistan, via Turchia. Un altro filone criminale è quello dei clandestini e delle prostitute provenienti dall’Est. Ogni banda si struttura sulla base dell’appartenenza a un clan e si integra con qualche esponente politico. Quest’ultimo, giunto al potere, chiude un occhio.
Il contrabbando delle sigarette è praticamente alla luce del sole: le bionde sono in vendita a ogni angolo di strada. Negli ultimi tempi le stecche, contraffatte, sono ordinate direttamente in Cina. Le dogane kosovare non sono mai state un problema e far arrivare le sigarette in Europa nemmeno. Un camion con rimorchio riesce a trasportare 4 tonnellate di sigarette di marca, ma false. Il carico vale 2 milioni di euro. Con le sigarette, si dice a Pristina, ha conquistato la sicurezza economica il clan del primo ministro kosovaro Hashim Thaci. Ex comandante dell’Uck della regione centro settentrionale guida il Partito democratico. Domenica ha proclamato l’indipendenza.
Per le armi e la droga l’intelligence segnala alleanze fra i kosovari e la criminalità organizzata pugliese, la Sacra corona unita. I carichi passano per il Kosovo occidentale, al confine con l’Albania, dove opera il contingente italiano della missione Nato. Da quelle parti comanda il clan di Ramush Haradinay. Attualmente è dietro le sbarre all’Aia. Lo accusano di crimini di guerra contro i serbi, ma in patria è venerato come un eroe. Ex primo ministro, ha fondato l’Alleanza per il futuro del Kosovo. In questi giorni campeggiano nelle vie principali di Pristina giganteschi manifesti con il faccione da bravo ragazzo di Ramush, incorniciato da un paio di occhialini. Lo slogan è eloquente: «Abbiamo bisogno di te, adesso».
Un altro pezzo grosso è Ekrem Lluka, imprenditore miliardario di Pec, dove si trova la base italiana. Nel giardino di casa gli hanno trovato una cassa con una quarantina di kalashnikov. All’Uck, il disciolto esercito guerrigliero di liberazione del Kosovo, regalò le uniformi mimetiche dell’ex Germania est. Attraverso la Elkos controlla gran parte dei trasporti di merci in Kosovo. Il colpo gobbo l’ha fatto con Ipco, il secondo gestore di telefonini aggiudicato a prezzo stracciato e con una gara più che dubbia. «Il problema principale è la corruzione», ha ammesso candidamente lo stesso premier Thaci. Inchieste sono state aperte sull’azienda pubblica Ptk, poste e telecomunicazioni, che gestisce anche Vala, la principale rete di telefonia mobile. Nel mirino degli investigatori dell’Onu c’è anche la gestione dell’aeroporto di Pristina e la Kek, la società che controlla la produzione di energia elettrica. «Guarda caso dal giorno precedente l’indipendenza non si sono più verificati i quotidiani black out di corrente» fa notare uno degli investigatori internazionali.
La capitale del Kosovo è un fiorire di cantieri grazie a un boom edilizio senza regole. Soldi, leciti e no, vengono investiti anche nelle pompe di benzina e negli autolavaggi spuntati come funghi. Per non parlare dei megacentri commerciali, ribattezzati «fake city», dove si vendono Armani, Nike e altre marchi abilmente contraffatti. Alcuni imprenditori italiani presenti in Kosovo, invece, si sono specializzati nella «frode carosello». Un complicato sistema di fatturazione che permette di evadere l’Iva e crearsi una provvista in nero. Il sistema va per la maggiore. Per automobili, argento, e perfino bestiame.