ALCUNE RIFLESSIONI SULL’AMBIENTALISMO di F. D’Attanasio

La mia impressione è che la questione sia più semplice di quanto si possa pensare. Ad esempio, consideriamo il cosiddetto pacchetto 20-20-20 che dovrebbe seriamente impegnare i paesi dell’UE, in termini di emissioni inquinanti e quant’altro. Che impatto potrebbe avere, pur ammesso che si riuscisse in questo senso, un tale insieme di misure sulla condizione ambientale a livello planetario, e quindi, sulle stesse nostre  generali condizione di vita? E’ pensabile che tale pacchetto possa avere appunto, un minimo impatto positivo se tutti gli altri paesi, a partire da quello più avanzato, sono fermamente intenzionati ad inquinare come e più di quanto non facciano attualmente? E se consideriamo i costi che ciò comporta, con ripercussioni negative sul nostro sistema produttivo in termini di competitività, è auspicabile alla stessa maniera spingere in tal senso, o forse ha ragione l’attuale governo nella sua linea di opposizione? O forse pensiamo che in ogni caso l’ambiente debba essere salvaguardato, come questione di principio assoluto, ed il pacchetto debba in ogni caso essere messo in atto? Ma allora siamo proprio sicuri che la stragrande maggioranza della popolazione la penserebbe come noi, o piuttosto essa è interessata solo ed esclusivamente al che le proprie condizioni materiali di vita non deteriorino?

E sinceramente, non capisco come sviluppo e progresso entrino in contraddizione con la salvaguardia ambientale, solo l’ulteriore avanzamento tecnologico e scientifico può risolvere problemi di tale natura e portata e, contemporaneamente, evitare il peggioramento delle reali condizioni di vita: questo la storia, a mio avviso, fino ad adesso ci ha insegnato, il resto sono soltanto supposizioni che vengono però spacciate, da chi se ne fa portatore, per verità indiscutibili. Non si può, a testa bassa, tenere un atteggiamento di principio simile a quello, non dico di tutti o della maggioranza, ma di molti ambientalisti, e tendere magari a sottovalutare che quel che si sostiene non ha la certezza scientifica, bensì si tratta solo di ipotesi dotate di una certa probabilità di certezza; come si fa a non valutare attentamente tutti i risvolti politici e sociali di certe posizioni ed opinioni? Non penso sia assolutamente lecito trascurare il contesto generale in cui ci si trova a vivere, e quindi ad agire sia politicamente che teoricamente.  

In generale non ritengo affatto che le persone vogliano vivere a contatto della natura sempre e comunque, e soprattutto con modalità affini a quelle che pensano ed immaginano i difensori radicali della stessa. Sono altresì convinto che il rapporto uomo-natura sia soggetto a continua trasformazione, così come qualsiasi altro rapporto naturale o fondamentalmente sociale, e non si può proiettare le proprie aspirazioni personali sullo sfondo di presunte necessità sociali. La natura spontaneamente non ci dà nulla, ci fornisce gli elementi basilari indispensabili alla vita stessa, quegli elementi senza i quali la nostra esistenza, come quella di qualsiasi altro essere vivente, non sarebbe assolutamente possibile; ma se l’uomo non si fosse adoperato per organizzarsi socialmente, il suo stato sarebbe equiparabile perfettamente a quello animale.

Io che sono di origini molto umili, ascolto spesso i miei genitori quando parlano della loro fanciullezza e giovinezza; ebbene non avevano il riscaldamento ma solo un modesto camino con, in aggiunta, poca legna da ardere; le finestre e le porte erano alquanto provvisorie e quando nevicava poteva benissimo accadere che qualche fiocco di neve si accumulasse anche dentro casa; vi posso assicurare che i miei genitori della loro passata giovinezza (ma ciò riguarda la totalità delle persone che io conosco e che provengono da stesse condizioni) non osano rimpiangere assolutamente nulla, giacché troppo invadenti e dolorosi sono, nella loro memoria, quei fatti.

 

Se si stanno sviluppando, in campo energetico, le tecnologie così dette alternative, non è sicuramente perché qualcuno, o più di uno, si stia prendendo particolarmente a cuore le problematiche climatiche ed ambientali, ma perché di fronte al costante aumento del fabbisogno energetico, e considerando il regime competitivo che contraddistingue la nostra società, c’è necessità, per forza di cose, di ricorrere anche ad esse. E di fronte alle buone prospettive di sviluppo di questo settore nuovo, molte imprese, incluse quelle petrolifere (come effettivamente già sta in parte avvenendo), vi si butteranno a capofitto perché vedono ottime possibilità di valorizzare il capitale investito; e gli stessi stati non disdegnano certo finanziamenti in questa direzione, giacché comunque si dà impulso a nuovi settori produttivi con conseguenti ricadute positive in termini di reddito prodotto.

Mi spiace, ma sono costretto ad ammettere che sono le necessità oggettive che si impongono a determinare fondamentalmente il corso della storia, per il resto non si tratta altro che di nostri pii desideri che non avranno nessuna influenza su di esso; ora se capiamo questo è bene, altrimenti si continui pure a fare le cassandre tanto non servirà a nulla. Con ciò non voglio certo negare, in quanto del tutto inutili, le battaglie politiche e culturali, ma che siano orientate da un minimo di realismo ed anche, perché no, di pragmatismo. Quel che in fondo mi preme sottolineare, più di ogni altra cosa, è che oggi è un errore politico grossolano pensare che si possa e si debba far leva sui cambiamenti climatici, o peggio ancora sulla necessità della decrescita – in quanto il pianeta Terra sarebbe al collasso in relazione alle risorse che può effettivamente ancora offrire ai suoi esseri viventi – per una nuova e più incisiva azione tesa a coagulare delle forze sociali, ed indirizzarne così la forza in direzione di un cambiamento del così detto modello di sviluppo; questo proprio perché, a mio avviso, non esiste oggettivamente ancora questa necessità. Certo dobbiamo anche fare i conti con il fatto che, allo stato attuale delle cose, un’alternativa di società può essere solo sognata, non abbiamo elementi, di qualsivoglia natura li si consideri (sociale, politica ecc.), che ci possano indurre a pensare − nemmeno a livello di analisi e quindi di ipotesi minimamente credibili  e razionali che si potrebbero elaborare in termini di possibili sviluppi futuri − possano costituire delle condizioni su cui basare una pratica politica conseguente. Auspichiamoci dunque che si accentui sempre più il policentrismo, una fase o periodo storico che dir si voglia, che potrebbe offrirci più di una possibilità in termini di aggregazione di forze intorno ad un progetto politico antisistema.