DOPO LE ELEZIONI DELL'11 MAGGIO 2008

UN GOVERNO PRO-EUROPEO A BELGRADO?

Di George-Marie Chenu, ministro plenipotenziario fuori ruolo

Fonte diploweb, trad. di G.P.

 

Vi proponiamo questo articolo sulla situazione politica serba che rivela il momento d’impasse istituzionale e parlamentare tra le forze politiche dopo le ultime elezioni. All’autore dell’articolo non dispiacerebbe una Serbia più moderna ma dietro la modernizzazione si nasconde, come è tipico dei tempi, la volontà di omogeneizzare il mondo sui valori occidentali (e, dunque, filoamericani). Tuttavia, il pezzo è utile a capire la composizione degli schieramenti politici in Serbia e gli scenari futuri che ne possono derivare.

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Il timore di una vittoria dei radicali alle elezioni parlamentari e locali in Serbia era così forte che l’ UE e gli Stati Uniti hanno appreso i primi risultati con un ottimismo prematuro (1). È vero che la coalizione "Per una Serbia europea", guidata dal Partito Democratico del presidente Boris TADIC, ha riportato una vittoria (39% dei voti e 102 deputati) sul suo principale avversario, il Partito Radicale della Serbia, guidato da Tomislav Nikolic (soltanto 28,6% dei suffragi e 78 deputati). (2). Nella quasi totalità delle capitali europee così come a Washington, un grido di vittoria ha salutato questo risultato inaspettato: la Serbia si stava aprendo all’Europa, alle riforme, alla cooperazione internazionale e prendeva le distanze da Mosca. La lotta tra i leaders, TADIC contro NIKOLIC, era stata vinta da quello che si dichiarava europeo, ma la maggioranza degli elettori non lo seguivano (3). il 48,2% dei suffragi è andato alle formazioni radicali, nazionalistiche, populiste e che diffidano dell’Occidente, cioè: il Partito Radicale, il Partito democratico della Serbia (di Vojislav KOSTUNICA, primo ministro uscente) ed il Partito Socialista della Serbia e soltanto il 44% è stato accordato agli "Europei"; la coalizione del presidente TADIC e i "liberali” del partito di Cédomir JOVANOVIC (5,24% dei voti e 13 eletti). Le altre formazioni, regionali o etniche, hanno ottenuto il 3,14% dei voti e 7 deputati, la maggior parte favorevole all’Europa. (4) . Innegabile ma relativa, la vittoria di TADIC è attribuita ai regali dell’ultima ora di Bruxelles: firma (sotto condizioni) dell’ Accordo di sicurezza e d’Associazione e, più determinante ancora, l’apertura gratuita e senza visto delle frontiere di 17 paesi di l’ Unione a molte categorie di serbi. Inoltre, ambienti d’affari serbi hanno temuto un isolamento economico e finanziario e gli alti responsabili anche una sospensione degli aiuti comunitari. Per lanciare il processo di costituzione del nuovo governo, la costituzione incarica il Presidente della Repubblica, Boris Tadic, di convocare per prima la formazione che ha raccolto i maggiori suffragi, vale a dire la coalizione "Per una Serbia in Europa " il cui fulcro è il partito del Presidente. Ma, nessuna delle formazioni in competizione ha ottenuto la maggioranza richiesta di 126 voti in Parlamento (250 deputati) per formare un governo. Mancano da 6 a 7 voti alla coalizione stessa collegata al partito liberale ed ai partiti etnici o regionali (102 Coalizzati + 13 Liberali + 4 o 5 altri deputati). In compenso, associandosi le formazioni radicali e nazionalistiche possono già contare su 129 voti, cioè un po’ più che la maggioranza necessaria (78 radicali +30 democratici della Serbia + 20 Socialisti + I deputati sandjaki = 129). Dopo la campagna elettorale s’ è aperta una corsa alle alleanze, animata dalla Coalizione, da una parte, e dal Partito Radicale, dall’altra parte. Immediatamente, i radical-nazionalisti hanno approfittato del loro vantaggio aritmetico per iniziare dei colloqui preliminari. Le loro tre formazioni si sono accordate su alcuni grandi principi: entrata nell’ UE, una Serbia sovrana sul Kosovo; stretta autonomia della Republika Srbska; libertà lasciata alle persone ricercate di consegnarsi al TPIY; posizionamento geopolitico tra l’Europa e la Russia. Nonostante gli sforzi di Vojislav KOSTUNICA, che si sta giocando il suo futuro politico, dell’incoraggiamento di SESEJL ricercato nella sua cellula, delle aspirazioni di una parte dell’Accademia e delle pressioni dei quadri civili, militari o economici rimasti in carica dopo la morte di MILOSEVIC, quest’accordo non si è trasformato in una piattaforma di governo, a causa delle esitazioni dei Socialisti e dei loro alleati (5). Con i suoi 20 deputati, il Partito Socialista della Serbia è "l’ago della bilancia". Alcuni dei suoi dirigenti, più giovani, pensano che sia venuto il momento di sbarazzarsi di una eredità troppo pesante (sostegno a Slobodan Milosevic, rincorsa della grande Serbia, ricorso alla forza, captazione di tutti i servizi pubblici ecc.). L’ obiettivo sarebbe di trasformare la loro formazione in un Partito moderno, sociale, aperto sul mondo. Nelle circostanze attuali, fare la scelta dell’Europa e dell’ euro-atlantismo segnerebbe una vera rottura e “sbiancherebbe” il  partito. Un incoraggiamento esterno, non proveniente dai "nemici della Serbia", faciliterebbe questo cambiamento.

Ma, Giorgio Papandreou, che presiede l’Internazionale socialista, s’ è dichiarato pronto a reintegrare i Socialisti serbi nell’istituzione se avessero guardato verso l’Europa (6). Accolto in una grande istituzione politica internazionale che è sospesa tra l’Europa e gli Stati Uniti, il vecchio partito di MILOSEVIC, convertito ai valori europei ed occidentali, diventerebbe frequentabile. (7) L’ opposizione a questa contorsione politica verrebbe da tutti gli ambienti nazionalistici e soprattutto dalla base del partito che denuncerebbe un tradimento ed una capitolazione davanti all’Occidente. Ci si può  aspettare dibattiti appassionati e polemiche violente. Le consultazioni nell’ambito dell’organismo politico potrebbero durare a lungo. Tuttavia, i Socialisti non hanno altra soluzione se vogliono sopravvivere lasciando il campo dei radical-nazionalisti. Altrimenti, rimarranno sempre i complici di MILOSEVIC e presto saranno soffocati dai radicali populisti di NIKOLIC, più pieni di iniziative. Un passo è stato già fatto, senza imbarazzo, da una delle due piccole formazioni legate ai Socialisti, "Serbia unita", che puzza di zolfo per avere avuto ARKAN come suo fondatore. Il suo attuale responsabile, Dragan MARKOVIC, ha dichiarato: " Noi non dimentichiamo i bombardamenti… ma non c’è futuro in Serbia senza una cooperazione con l’Europa… la nostra attenzione deve andare verso i giovani serbi… i nuovi investitori… la creazione d’occupazione". Per legare la Serbia all’Europa, il Partito Liberale sosterrà un governo composto dalla coalizione di TADIC e dai Socialisti, ma egli non vi parteciperà. Cédomir JOVANOVIC vuole essere l’erede del primo ministro Zoran DJINDJIC, assassinato nel maggio 2003 per avere consegnato MILOSEVIC all’Aia ed avere progettato di demolire la rete amministrativa, militare, economica e mafiosa nella quale quest’ultimo aveva rinchiuso la Serbia.

Come DJINDJIC, ricerca vere riforme; un’economia liberale, la dissoluzione dei monopoli gestiti dai gruppi di potere, la depoliticizzazione dei servizi pubblici ed un controllo del Parlamento sui servizi segreti ecc. Inoltre, diffida della Russia e non approva le modalità di accordo con Gazprom. (8)

Una gestione degli affari pubblici da parte dei democratici e Socialisti con il sostegno dei liberali, potrebbe rivelarsi un esercizio laborioso. Adesione e conversione all’Europa sono tardive, inficiate dall’opportunismo. I Socialisti faranno fatica ad accettare le conseguenze economiche del liberalismo come pure tutte le esigenze del TPIY, nonché la presa di distanza rispetto ai serbi di B-H. Sul Kosovo, TADIC è ugualmente categorico come gli altri nazionalisti; la sua indipendenza è inaccettabile e deve essere combattuta. Su tale questione, subirà il rilancio dei radicali e dei democratici della Serbia maggioritari in 20 dei 25 comuni in cui i serbi del Kosovo hanno votato. Ma, realizzerà presto che non può, allo stesso tempo, volere l’integrazione nell’Unione Europea e opporsi all’azione dell’Unione sul Kosovo (ma sarebbe meglio dire alle volontà statunitensi sulla regione, ndr); azione che andrà a vantaggio dei Kosovari, albanesi, serbi ed altri. Se non modifica il suo comportamento, entrerà rapidamente in conflitto con Bruxelles e la maggior parte degli stati membri dell’ UE. Dovrà accettare le realtà. Sempre impregnati di statalismo e desiderosi di conservare il loro elettorato popolare, i Socialisti proporranno riforme sociali protettive; salute, alloggio, pensioni, lavoro…etc. Le loro esigenze urteranno con l’orientamento social-democratico del partito di TADIC. Non è certo che il presidente TADIC, apparentemente più a suo agio nella rappresentazione che non nell’animazione di un gruppo composito, disponga dell’autorità naturale indispensabile per superare divergenze importanti. Toccherà –  al primo ministro che non è ancora stato designato – il compito di arbitrare e di decidere in un governo in cui la minoranza (20 Socialisti e 13 liberali sui banchi del Parlamento) saranno tanto più esigenti quanto più saranno indispensabili.

 

 

G. M. Chenu, Ministre plénipotentiaire.

 

Manuscrit clos le 24 mai 2008. 

       NOTES; 

 

(1) Le corps électoral  comportait 6.747 867 électeurs ( dont  51 211 à l’étranger et 91 639 au Kosovo ) . 22 formations étaient en compétition ( 11 représentant des minorités ou une région particulière ) . La participation fut de 60% . 

(2) Le Parti Radical de Serbie fut crée en 1991 par Vojislav SESELJ , présentement jugé à La Haye .

(3) A l’exception de la Voïvodine dont 38 communes sur 45 ont  donné une large majorité aux llirtes pro-européennes .  

(4) La carte politique de la Serbie est compliquée car,  le plus souvent , les  grandes formations s’associent,  en période électorale , avec des  partis pilotes . 

Ce fut le cas  pour 3 d’entre elles :  

– Le Parti Démocratique de Boris TADIC a formé une coalition  électorale  avec  le " G17 Plus " de Mladjan DINDIC ;  le " Mouvement du Renouveau Serbe " de l’inoxydable Vuk DRASKOVIC ;  la " Ligue de Voïvodine" de Nenad CANAC ;  et   le "Parti Démocratique du Sandzak " , 

 – Le Parti Démocratique de Serbie de Vojislav KOSTUNICA a  passé une  alliance avec  la " Nouvelle Serbie " de Vélimir ILIC.

– Le Parti Socialiste de Serbie d’Ivica DACIC  a  fait équipe avec le " Parti des Associations de Retraîtés " de Jovan KRKOBAHIC  et  la  " Serbie Unie " de Dragan  MARKOVIC.

Deux formations politiques  se sont présentées seules : 

– Le Parti Radical Serbe dirigé par Tomislav NIKOLIC   mais présidé par Vojislav SESELJ .

– Le Parti Libéral de Cédomir JOVANOVIC . 

(5) Officiellement ,  l’Eglise Orthodoxe Serbe n’a pas fait connaître sa position . 

(6) L’ancien premier ministre , président du parti socialiste de Grèce , PASOK, aurait   formulé  trois préalables ; reconnaissance du TPIY ; acceptation de l’ASA et  démocratisation interne du Parti socialiste de Serbie . 

( 7) A Belgrade , l’Ambassadeur de  Grande Bretagne s’est fait  publiquement l’avocat  de cette novation < " Le Parti Socialiste n’est pas destiné à toujours exister comme le parti de Milosévic ! >"

(8) La Russie ne semble pas s’alarmer de ce virage des Socialistes ni de l’éventualité d’un gouvernement " européen " à Belgrade . Moscou est solidement implanté en Serbie avec Gasprom et  le  projet de gazoduc Southsteam .