PICCOLO DOSSIER FERRAGOSTANO a cura di GLG

Ho preparato questo piccolo dossier ferragostano, che ritengo abbia la sua utilità. L’articolo de Il Riformista (giornale della sedicente sinistra detta moderata) fa capire dove si annidano i più accesi, anche se un po’ subdoli (ma alla fin fine scoperti), filoimperiali accosciati davanti agli Usa e intenti a leccare loro i piedi. Naturalmente fingendo che i repubblicani siano il male e invece i democratici di Obama il bene; quando chiunque abbia cervello capisce che le differenze sono di pura tonalità, poiché Obama è tanto imperiale quanto gli altri.

L’altro è un articolo di Foa (Marcello) sul Giornale di oggi. Si coglie perfettamente da che parte sta, non ci sono infingimenti e contorcimenti, ma sussiste quel minimo di “oggettività” di informazione – le persone intelligenti sanno che essa porta acqua al proprio mulino, se utilizzata con un certo “ordine” – per cui se ne può trarre una vera utilità, del tutto assente in articoli faziosi, distorti, di puro tentativo di screditare i sedicenti “filorussi” (“i rosso-bruni”), come quello de Il Riformista. Da questa parte stanno i filoamericani ormai sconclusionati e bassamente servili (rigorosamente di sinistra, come al solito); dall’altra un intelligente filoamericano che sa usare, e quindi fornire, informazioni reali.

Questo blog – in questo momento nella persona del sottoscritto – sta con i “filorussi”. Personalmente, poi, mi permetto di ri-congratularmi con me stesso, perché da tempo prevedevo che, almeno per l’immediata fase storica a venire – destinata ad avviarsi verso il policentrismo, cioè il multipolarismo, non però tuttora in atto, anzi ancora relativamente lontano – l’antagonista principale degli Usa sarebbe stata la Russia e non la Cina, come invece sostenevano, e ancora sostengono, tutti quelli che ragionano in termini sia rozzamente economicistici sia pensando solo alla prossima potenza dominante centrale che dovrà affermarsi nel secolo XXI. E si tratta sempre di “grandi geni intellettuali” di sinistra (spesso finti marxisti), che non si rassegnano alle analisi di medio-breve periodo, e perciò a teorie di fase; la loro “intelligenza” è “troppo vasta”, debbono come minimo abbracciare un secolo!

Comunque, noi non siamo in realtà filo-russi così come non siamo filo-cinesi; o almeno non lo sono io. Poiché nemmeno sono un antiamericano preconcetto, non ho alcun odio per gli Usa, per il loro popolo, non li considero con disprezzo come un paese che ha solo due secoli di vera storia mentre noi, oh si, noi siamo veramente carichi di storia; ed infatti abbastanza marciti. Mi dispiace, sono della generazione che è “nata” con il jazz e soprattutto con il cinema e anche la letteratura americani. E degli italiani dell’immediato dopoguerra, ho amato in particolare Pavese, Vittorini, Fenoglio, ecc. Certo, do bei punti in più alla letteratura russa (e anche a quella francese; e il mio “Olimpo” è occupato da due vertici staccati da tutto il resto: Cervantes e Leopardi); ma comunque, per me è più che notevole anche la cultura americana. Fra l’altro, sono uno che ha sempre apprezzato la corrente filosofica del pragmatismo.

Dunque, non ho nulla a che a spartire con gli antiamericani per preconcetto, per partito preso. Sono però contro l’imper(ialism)o americano, contro la “superpotenza” ancora unica, sono per un “sano” multipolarismo e anche per il nuovo inizio di un confronto più duro e ruvido; poiché sono convinto che da quest’ultimo (non ancora imminente, sia chiaro, non mi illudo) nascerà pure la possibilità di sbaraccare questo ciarpame economico e politico europeo (e quello italiano che è il più “disgustoso”) da parte di quella “terza forza” che, nell’attuale fase storica, so benissimo essere una pura “ipotesi di scuola”. Tuttavia, lo resterà sempre senza l’avvento del multipolarismo, nuova fase (non comunque fra un secolo, e credo nemmeno mezzo), in cui dovrà trovare posto e sviluppo, fra l’altro, anche la politica di potenza. Sono nettamente contrario, lo dico con franchezza, a tutti i sostenitori del “pacifismo senza se e senza ma”; per non parlare di tutte le scemenze fiorite a sinistra negli ultimi trenta-quarant’anni.

Siamo a mio avviso in un piccolo tornante di mutamento, ancora incerto; certe forze ridicole e passatiste sono in evidente apnea, alla frutta. Ecco perché è molto più positivo e informato l’articolo di Foa che non quello de “Il Riformista”. Tutti e due nella sostanza filoamericani: uno però è lucido perché sta nella fase; l’altro è scritto da “scoppiati” e dunque solo pieni di rabbia e livore, che oscurano la loro vista con il “rossobruno”. Il colore della loro banalità e perdita di presa sulla realtà: bruna per l’oscuramento dell’intelletto, rossa per la rabbia che li fa stravedere e straparlare.

Forza Russia, Ecco Il Partito Degli Amici Di Mosca

 

 Da "IL RIFORMISTA" di mercoledì 13 agosto 2008

ROSSO-BRUNI. DA BERLUSCONI A RIZZO, DA DINI A FIORE DI STEFANO CAPPELLINI Forza Russia, ecco il partito degli amici di Mosca Filorussi d`Italia: tanti a destra, tantissimi a sinistra, ma qualcuno pure al centro e in alto. Si snoda in gran parte su un asse rosso-bruno il fronte putiniano mobilitato dalla crisi nel Caucaso. Senza dimenticare però che nemmeno in questi giorni complicati il premier Silvio Berlusconi, che voleva la Russia nell`Ue, ha preso le distanze dall`«amico» Vladimir Putin, e che il più autorevole accusatore della Georgia per la crisi in Ossezia del sud è un membro della maggioran- za di governo. E che membro:

Lamberto Dini, presidente della commissione Esteri del Senato, rinverdisce i precedenti f loserbi di quando era titolare della Farnesina e si esprime così sulle responsabilità del conflitto bellico: «Non c`è dubbio che Saakashvili abbia grandemente sbagliato ad avviare in maniera irresponsabile un`azione militare che ha già provocato migliaia di morti.

L`Ossezia del Sud godeva di un`ampia autonomia che Saakashvili ha voluto drasticamente ridurre, provocando l`inevitabile reazione di Mosca». Secondo Dini sbaglia Robert Kagan, teorico neo-con, nel vedere ambizioni putiniane di Grande Russia: «Più che l`affermazione della Grande Russia, vedo una risposta alla Grande Nato. A Kagan si potrebbe rispondere che dall`angolo visuale di Mo- sca si avverte una strategia degli Usa volta a circondare la Russia con paesi partner della Nato», dice l`ex premier.

Dini è in buona compagnia a sinistra, dove non si capisce mai fino a che punto la simpatia per Mosca sia un vecchio riflesso condizionato o il frutto di un`analisi aggior- nata. Marco Rizzo, il più putiniano tra i comunisti italiani, la mette così: «Putin è obbligato a comportarsi come ha fatto, perché se non lo facesse lui, lo farebbero altri». Altri chi? «I comunisti, che restano la seconda forza del paese e vincerebbero le elezioni a mani basse se Putin non reagisse all`aggressività delle nazioni filoamericane che ormai circondano il confine russo». Chiamiamolo marxismoputinismo:

«Putin – dice Rizzo – ha messo fine al processo di occidentalizzazione e al capitalismo di rapina degli anni di Eltsin, restituendo al paese quelle risorse energetiche strategiche che gli oligarchi si erano accaparrati». La posizione dell`europarlamentare del Pdci non è quella ufficiale del partito (il segretario Diliberto, in ferie all`estero, parlerà al ritorno), ma non è certo isolata. Bastava sfogliare Liberazione di ieri: Giulietto Chiesa, collega di Rizzo a Strasburgo, intervistato dal quotidiano di Rifondazione difendeva la Russia su tutta la linea e definiva «una vergogna mondiale» il comportamento dei media internazionali in gran parte schierati con la Georgia. Non si stupisce il trotzkista Marco Ferrando, leader del Pcl, solidale con gli osseti del sud ma insensibile alle ragioni del marxismo-putinismo:

«Ci sono pulsioni staliniste sopravvissute alla fine dell`Urss. C`è chi a livello subliminale è convinto che la politica neoimperiale di Putin contribuisca a rispolverare le glorie del passato».

Gianluigi Pegolo, principale esponente della corrente ultracomunista che ha permesso a Paolo Ferrero di insediar- si alla segreteria del Prc, non ci sta a passare per nostalgico, «ma – spiega al Riformista – non c`è dubbio che è la Georgia ad aver rotto l`equilibrio in una regione in cui da anni è in atto il tentativo di erodere le basi di sostegno politico della Russia. Qui si gioca col fuoco». Ferrero, per parte sua, non accetta la logica del tifo: «Questo tra Usa e Russia è uno scontro di potenze al quale bisogna rispondere rilanciando le ragioni del disarmo e dei movimenti pacifisti». Ma per il leader di Rifondazione le responsabilità americane e quelle russe pari non sono:

«Si cominciano a raccogliere i frutti avvelenati della politica inaugurata dagli Stati Uniti sul Kosovo e sull`allargamento a est della Nato. Si è scelto di destabilizzare il diritto internazionale, e la colpa è degli Usa. Ma li dobbiamo sconfiggere noi, non delegare il compito a Putin, che di sinistra, peraltro, non ha nulla».

A destra del Pdl, al contrario, più d`uno sarebbe felice di delegare la missione anti-yankee alla Grande Madre Russia.

Roberto Fiore, segretario di Forza Nuova ed europarlamentare, chiede a Strasburgo di «riconoscere formalmente le richieste dell`Ossezia e condannare la violenza della Georgia nonché le interferenze statunitensi nella zona». Casapound, centro sociale romano vicino alla Fiamma tricolore, in un comunicato piange «duemila morti e trentamila profughi». «E questo si legge – il risultato dell`aggressione portata dalla Georgia a danno della popolazione dell`Ossezia del Sud, la cui unica colpa è quella di essere di etnia russa e di voler un ricongiungimento con la madre patria». E se guerra deve essere, commenta il sito noreporter.org, la risposta di ultradestra a Indymedia, «bisogna augurarsi che la vincano i Russi».

 

 

  Usa e Russia di nuovo nemici, ecco la nuova guerra fredda

di Marcello Foa

  Strumenti utili

Per i giornali è una nuova guerra fredda. Mosca e Washington preferiscono parlare di crisi. Di sicuro sarà lunga e a ruoli invertiti. Dal crollo dell’Unione sovietica del 1991 alla Rivoluzione arancione in Ucraina del 2004, ha vinto la Casa Bianca, ma poi il Cremlino è risorto e con l’intervento nell’Ossezia del Sud ha costretto il mondo a prendere atto della sua ritrovata grandezza. Certo, la Russia non è una superpotenza, non ancora perlomeno; gli Stati Uniti, invece, sì. Ma la competizione ora è riaperta. In questa analisi in sei punti spieghiamo come e con quali prospettive.

Obiettivi geostrategici
I problemi odierni dell’America trovano origine nella guerra in Irak, che doveva essere rapida e facilissima; invece si è trasformata in un tormento che ha assorbito enormi risorse. Poi, nel 2005 è emersa la questione del nucleare iraniano, che ha costretto Bush a focalizzarsi ancor di più sul Golfo persico e in genere sul Medio Oriente. Tutto il resto è passato in secondo piano. La Russia, invece, si è dedicata a un obiettivo prioritario: ristabilire la propria influenza lungo i confini dell’ex Urss e in particolare in Georgia e in Ucraina passate sotto l’ombrello statunitense.
Mosca ha usato l’arma del ricatto energetico, varato sanzioni economiche, accentuato le pressioni politiche; ma solo nel 2008 ha trovato il modo per concretizzare la sue mire, paradossalmente grazie all’Occidente. La parola chiave è: Kosovo. Il 17 febbraio 2008 è caduto un tabù, perlomeno nella Vecchia Europa: per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale la secessione da uno Stato sovrano è avvenuta con l’intervento risolutivo di potenze straniere. Un passo a cui il Cremlino si è opposto, nel timore che lo stesso possa accadere all’interno della Federazione russa (che è un mosaico di etnie e religioni); ma che nell’immediato gli ha offerto l’opportunità di intervenire nell’Ossezia del Sud e dunque di ribadire la propria importanza nell’area. La Georgia è spaccata in due, impoverita, demoralizzata e, soprattutto, difficilmente sarà ammessa nella Nato. Non è tornata ad essese russa, ma non è più del tutto americana.
Potenza militare
In termini assoluti non c’è confronto. Nonostante la retorica bellicosa di Putin, le Forze armate russe appaiono in enorme ritardo rispetto a quelle americane. Per quindici anni Mosca ha destinato risorse irrisorie al budget della Difesa, mentre l’America ha continuato a investire tra il 3 e il 4% del prodotto interno lordo. Il Pentagono oggi dispone di armamenti sofisticati e all’avanguardia. Ma paradossalmente la supremazia tecnologica risulta ininfluente quando occorre affrontare la guerriglia (come in Irak) o difendere un alleato in uno scontro d’artiglieria (come in Ossezia del Sud). La Russia ha invaso parte della Georgia con molti carri armati di vecchia generazione, ma ha dimostrato di saper combattere molto bene una guerra tradizionale come quella di terra.
Credibilità con gli alleati
Nel lungo periodo questo è il danno più grave per gli Stati Uniti. Fino ad oggi l’alleanza con l’America era considerata una sorta di polizza; anzi, uno scudo. Inviolabile. Per i Paesi membri della Nato verosimilmente continua ad essere tale, grazie all’accordo di mutua difesa, ma al di fuori del Patto atlantico non più. A Tbilisi operano regolarmente 130 consiglieri militari e nei giorni scorsi si erano appena concluse esercitazioni militari americano-georgiane; eppure Bush non ha potuto far niente per fermare i russi, dando una preoccupante prova di impotenza. Al contrario, Mosca per la prima volta dall’invasione del 1978 in Afghanistan, è intervenuta militarmente in un altro Paese, attestando di saper nuovamente usare la forza per difendere i propri interessi. L’effetto è doppio: la parola di Washington non è più attendibile, quella di Mosca sì e fa paura. Il prossimo obiettivo potrebbe essere l’Ucraina, altro alleato degli Usa. Come reagirà la Casa Bianca?

Potenza economica
La crisi dei mututi subprime ha messo in seria difficoltà l’economia statunitense. Più in generale la salute finanziaria degli Usa è traballante, a causa del deficit commerciale e di quello interno, coperto grazie agli investimenti stranieri (soprattutto cinesi e giapponesi). I consumatori hanno sofferto per il boom dei prezzi del petrolio, perché il Paese ricorre ampiamente alle importazioni di greggio. La Russia, invece, che dieci anni fa era in bancarotta, oggi grazie alle ingenti esportazioni di gas e di greggio è in crescita esponenziale, non ha più debiti con l’Occidente ed è diventato un Paese creditore. L’America arranca e dipende dall’estero, la Russia è in salute e sempre più autosufficiente.
Intelligence
I servizi segreti americani sembrano essere in profonda crisi: hanno sbagliato in Irak, sottovalutato la rinascita talebana in Afghanistan e l’otto agosto scorso si sono lasciati sorprendere dagli eventi: il presidente georgiano Saakashvili ha verosimilmente agito a loro insaputa e la Cia non ha visto i preparativi militari russi al confine osseto. L’Fsb, erede del Kgb, dopo anni di sconfitte ha dimostrato di essere di nuovo efficace, perlomeno nel cortile di casa.
Stabilità di regime
La Russia ha appena risolto le incertezze legate al dopo Putin: il Parlamento, rinnovato a dicembre, è dominato dal Partito putiniano Russia Unita, mentre al Cremlino è appena stato eletto Dmitri Medvedev, affiancato dallo stesso Putin, ora primo ministro e di fatto presidente ombra. Negli Usa, Bush è a fine mandato, mentre il suo successore verrà eletto in novembre, ma assumerà i poteri solo nel gennaio 2009. I poteri russi sono consolidati, l’America invece per altri cinque mesi sarà in transizione. La nuova guerra fredda inizia sotto il segno del Cremlino.