LA CHIUSURA DELLE BORSE? FORSE LA SOLUZIONE MIGLIORE

G.P.

 

La scorsa settimana su Liberomercato Oscar Giannino ha ricordato un episodio storico molto interessante, riguardante la chiusura del NYSE (New York Stock Exchange) nel 1914. All’epoca gli americani, molto meno combattuti tra spettri ideologici mercatisti (i quali gli erano più che altro imposti dall’Inghilterra, quale potenza ancora dominante) e prosaiche ragioni di difesa della propria economia, chiusero la propria borsa per quattro mesi, dalla fine luglio alla fine di novembre dello stesso anno, a causa del timore di veder prosciugate le proprie riserve auree (ricordiamo che era in vigore ancora il sistema della convertibilità aurea delle valute e che nel ’14 “con l’inizio della Prima Guerra Mondiale, la piena convertibilità del denaro in oro venne abbandonata, ad eccezione degli Stati Uniti, rimanendo, invece, coperta solo una frazione del circolante. La riduzione della riserva aurea al di sotto del 100% consentì infatti un incremento della base monetaria per finanziare la spesa militare”) [da Wikipedia].

La crisi ebbe inizio il 27 luglio 1914. La vendita di dollari per sterline sul mercato valutario straniero, e l’aumento del tasso di cambio a $ 4,92 per pound, quattro centesimi al di sopra del punto di esportazione dell’oro, fece iniziare l’emorragia. Il 31 luglio 1914, Il Segretario del Tesoro americano McAdoo chiese al NYSE di chiudere. Se gli stranieri non potevano vendere gli stocks americani, non potevano nemmeno aumentare la domanda di dollari convertibili in oro. McAdoo respinse tuttavia la soluzione diretta, cioè la sospensione del gold standard, in quanto troppo costoso per la credibilità americana. Il NYSE rimase chiuso fino al 28 novembre 1914, al fine di impedire le vendite di titoli americani da parte di cittadini stranieri ostacolando così la conversione dei dollari in oro. L’attacco all’economia statunitense era stato sferrato dagli inglesi che avevano in mano circa 3 miliardi di azioni e obbligazioni, derivanti dal settore delle ferrovie americane ed attraverso la vendita di tali titoli in massa sul NYSE, avrebbero potuto sottrarre oro dal sistema bancario americano. In più, il timore che gli Usa potessero abbandonare il gold standard accelerava questa pratica che stava mandando letteralmente in tilt l’economia statunitense.

 

Oggi, con una crisi alle porte che può diventare devastante per molti paesi, innescata proprio dalla speculazione sui mercati americani, quella della chiusura delle borse, per ragioni di difesa della propria economia nazionale, potrebbe non essere un’ipotesi così assurda.

Le misure prese dalle istituzioni europee (ed anche da quelle italiane, che continuano a spargere sicurezza circa la solidità del nostro sistema) sono solo palliativi per tirare avanti qualche settimana o, al massimo pochi, mesi. Si naviga a vista ma non riuscendo più a scorgere la costa. Allora perché non chiudere le borse proprio come hanno fatto gli americani, nell’episodio storico citato, al fine di ristabilire nuove regole? Dato che il problema è strutturale e non emotivo o umorale, come qualcuno vorrebbe farci credere, occorre intervenire sugli stessi fondamenti del sistema finanziario, partendo proprio dai prodotti strutturati che sono la causa principale di questa debacle mondiale. Innanzitutto, occorrerebbe togliere di mezzo futures, swap, subprime impedendo che gli stessi finiscano impacchettati e venduti ai piccoli risparmiatori. In secondo luogo, come detto giustamente da Geronimo in un editoriale sul Giornale,  bisognerebbe costringere le banche a dare una ripulita ai propri bilanci mettendosi sotto la tutela dello Stato il quale, a quel punto, dovrebbe anche pretendere maggiore trasparenza del loro operato (in maniera più seria di quella attuale e con regole stringenti). Tutto ciò non credo possa essere fatto, come sostenuto da Geronimo, in una settimana. Forse ci vorranno mesi, ma il gioco vale decisamente la candela. Del resto, chi mai si straccerebbe le vesti se per un periodo di tempo, più o meno lungo, questi sciacalli della borsa restassero sotto sfratto?