STRATEGIE ED INTERESSI:

LE RELAZIONI DEGLI STATI UNITI CON I PAESI DELL’EUROPA CENTRALE ED ORIENTALE di Ronald Hatto (Traduzione di G.P.)

II ed ultima parte (a fondo pagina il testo integrale in pdf)

2. L’ “appello all’impero" dell’Europa centrale ed orientale

 

Questa parte dimostrerà che la strategia americana è stata sostenuta dalla maggioranza degli europei dei paesi dell’Europa centrale ed orientale. Ma, questa situazione si spiega con gli eventi drammatici del XX secolo e la memoria di questi popoli.

 

2.1 Il difficile il XX secolo europeo

 

Per la fascinazione e l’attrazione esercitate dagli Stati Uniti sulle nazioni dell’Europa centrale ed orientale, è necessario ritornare sulla storia della regione nel XX secolo. Dopo la prima guerra mondiale, gli stati che si erano trovati dalla parte dei perdenti come la Bulgaria o l’Ungheria, dovranno cedere intere regioni agli stati limitrofi che erano dalla parte dei vincitori come la Grecia e la Romania. I nuovi stati associati ai vincitori beneficiarono di clausole favorevoli nei settori della ridefinizione delle frontiere, dei trasferimenti di popolazioni e nella riorganizzazione degli eserciti[6). Questo favorì, da parte dei perdenti, un risentimento verso le potenze dell’Europa occidentale (in particolare la Francia) che è forte ancora oggi. La seconda guerra mondiale ha anche avuto un impatto negativo sui giudizi nei confronti della Francia e della Gran Bretagna da parte di stati come la Polonia o la Cecoslovacchia. Se il trattato  d’alleanza del 1921 tra la Francia e la Polonia decadde in seguito al patto di non-agressione tra Hitler e la Polonia, il 26 gennaio 1934, le cose andarono altrimenti per la Cecoslovacchia. Il 30 settembre 1938 fu firmato l’Accordo di Monaco con il quale i territori dei Sudeti furono assegnati alla Germania. Va notato che lo stesso giorno, la Polonia segnalava al governo cecoslovacco che occupava militarmente una parte contestata del territorio di Teschen. Così, l’Accordo di Monaco ha permesso lo sbranamento della Cecoslovacchia, al quale partecipò la Polonia. Quest’ultima subirà esattamente la stessa sorte un anno più tardi.

È in parte a causa di questa storia difficile tra le potenze dell’Europa occidentale e i loro cosiddetti protettori dell’est che le elite dirigenti degli stati dell’Europa centrale ed orientale non hanno difficoltà a convincere le loro popolazioni ad allinearsi sulle posizioni americane. Poiché vale il discorso per cui gli Stati Uniti sono alleati più affidabili degli europei dell’ovest. La gestione del conflitto nella ex Iugoslavia, a tale riguardo, non ha risolto nulla per l’Ue. Dopo un tentativo inutile d’intervento (proficuo nel caso della Slovenia) in Croazia, gli Stati membri dell’Ue si sono divisi sulla questione del riconoscimento delle repubbliche secessioniste della Croazia e della Slovenia prima di dovere chiamare l’ONU e la NATO alla riscossa. Infine, sono gli Stati Uniti che sono riusciti ad imporre una tregua e condurre i belligeranti al tavolo dei negoziati. Gli accordi di Dayton del novembre 1995 hanno confermato il ruolo preponderante della potenza americana nella sicurezza europea e la mancanza di coordinamento degli europei dell’ovest. L’intervento della NATO in Kosovo ha rafforzato questo stato di fatto poiché la maggior parte delle sortite aeree è stata effettuata dagli aerei dell’aviazione militare US. Inoltre, le armi degli europei mancavano di precisione. Questa mancanza di coesione e d’efficacia militare continua a minare la credibilità degli europei dell’ovest presso le opinioni pubbliche e le elite dell’Europa centrale ed orientale. Per quest’ultime, la presenza americana resta indispensabile per garantire la loro sicurezza. I fallimenti delle potenze europee tradizionali o il loro cinismo nei confronti delle potenze minori dell’est del continente, nel corso del ventesimo secolo, restano dati essenziali per comprendere la sfiducia verso l’Ue in termini di sicurezza e l’attaccamento agli Stati Uniti. Un altro elemento utile per comprendere l’influenza americana nei paesi dell’Europa centrale ed orientale è l’energia profusa da Washington per influenzare le pubbliche opinioni di questi paesi. I media come Voice of America e Radio Free Europa hanno diffuso informazioni in molte lingue durante la guerra fredda. Queste informazioni hanno svolto un ruolo importante nel rafforzamento dell’immagine degli Stati Uniti come difensore della libertà. Ultimo elemento centrale per comprendere il comportamento dei governi dell’Europa centrale ed orientale, verso la potenza d’oltre atlantico, è la presenza della Russia.

 

2.2 IL FATTORE RUSSO

 

La cortina di ferro comunista abbattutasi sull’Europa centrale ed orientale tra il 1946 ed il 1948 è stata definita "tradimento di Yalta" dalle elite anti-comuniste di questi stati. Ciò che occorre notare, è l’abilità del governo degli Stati Uniti a fare dimenticare che era esso era parte integrante di questo "tradimento" (7). Se l’"ordine di Yalta" si è trovato smantellato tra il 1989 ed il 1991 a causa della fine dello scontro tra est e ovest e del crollo dell’impero sovietico, le impressioni generali nei confronti della Russia si sono poco evolute nei paesi dell’Europa centrale ed orientale. Alcuni fattori permettono di comprendere questo stato di fatto.

In primo luogo, il carattere instabile della politica russa post-sovietica che non ha riassicurato i suoi vicini. L’attacco militare contro il Parlamento nell’ottobre 1993, ordinato dal Presidente Eltsin, dimostrava che la democrazia era poco consolidata. Inoltre, la gestione brutale del conflitto secessionista in Cecenia, a decorrere dal dicembre 1994, ha illustrato le difficoltà che incontrava il Cremlino a governare senza usare le maniere forti.

In secondo luogo, lo stato della democrazia continuava a preoccupare gli osservatori in Russia ed inizialmente i suoi vicini. La tolleranza, negli anni 1990, delle opinioni aggressive e xenofobe di un Vladimir Jirinovski, le eliminazioni di giornalisti che criticavano il potere (e che continuano ancora oggi) o l’imprigionamento di uomini d’affari senza un equo processo non danno prova della buona salute delle norme democratiche (su questi problemi pesano però i tentativi americani di destabilizzazione della Russia attraverso le provocazioni militari, la propaganda mediatica ed uno stuolo di ONG che usano la democrazia come un “cannone culturale”, NDR). Terzo ed ultimo punto, la Russia utilizza abilmente l’arma energetica per continuare ad imporsi sui suoi vecchi satelliti e fare pressione sugli europei dell’ovest. Quest’elemento non rafforza soltanto la sfiducia verso la Russia ma anche verso l’UE che sembra pronta a sacrificare gli interessi di alcuni paesi dell’Europa centrale ed orientale, come la Polonia o l’Ucraina, per garantirsi un approvvigionamento di gas e petrolio. In compenso, ciò che rischia di complicare il compito del governo americano in Europa orientale, sono le differenze di posizionamento dei suoi "alleati imperiali" verso la Russia. Se è vero che la maggior parte dei vecchi paesi comunisti diffida del grande vicino, esistono ugualmente delle varianti. Un esempio concreto fra gli altri riguarda le differenze tra la Bulgaria e la Romania. Per la Bulgaria, che è stata un alleato leale dell’URSS durante la guerra fredda, le sue relazioni con la Turchia sono caratterizzate dalla prossimità geografica e da una storia conflittuale. È dunque possibile che il governo bulgaro cerchi di fare appello alla Russia per controbilanciare l’influenza turca nella regione. Per comprendere l’adesione dei governi degli stati dell’Europa centrale ed orientale alle posizioni americane, possono essere invocate cinque categorie di argomentazioni [8).

La prima ragione si basa sull’argomentazione secondo la quale gli Stati Uniti sono un amico vicino, comprensivo ed affidabile. Il principale esempio utilizzato per giustificare quest’argomentazione è il ruolo svolto dagli americani nell’ammissione dei vecchi stati comunisti nella NATO.

La seconda ragione riguarda la percezione dell’eccellenza americana in quasi tutti i settori (potenza strutturale), che include la promozione della democrazia e della libertà. In altri termini, gli Stati Uniti sarebbero una superpotenza unica e generosa. L’attrazione esercitata dalle università private americane sui paesi dell’Europa centrale ed orientale sottolinea questa percezione.

La terza ragione del sostegno agli americani è l’anticomunismo. Durante il periodo della sovranità sovietica, solo gli Stati Uniti si sono mobilitati per controbilanciare la propaganda comunista di Mosca.

La quarta ragione è la paura della Russia. Questa ragione non riveste tuttavia la stessa importanza in tutti i paesi dell’Europa centrale ed orientale. La prossimità geografica, i legami culturali e la storia più o meno conflittuale permettono di suddividere le nazioni tra quelle che temono la Russia e coloro che si sentono poco preoccupati da essa. I baltici, i polacchi o i rumeni continuano a provare paura verso la Russia; i bulgari, i moldavi e gli ucraini sono piuttosto ambigui mentre gli Ungheresi, gli slovacchi o i cechi, senza essere partigiani entusiasti della Russia, non sono preoccupati da essa.

Infine, la quinta ragione riguarda la speranza dei vantaggi economici e finanziari che derivano da un allineamento sulla posizione americana. Sul lungo periodo, i paesi che riceveranno basi americane come la Bulgaria, la Polonia, la Romania e, in una misura inferiore, l’Ungheria, sperano tutti di beneficiare di vantaggi economici che derivano non soltanto dall’investimento nelle nuove infrastrutture militari e civili, ma anche di quelle che derivano dalle spese dei soldati americani impiegati sul posto.

 

CONCLUSIONI

 

Le politiche europee di promozione della democrazia e della sicurezza sono state spesso percepite come insufficienti dai paesi dell’Europa centrale ed orientale. Dinanzi ad una PESC balbettante, "l’appello" agli Stati Uniti per una "nuova Europa" è ovvio. Agli occhi delle popolazioni dell’Europa centrale ed orientale, le ambiguità dell’Europa comunitaria in materia d’allargamento come anche quelle nel settore della promozione della sicurezza ai loro confini, possono, a breve e a medio termine, soltanto rendere ancora più auspicabile, per questi paesi, la presenza americana nella regione. Inoltre, il vertice di San Pietroburgo del 10 febbraio 2003 tra la Germania, la Francia e la Russia ha avuto un effetto negativo, su questi paesi, per quanto concerne la "nuova Europa". In reazione alla realpolitik dell’Europa occidentale e della Russia, gli stati dell’Europa centrale ed orientale cercano di rimettersi all’equilibrio tra potenze (balance of power) invitando gli Stati Uniti a svolgere il ruolo di bilancia o di livellatore tra l’Ue e la Russia. Ciò somiglia ad una forma addolcita del vecchio equilibrio europeo del XIX secolo. Questa regione combina i due modelli cari alle analisi realistiche: il balancing ed il bandwagoning[9).

Per equilibrare l’alleanza Ue-Russia che si dispiega sopra le loro teste, gli stati dell’Europa centrale ed orientale (in particolare i paesi baltici, la Polonia e la Romania) cercano di salire sul treno militare guidato dalla locomotiva americana (to bandwagon). In compenso, le deboli ricadute economiche del reimpiego americano iniziano a farsi sentire nei commenti dell’opinione pubblica in Bulgaria ed in Romania. La gente si aspettava di veder piovere il denaro destinato a costruire infrastrutture per i soldati americani. Si trovano piuttosto con lavori da effettuare attorno alle basi già esistenti a spese dei loro governi. Ciò è del resto completamente coerente con gli obiettivi del pentagono che cercava di ridurre lo spiegamento americano e diminuire i costi di gestione. Le basi "paganti" in Europa restano dunque in Germania mentre i nuovi alleati ereditano delle basi intermedie dalle quali ricaveranno poco. Tuttavia, riguardo alla popolarità degli Stati Uniti (soprattutto nei paesi baltici, in Polonia ed in Romania), sembra poco probabile che le opinioni pubbliche cercheranno di opporsi alla presenza americana a breve e a medio termine. Quest’attaccamento agli Stati Uniti è stato in gran parte facilitato dall’ opera dei mass media e delle università americane, che hanno lavorato costantemente durante la guerra fredda ed anche dopo per sensibilizzare gli europei dell’est ai valori americani. Questa promozione del modello americano rappresenta uno degli aspetti (culturali) efficaci del “soft power”. Questa popolarità locale combinata all’efficacia della strategia integrale di Washington permetterà certamente un dispiegamento a lungo termine delle forze americane in Europa centrale ed orientale. Questo dispiegamento permetterà non soltanto al governo americano di avvicinarsi all’arco di crisi o d’instabilità ma anche di mantenere per molti anni il suo primato mondiale. Questo nuovo dispiegamento militare permetterà loro di indebolire, alla bisogna, e la Russia e l’Ue. La sfiducia dei nuovi alleati verso le capacità militari dell’Ue ed i loro timori di fronte ad una Russia più o meno democratica procurano agli Stati Uniti una posizione invidiabile di arbitro.

Ronald Hatto, Maître de conférences à l’Institut d’Etudes Politiques de Paris

 

[6] Georges Castellan, Histoire des peuples d’Europe centrale, Paris, Fayard, 1994, p. 353.

[7] Nous entendons par trahison l’abdication du gouvernement américain face à la « Déclaration de l’Europe libérée » incluse dans l’Entente de Yalta. Cette déclaration soulignait le droit des peuples libérés de la domination fasciste de créer des institutions démocratiques de leur choix. Ce principe découlait de la Charte de l’Atlantique et avait été repris dans le texte de l’Entente de Yalta publié le 24 mars 1945 par le Département d’Etat américain. Voir aussi Robert A. Garson, « American Foreign Policy and the Limits of Power : Eastern Europe 1946-50 », Journal of Contemporary History, Vol. 21, No. 3, 1986, pp. 347-366.

[8] Voir Cristian Preda, « Le proaméricanisme roumain : trahison et diffamation », Revue Internationale et Stratégique, No. 53, 2004, pp. 110-112. Les raisons présentées dans l’article expliquaient l’attachement de la Roumanie aux Etats-Unis avant le début de la guerre en Irak. Il ne fait toutefois aucun doute que ces catégories s’appliquent aussi aux autres pays de la région, hors soutien à la guerre en Irak et avec de légères modifications.

[9] L’équilibre des puissances est l’un des concepts les plus utilisés par les analystes d’inspiration réaliste. Le balancing se rapporte aux efforts visant à contrebalancer la puissance d’un Etat ou d’une alliance perçu(e) comme trop influent(e). Le bandwagoning consiste, pour les Etats plus faibles, à rejoindre un Etat puissant capable de les protéger contre une menace quelconque malgré les risques de perte d’autonomie. Il s’agit de laisser la grande puissance jouer le rôle d’équilibreur à leur place. Pour une présentation du bandwagoning, voir Randall L. Schweller, « Badwagoning for Profit. Bringing the Revisionist State Back In » in M.E. BROWN, S. M. LYNN-JONES & S. E. MILLER (Ed.), The Perils of Anarchy. Contemporary Realism and International Security, Cambridge (Mass.), MIT Press, pp. 249-284.

Copyright 20 avril 2008 – Hatto / www.diploweb.com

 

Strategie ed interessi