GUARDATE I CONSIGLIERI DI OBAMA a cura di GLG
Riportiamo oggi un interessante documento, in cui sono indicati i consiglieri di Obama; tutti quelli dell’era Clinton. Ciò è una lampante dimostrazione, se ce n’era ancora bisogno per qualche ritardato, che il candidato democratico non rappresenta alcuna reale differenza di carattere strategico rispetto a quello repubblicano. Del resto, le dichiarazioni fatte da Obama in Israele e Palestina – non si tratta nel modo più assoluto con Hamas, Gerusalemme capitale dello Stato di Israele, ecc. – erano del tutto chiare in proposito. D’altra parte, perfino i repubblicani hanno capito che occorrono profondi mutamenti di politica internazionale dopo quanto accaduto negli ultimi tre-quattro anni. La vecchia strategia non era solo diretta, come un economicismo deteriore poteva far pensare, all’acquisizione del controllo di zone “semicoloniali”, ricche in fonti di energia. In realtà, secondo quanto affermato in documenti strategici americani – uno dei quali è stato da noi pubblicato – gli Usa sono molto attenti alla complessiva visione geopolitica; e dunque a quale avversario globale si profilerà infine davanti a loro, poiché essi, a differenza dei nostri rimasugli comunisti e antimperialisti, sanno che i pericoli possono arrivare realmente solo dalla loro perdita di controllo globale e dall’avvicinarsi – che anch’essi danno per quasi scontato – di una nuova fase policentrica o multipolare; non certo dalla sola lotta di una ormai esangue “resistenza” irakena, o da Hamas o dagli Hezbollah; e nemmeno dai talebani, in sé e per sé considerati.
Qui casca l’asino, come suol dirsi. Perché, per oltre un decennio, la strategia americana si è basata sull’ipotesi della Cina come nuovo gigante in gestazione. Almeno dal 2004, tutto è cambiato perché è tornata in scena la Russia , che è in questo momento il “nemico” da contenere e accerchiare nuovamente. L’ultima “ciliegina” (Georgia, Ossezia, ecc.) ha dato un colpo di barra forse non definitivo, comunque assai rilevante. Quindi, lo ripeto, anche i repubblicani, se vincessero le presidenziali, dovrebbero mutare la politica internazionale statunitense. La differenza tra Obama e McCain è perciò sempre più sfumata. Non è quindi un caso che tornino in scena, con Obama, i consiglieri clintoniani dell’epoca dell’aggressione alla Jugoslavia, operazione già allora diretta contro la Russia , pur se quest’ultima non era ritenuta troppo pericolosa; si era solo intenzionati ad assegnarle quello che era pensato quale colpo decisivo e finale per ridurla al rango di potenza stabilmente succube.
Gravissima è la funzione di “stuoino” assunta ormai dall’Europa, in particolare dai suoi maggiori paesi. Lasciamo perdere l’Inghilterra, che si sa bene quale ruolo ricopra di “quasi Stato” degli Usa; grave invece la posizione di Francia e, ancor più, di Germania. La Merkel , recatasi a Tblisi, si è assunta il compito di fungere da portavoce della Nato, creatura tutta americana, dando garanzie a Georgia e Ucraina circa la loro entrata in questa associazione tra complici dell’aggressione e del tentativo di accerchiamento della Russia. Avesse parlato di entrata nella UE, già sarebbe stato grave; ma no, la Merkel si è spesa per l’ammissione dei due Stati-satellite degli Usa all’alleanza militar-aggressiva. E’ evidente l’ormai totale mancanza di una qualsiasi autonomia di quest’area di puro “servizio logistico” alla potenza predominante e imperiale.
Tutto questo avviene nel mentre ci sta logorando una brutta crisi, al momento di stagnazione, che esigerebbe una vera indipendenza da parte nostra. Ogni giorno cambiano le prospettive. Fino a pochissimo tempo fa, era dato per scontato che il prezzo del petrolio sarebbe continuato a crescere fin oltre i 200 dollari il barile; anzi si parlava magari di 250 e perfino di 300. Adesso, per il momento, tale prezzo è in chiara e rapida discesa. Il dollaro doveva continuare ad indebolirsi rispetto all’euro, e invece si è rafforzato negli ultimi giorni. Soprattutto, fino ad un mese fa, si prevedeva che la crisi sarebbe stata di gravità nettamente superiore negli Usa, mentre l’Europa se la sarebbe cavata meglio (queste le previsioni anche del Leap di cui abbiamo riportato spesso nel blog le analisi). Adesso, tutto mutato; si sostiene che se la stanno cavando meglio gli Stati Uniti, mentre i principali paesi europei sono a grave rischio. In testa la Spagna , quella del “miracolo economico” degli ultimi anni, in crisi nera; poi, subito dopo, la Germania , la cosiddetta “locomotiva europea”. Ma c’è “speranza” di ulteriori mutamenti di prospettiva; i dati di ieri (19 agosto) sull’economia americana – e il pericolo di un bel “botto” della Lehman Brothers – hanno riportato in auge la crisi americana, soprattutto sul fronte di una pesante stagflazione (con inflazione in netta crescita).
Il vero fatto è che questi grandi “tecnici” ed “esperti”, arrivati al dunque, non ci capiscono nulla. Mi piace riportare una riga di Marx circa il “modo di produzione capitalistico nel quale la regola si può far valere soltanto come legge della sregolatezza, operante alla cieca” (corsivi miei). Ma i “guru”, gli economisti – che siano neoliberisti o neokeynesiani non ha alcuna importanza – sono dei solenni presuntuosi; sparano del tutto contraddittorie “sentenze” in forma di paludati discorsi corredati del loro inutile sapere meramente tecnicistico: e il tecnico, per quanto ottimo, ha un intelletto limitato, manca della più elementare capacità di spiegare i processi, crede solo alle virtù taumaturgiche di formulette che ritiene già collaudate (e magari premiate con il Premio Nobel). Al dunque, quando avanza la reale fase policentrica – vera causa profonda dell’affermarsi della “legge della sregolatezza”; più volte ho assimilato tale fase all’urto tra profonde falde tettoniche, i cui sconvolgenti effetti di superficie sono i terremoti e maremoti – tutte le sue formule e previsioni saltano, e il tecnico brancola sparando ogni giorno una previsione contraria a quella del giorno prima.
Siamo in mano ad irresponsabili; e i politici europei non sono da meno con il loro catastrofico servilismo nei confronti degli Usa. Credono così di ingraziarsi il “padrone” statunitense e di situarsi nella migliore posizione di servizio rispetto ai “concorrenti”. Non otterranno grandi risultati. Occorre un profondo ribaltamento degli equilibri politici in Europa. Non sarà un processo breve, ma a questo ci si deve dedicare, smettendola con il miserabilismo e la ristrettezza di visione politica di tutti questi antiamericanisti puramente culturali, o che credono che gli Usa siano il Male mentre magari Russia e Cina, o invece Iran, Hezbollah e i palestinesi sono il Bene. Puri manichei, faziosi, pronti a vedere tutto oro da una parte e tutto fango dall’altra. Occorre mettere la politica al primo posto; una politica come quella propugnata dal Machiavelli, non quella di coloro che fanno le “crociate” credendo di stare “dalla parte giusta”, cioè quella della giustizia, della pace e armonia universali, della fraterna cooperazione tra uomini, ecc. ecc. Per questi motivi, ritengo una perdita di tempo discutere con i pacifisti, i decrescisti, gli ambientalisti, i “no a tutto”, gli ipocriti che fingono di tanto amare i “diseredati”, quelli che piangono finte lacrime amare sui “diversi” (consegnandoli così alla loro diversità). Dobbiamo porci da tutt’altra parte, e al più presto.
Non solo Brzezinski: i consiglieri di Obama
(FONTE: mirumir.altervista.org)
Prima parte:
Sorpresa! … Quelli di Obama sono quelli di Clinton
Il candidato democratico alle elezioni presidenziali, il senatore Barack Obama, ha recentemente presentato il suo Senior Working Group sulla Sicurezza Nazionale, che include gli ex consiglieri di Bill Clinton Anthony Lake, Warren Christopher e Madeleine Albright. L’analista di Real News Network, Pepe Escobar, esplora le vere visioni di Barack Obama in materia di politica estera, spiegando che questo gruppo di nomi legati a Clinton ci dice molto sulla vera visione del mondo di Obama.
Sen. Barack Obama: Con questa elezione si prenderà una decisione chiara. John McCain vuole continuare la politica estera di Bush e Cheney. Io voglio girare pagina. Invece di aderire ad una ideologia rigida, voglio tornare alla tradizione pragmatica della politica estera americana, che è stata portata avanti in maniera così abile dalle persone in questa sala, una politica focalizzata ad usare tutti gli elementi del potere americano per proteggere il nostro popolo e avanzare i nostri interessi.
La vera politica estera di Obama
Pepe Escobar: Questo è Barack Obama mentre presenta il suo Senior Working Group sulla sicurezza nazionale. E: sorpresa! I clintoniani sono tornati. Questo è il segreto di Pulcinella della campagna estremamente pragmatica di Obama: quelli di Obama sono gli stessi di Clinton. Bill Clinton e i suoi consiglieri non erano certo dei pacifisti. La decisione di Clinton di bombardare
Chiunque si intenda un po’ di Iraq sa che quando Hussein Kamel, sposato ad una delle figlie di Saddam Hussein, scappò in Giordania nel 1995, disse agli ispettori delle Nazioni Unite che Saddam aveva chiuso il programma iracheno di produzione di armi di distruzione di massa. Ma Clinton e i suoi consiglieri continuarono a dire al mondo che Saddam aveva armi di distruzione di massa.
Questo è Clinton, nel dicembre 1998, che seguendo le raccomandazioni unanimi del suo gruppo di sicurezza nazionale, ordinava che gli Stati Uniti attacchino i programmi iracheni di produzione di armi nucleari, chimiche e biologiche e la sua capacità militare di minacciare gli stati confinanti. E badate alle mie parole: lui svilupperà armi di distruzione di massa, le dispiegherà, e le userà. Oggi stiamo agendo perché in futuro sia meno probabile trovarsi di fronte a questi pericoli.
Quello che Clinton e i suoi volevano è quello che alla fine Bush ha ottenuto: il cambio di regime.
Clinton: La maniera migliore per mettere fine a questa minaccia una volta per tutte è con un nuovo governo iracheno. I consiglieri di Clinton erano convinti tanto quanto il loro presidente sul fatto che, se lasciato senza controllo, Saddam Hussein avrebbe usato queste terribili armi di nuovo. Tranne per il fatto che non c’erano armi. Se Obama si fida di alcuni di questi personaggi che hanno consigliato Clinton negli anni Novanta, non farà ciò che sta promettendo nella sua campagna. Questo è Obama in Iowa nel novembre 2007: “non voglio passare il prossimo anno, o i prossimi quattro anni, a combattere nuovamente le stesse battaglie che abbiamo combattuto negli anni Novanta”.
Negli anni Novanta era Bill Clinton a personificare una visione di cambiamento? Non esattamente. Clinton decise di espandere
Ora vediamo chi sono quelli di Obama, o per meglio dire quelli di Clinton.
Anthony Lake, ex consigliere per la sicurezza nazionale e invitato speciale della Casa Bianca, è attualmente professore alla Georgetown University. Non è un realista come Brzezinski. È stato un grande sostenitore della strategia di contenimento, ma è più vicino all’opzione di usare tutti i mezzi possibili per arrivare alla democrazia. Secondo lui, o democrazia o niente.
Warren Christopher è un ex segretario di stato di Clinton. Definiva
"Morbido" non è esattamente la parola che viene in mente quandosi pensa a Madeleine Albright, ex segretaria di stato di Clinton e ambasciatrice alle Nazioni Unite. Fino a qualche giorno fa era consigliera di Hillary Clinton. In un articolo sul numero di settembre/ottobre 2003 di "Foreign Affairs" Albright scriveva: "
Madeleine Albright: Come il presidente Clinton ha detto, gli Stati Uniti devono portare la propria evidente parte di responsabilità per i problemi che sono nati nelle relazioni statunitensi-iraniane.
Ma non ha mai chiesto scusa agli iracheni per quello che ha detto alla CBS News nel maggio 1996. Alla domanda se la morte di mezzo milione di bambini iracheni a causa delle sanzioni imposte da Stati Uniti e Nazioni Unite (più che ad Hiroshima) fosse un prezzo giusto da pagare, Albright disse "Io penso che sia una scelta molto dura, ma credo che il prezzo pagato sia giusto". Altri nomi nel gruppo di consiglieri di Obama includono un elenco di personaggi con interessi particolari, e anche alcuni di quei consiglieri interni di Washington denunciati vigorosamente da Obama stesso nel corso della sua campagna. Per incontrarli, seguite la seconda parte di questa inchiesta.
Seconda parte:
Possiamo credere nel cambiamento?
Escobar: Continuiamo a conoscere i consiglieri recentemente nominati da Barack Obama. Questi consiglieri di Obama, ma a dire il vero di Clinton, consiglieranno Obama su come gli Stati Uniti dovrebbero rapportarsi col resto del mondo. James Steinberg era consigliere per la sicurezza nazionale di Clinton. Secondo il "Wall Street Journal" è coautore del discorso tenuto da Obama al congresso dell’AIPAC a Washington, discorso che ha fatto infuriare il mondo arabo. In un articolo pubblicato dall’"American Interest", scritto assieme a Ivo Daalder, Steinberg sembrava John McCain. "L’unilateralismo non è l’unica alternativa al Consiglio di Sicurezza dell’ONU: le organizzazioni regionali e una nuova coalizione di stati democratici offrono modi per legittimare l’uso della forza quando il Consiglio non riesce a far fronte alle proprie responsabilità."
David Boren è stato definito "mio mentore da una vita" nel 2003 dall’ex capo della CIA George Tenet. Era molto vicino anche all’ex direttore della CIA Robert Gates, nei fatti ha aiutato la nomina di Gates.
Richard Danzig era segretario della marina, e ha incoraggiato Clinton a investire ricerche sulla guerra biologica a scopo offensivo.
Gregory Craig è un avvocato da superprocessi. Era direttore del dipartimento di stato nell’ufficio di pianificazione di Clinton, e anche coordinatore della politica statunitense sul Tibet.
Lee Hamilton è ex capo del comitato degli affari esteri. Ma soprattutto ha codiretto il comitato di investigazione sul caso Iran-Contras, l’Iraq Study Group e la commissione sull’11 settembre, che per molti americani non ha risposto alle questioni chiave. Hamilton ha la fama di essere un insider molto importante, un Saggio di Washington, ma non aspettatevi che renda noto nulla di controverso per l’amministrazione.
Tim Romer era membro della commissione sull’11 settembre e ha votato a favore dell’invasione dell’Iraq di Bush.
Eric Holder è stato nominato da Ronald Reagan giudice associato dello stato di Washington, e nel 1997 Clinton lo nominò vice ministro della giustizia.
E poi c’è l’ex senatore Sam Nunn, ex capo del potente comitato senatoriale sulle armi. Si dice possa essere un possibile compagno di corsa di Obama. Nunn è impegnato sul fronte della minaccia nucleare [iraniana], descrivendo con preoccupazione lo scenario più drammatico: terroristi dotati di armi nucleari acquistate sul mercato nero. Ma riguardo all’Iran sembra piuttosto disinformato. Ecco quello che ha detto durante un’intervista con Charlie Rose nel giugno 2007:
Nunn: Gli iraniani, da quello che leggo, e non dispongo di informazioni secretate al proposito, pensiamo siano a due o tre anni dall’avere la capacità di produrre abbastanza materiale nucleare per costruire una bomba atomica.
D’altra parte Nunn ha delineato quella che ora sembra la politica di Obama sull’Iran: diplomazia, e non la possiblità di usare ogni opzione disponibile, come dice Bush.
Nunn: Perché non l’abbiamo fatto, mi chiedono. Perché non abbiamo voglia di parlare all’Iran sul problema nucleare? Non capisco nemmeno questo […] Questo è quello che faremo con gli iraniani: gli parleremo direttamente. Risolverà il problema? Ne dubito. Se hanno un programma che va avanti dai tempi dello Scià e hanno parlato di questo con i russi, ed è per quello che i russi sono rigidi sull’Iran, vi diranno "Perché non siete stati rigidi con lo Scià quando c’era, e avete cooperato con gli iraniani in quel programma nucleare?"
William Perry era segretario della difesa di Clinton, e ha ristrutturato l’industria della difesa statunitense. Ha lavorato come consigliere della Martin Marietta prima di Clinton.
Susan Rice era assistente del segretario di stato dell’amministrazione Clinton. Quelli che sospettano che la politica estera di Bush non sia fondamentalmente diversa da quella di Clinton dovrebbero sentire ciò che
Rice: Io penso che il governo americano sia stato chiaro sin dal primo governo Bush riguardo la minaccia che l’Iraq e Saddam Hussein pongono. La politica statunitense è stata quella del cambio di regime per molti anni, a partire dall’amministrazione Clinton. Quindi è una questione di tempo e tattiche, quindi non abbiamo necessariamente bisogno una nuova risoluzione del consiglio prima di mettere in atto la risoluzione precedente.
E questo è quello che ha detto all’NPR il 6 febbraio 2003 riguardo Colin Powell:
Rice: Io penso che abbia dei dubbi riguardo il fatto che l’Iraq abbia armi nascoste, ma non penso che invece molte persone informate ne dubitino.
Rice è incaricata del cosiddetto piano "pragmatico" di controterrorismo di Obama, che secondo lei dovrebbe, cito, "prosciugare il bacino del supporto agli estremisti", in parte sostenendo negli Stati Uniti i valori che gli Stati Uniti predicano nel mondo.
Obama: Rifiuto di essere rimproverato riguardo la sicurezza nazionale da parte di persone che sono responsabili delle più disastrose decisioni di politica estera della storia recente degli Stati Uniti.
Quindi per contrastare questo disastro creato dalle decisioni di politica estera, Obama è ricorso ad una galassia di addetti ai lavori dello "smart power". Dunque i nomi dei consiglieri sull’elenco del gruppo di lavoro di Obama sulle questioni estere non sembrano avere una visione molto chiara del diritto internazionale, a voler essere generosi, e alcuni sembrano non essere avversi alla guerra, almeno in termini di imperialismo umanitario, come nel caso dell’ex Jugoslavia.
Un terzo governo Clinton versione remix non sembra esattamente un primo passo radicale per distanziarsi dalla politica estera imperiale di Bush e Cheney. Gli americani si porranno di sicuro una domanda: possiamo veramente credere nel cambiamento?