L’ERA DEI PIACIONI E’ FINITA di G.P.

 

E’ finita l’era dei piacioni. Prima è caduto malamente l’ex inquilino del Campidoglio, il quale per dare l’assalto a palazzo Chigi aveva sfoggiato mille anglicismi e farfugliato slogan americaneggianti, nonostante dicesse di soffrire il Mal d’Africa. E se Veltroni prometteva un improbabile espatrio, Rutelli si era più volte lamentato dei pasti frugali a base di pane e cicoria servitigli dai suoi alleati. Due poveri di spirito con l’istinto della rivalsa.

Ieri, anche l’ex Ministro dei Beni Culturali (uno che con l’inglese se la cava meno bene di Uolter, avendo studiato non alla scuola dei Kennedy ma alla “Dhan Ghiù School of Inglish” di Biscardi) è capitolato cedendo lo scettro di Roma  a Gianni Alemanno.

La sconfitta è di quelle brucianti perché maturata dopo un recupero, da parte dell’avversario, di proporzioni impensabili. Questa sconfitta pesa ancora di più su Rutelli se si pensa che è stato proprio “Weltroni” a spingere Ciccio Bello verso la ricandidatura al Campidoglio, nonostante quest’ultimo avesse, a più riprese, mostrato di non gradire la ripetizione di esperienze già fatte.

A quanto pare, anche i romani sono stati d’accordo con lui e gli hanno preferito “Molotov-Alemanno”, uno che, per entrare nella politica che conta, ha dovuto mettere a freno i bollori giovanili: dalle bombe incendiarie contro l’ambasciata sovietica alle “marcette romanesche” sotto i vessilli del ventennio.

Certo, quest’ultimo, sembra tuttavia persona intelligente e credo non potrà fare tanto peggio dei “Good Fellas” di centro-sinistra.

A sinistra si ritrovano così a raccogliere nuovamente i cocci di questa scriteriata  fase veltroniana, mentre già si respira aria da resa dei conti in tutto il Pd. Naturalmente l’uomo nero che aleggia alle spalle di Veltroni è sempre Massimo D’Alema, il quale reclama un passo indietro da parte dei perdenti. Diciamo pure che gli "artificieri" dalemiani non hanno mai fatto nulla per bonificare i sentieri dove Veltroni conduceva i suoi eserciti, anzi aspettavano che qualcuno mettesse il piede nel punto sbagliato.  

Dopo la sconfitta alle elezioni politiche, quelle per il posto di primo cittadino di Roma si erano caricate di grande significato, per ragioni di visibilità e di recupero di consensi a largo raggio. A ciò si deve aggiungere che nella Capitale si costruiscono intese, alleanze, cordate politico-affaristiche che valgono su tutto il territorio nazionale. Basti vedere su cosa si è fondato  il potere di centro-sinistra nella Capitale in questi ultimi quindici anni. Un trama fittissima di legami tra politica e poteri forti, i quali hanno fatto da Hub per il rafforzamento delle clientele e dei notabilati in funzione politica ed elettorale. Per esempio, intorno al Piano regolatore romano ci si contende circa 30 miliardi d’euro, che più o meno sono un’intera finanziaria. Più quattro miliardi e mezzo d’euro all’anno, provenienti da trasferimenti dello Stato nonchè  da tasse e responsioni varie. Una barca di soldi.

Si sa che il denaro è come il miele per le api o, se si preferisce la figurazione più prosaica, come la merda per le mosche. Con questi soldi i sindaci del centro-sinistra, in un quindicennio, hanno solidificato tutta una struttura di potere, distribuendo favori ed emolumenti, tanto ai costruttori che agli industriali, tanto ai finanzieri che ai “curati”. La novità introdotta da Veltroni riguardava le briciole di questi finanziamenti, che venivano altrettanto sapientemente distribuiti ai "canarini" con il becco spalancato che si premuravano di dare lustro, con opere culturali, alla figura dello sciccoso Sindaco-Poeta.

Potevano bastare le notti bianche, il cinema d’essais e le strizzate d’occhi ai centri sociali per fare dimenticare la vera natura del Centro-sinistra romano? Come ha scritto, giustamente, sul Il Giornale di domenica scorsa il giornalista Gianni Pennacchi: “Spendere in cultura e spettacoli rallegra produttori e autori di cinema e tivù, lega al proprio carro il generone romano, le tribù delle terrazze, attori, nani e ballerine…” ma non risolve i veri problemi di una città, tanto meno può calmierare gli istinti predatori dei poteri dominanti: “si parla dell’immondizia di Napoli, ma a Roma la raccolta differenziata non è mai decollata, dal 7% lasciato da Rutelli nel 2001 s’è fermata al 18% di Veltroni. Non sarà forse perché il proprietario della discarica di Malagrotta era socio del Consorzio Trattamento Rifiuti al 49% e con l’Ama, nettezza urbana, al 51%? Discariche e raccolta differenziata non vanno d’accordo, l’incompatibilità è stata riconosciuta col nuovo millennio, ma gli usi e costumi non son cambiati. Quanto siano bravi in Campidoglio a far gli interessi cittadini, lo dice in lastra di bronzo la privatizzazione della Centrale del latte sotto il segno di Rutelli nel ’97: venduta alla Cirio di Cragnotti per 80 miliardi di lire, da questi rivenduta dopo pochi mesi alla Parmalat di Tanzi per 180.


Stupidi, ingenui in affari? Non si direbbe, guardando l’incastro di scatole cinesi messo insieme, una catena di matrimoni d’interesse a stringer legami con ogni potentato. Era il rifondarolo Smeriglio, in tempi non sospetti, a definire le circa 70 aziende partecipate «carrozzoni che servono a coltivare rapporti coi poteri forti e a procurare consensi», non il consigliere d’opposizione Rampelli. Tant’è che Chicco Testa, l’ambientalista più sveglio di ogni altro verde, passato dalla presidenza Acea (acqua e luce) a quella di Roma metropolitane, conservava ben 13 poltrone in altrettanti cda di organismi pubblici e privati, tra cui Ras (assicurazioni) e Telit (telefonini israeliani). Fabiano Fabiani, colonna storica dell’Iri, presidente dell’Acea e presente nel cda di Suez Enviroment, ha perso il posto in Rai assegnatogli da Prodi e Padoa-Schioppa solo per sentenza del Consiglio di Stato che ha reintegrato Petroni. Ai vertici delle aziende di trasporto ci sono ex sindacalisti, Raffaele Morese dalla Cisl, Fulvio Vento e Stefano Bianchi dalla Cgil. Vincenzo Gagliani Caputo, segretario generale del Comune, sta nel consiglio di amministrazione o nel collegio dei sindaci di Roma metropolitane, Assicurazioni di Roma e Car S.c.p.A. Luigi Spaventa, ex ministro di Ciampi, sta nel cda dell’Acea ma è presidente di Sator group che s’occupa anch’essa di acqua ed elettricità. Paolo Cuccia, amico di Rutelli e ai vertici di Eur spa, è stato vicepresidente di Capitalia e dirigente di Abn Amro Italia. Luigi Abete presidente della Bnl e Alessandro Profumo dell’Unicredit, sono amici e sostenitori dichiarati.”

Bravo Pennacchi! Di questo precisamente si stratta, adesso vedremo però come se la caverà Alemanno e se tutto il centro-destra sarà coerente con quanto detto in campagna elettorale circa la necessità del cambiamento. Se si vogliono cambiare davvero le cose occorre tendere meno l’orecchio alle istanze di questi poteri forti e rivolgersi direttamente alle esigenze del popolo, il quale a volte è "bovino" ma mai completamente stupido.