ABRUZZO, CHE "MAJELLA"! di Giellegi

Non è che le elezioni in Abruzzo meritino più che tanto commenti in sé e per sé; semmai, più che altro, delle riflessioni “sparse”. Intanto, un astensionista da data immemorabile quale sono io non trae nessuna soddisfazione particolare dalla bassissima affluenza alle urne. Ci saranno senz’altro i “sinistri sinistri” che parleranno con aria grave (finta, che nasconde il loro gongolare) del sintomo di grave disagio rappresentato dall’astensionismo. Sono gli stessi che hanno voluto attribuire il significato di sintomo di disagio anche all’“Onda” studentesca, sulla quale evito commenti perché userei un linguaggio poco appropriato. E’ ora di finirla con questi finti “disagi”. Si tratta di manifestazioni di infantilismo prepolitico, di grande confusione mentale, di labilità psichica che potrebbero sfociare certo in fenomeni di reazionarismo sociale acuto.

Per inciso, poiché la stupidità mi procura sempre irritazione, cito quei cretini del Pd che si sono rammaricati perché, se si fossero accordati con l’Udc, avrebbero vinto. A parte il fatto che se si sommano i voti dei candidati Idv (con Pd) e Udc, si resta comunque al disotto di quelli presi da Chiodi (Pdl), solo degli insensati riescono a pensare che ci si possa alleare contemporaneamente con Casini e Di Pietro. Ormai, non esiste diga alcuna contro l’“idiozia con lampi di imbecillità” (Petrolini).

Quanto al successo di Di Pietro, e del suo comparto di provocatori ormai addetti allo sfascio del paese per cercare di “pescare nel torbido”, non starei a perdermi in tante analisi sociologiche. In parte c’è un fattore prettamente regionale; dall’altra, il raggrumarsi attorno a questi s-fascisti (il PRC non è andato oltre il solito 3%, e comunque si tiene stretto all’Idv) di tutta la parte blasonata di “antifascismo” (in realtà puro antiberlusconismo), che è – come scritto nel mio pezzo immediatamente precedente questo – l’equivalente storico della marmaglia che nel ’22 avviò l’Italia lungo una certa direzione. E mi piace ricordare (il blog lo ha già fatto ben più di un anno fa) quanto scrisse allora Salvemini, sicuramente antifascista:

“Se Mussolini arriverà a spazzare via queste vecchie mummie e canaglie, avrà fatto opera utile al paese. Dopo che lui abbia compiuto questo lavoro di spazzature, verranno avanti uomini nuovi, che spazzeranno lui [certo ci sono voluti vent’anni, ma in termini di “storia” non è un periodo lunghissimo, talvolta il minimo necessario a “svuotare i cassonetti”; ndr]. Se Mussolini venisse a morire, e avessimo un ministero Turati, ritorneremmo pari pari all’antico. Motivo per cui bisogna augurarsi che Mussolini goda di una salute di ferro, fino a quando non muoiano tutti i Turati, e non si faccia avanti una nuova generazione liberatasi delle superstizioni antiche”.

In effetti, si fece alla fine avanti una generazione nuova (e non solo nuova, perché Gramsci resta una delle personalità più luminose di quel periodo; per me, anzi, la più luminosa!). Tuttavia, fra “patto di Yalta”, opportunismi vari, alleanze tattiche anche troppo “avventurose”, non tutto si rinnovò con la Resistenza. Questa fu senza dubbio un fenomeno quasi unico di una storia “patria” assai avara di episodi gloriosi (a parte quelli ufficialmente celebrati, che in genere fanno sorridere se non peggio). E’ oggi inutile parlare di “tradimento” della stessa, sarebbe patetico. Certamente, però, indigna che la si sia ridotta ad una sorta di lotta per la liberazione dallo “straniero” (un puro e poco encomiabile cambio di alleanze, come spesso ha fatto una parte degli italiani, onde schierarsi senza dignità con i vincitori, da puri vigliacchi quali certuni, fascisti fino al “giorno prima”, sono stati; e i sopravvissuti sono spesso i più accesi “antifascisti”, antiberlusconiani, odierni!) e alla riconquista della “democrazia” (al puro “soldo” dello straniero americano, stradominante e padrone del nostro paese).

Lasciamo stare il giudizio su come probabilmente sarebbero andate le cose, agendo diversamente. Resta il fatto che la parte decisiva della Resistenza non desiderava affatto tornare alla “democrazia” (quella appunto dei Giolitti e Turati contro cui tuonava perfino un non comunista quale Salvemini). Essa desiderava un’autentica trasformazione sociale. Non si poteva fare, questo è certo; e, se anche lo si fosse potuto, “il vino sarebbe andato in aceto”. Questo non toglie nulla a coloro che si sono battuti – morti, incarcerati, e infine vittoriosi ma pagando un prezzo altissimo – con intenti di un ordine nuovo, non certo di promulgare l’intoccabile Costituzione. Ed è una vergogna intollerabile, da respingere con la massima forza, la menzogna secondo cui quella parte della Resistenza, che ne rappresentò il meglio, fosse venduta allo straniero (l’URSS). Chi gridava a questa “vendita” era come al solito colui che veramente si vendeva agli Usa, a partire dai nostri settori industrial-finanziari per finire ai “democratici” (cristiani o meno, poco importa in tal contesto). “Fare come in Urss” non aveva alcun significato di subordinazione ad un altro paese: era un, forse mal inteso (ma sincero), spirito internazionalista e un desiderio di continuare quella rivoluzione che – certo sbagliando, ma ce ne siamo accorti con molto ritardo – si pensava fosse iniziata con l’“assalto al Cielo” nel 1917; e noi, sia chiaro, non rinneghiamo (magari “alla Bifo”) quel grande evento, ne siamo invece fieri e restiamo convinti che abbia comunque cambiato il mondo: non in direzione del socialismo, ma pur sempre in meglio.

Mi si scusi questo lungo détour, ma era necessario per dire che gli “antifascisti” odierni (in realtà meri antiberlusconiani), seguaci e componenti di spicco del “reparto guastatori” dell’Idv, non hanno nulla a che vedere con gli autentici resistenti; sono solo degli individui meschini e torbidi, l’equivalente storico (quindi con la solita formula del mutatis mutandis) di quel ceto sociale, attaccato ai propri piccoli privilegi “in scadenza”, che formò l’humus di provocazione, disordine, sfascio crescenti, da cui nacque poi l’esigenza dell’intervento “d’ordine”. Chi sono i falsi antifascisti d’oggi, provocatori eversivi, pronti a tutte le avventure? Nello scritto appena citato (“Marasma continuo”) ho già segnalato di quali verminosi “ceti medi” si tratti, reazionari a tutto tondo che difendono appannaggi ottenuti mettendo a sacco le risorse “pubbliche”, create dai ceti lavoratori e produttivi. La confusione – una lunga storia iniziata già nel ’68, ma soprattutto nel ’77 – è così grande che a questi provocatori si alleano settori di sedicenti “comunisti” (o comunque di “sinistri” con la pretesa di essere “estremi”), i quali, e magari qualcuno anche in buona fede, cianciano ancora di “classe operaia” o di “masse lavoratrici” o di “movimenti alternativi” (quelli dell’imbecillità “altermondista”).

Anche nel ’22 c’erano quelli che facevano rumore e caos dicendosi “antiborghesi”, “antiplutocratici”, ecc. E vi era gente in buona fede; non a caso Gramsci consigliava di trattare con le dovute distinzioni quella nebulosa di cui facevano parte, ad esempio, gli “arditi del popolo”. Indicazione giusta, da tenere in conto anche oggi, sapendo bene però che i “capi” dell’attuale nebulosa di provocazione e sfascio generalizzato – come i capi di quella di allora – non sono in buona fede, stanno agendo per portarci verso avventure patrocinate dai settori più arretrati e parassitari del grande capitale italiano; e che, al momento (in futuro, anche prossimo, vedremo se qualcosa cambierà), si aggrappano al sostegno della finanza e della politica statunitense, facendosene i servi più sciocchi d’Europa (o almeno alla pari di quelli polacchi, romeni o addirittura kosovari e ucraino-georgiani). Si tratta di “vile plebaglia”, che non sarebbe difficile disperdere, se soltanto esistesse in Italia un vero Governo, non autoritario ma semplicemente dotato di autorità e con una strategia ben mirata e coerente (e appoggiata dall’insieme dei ceti produttivi e da ben diverse forze politiche rispetto alle attuali).

Sempre nello scritto già citato, e che si trova appena sotto questo, ho in linea generale segnalato quali strategie sarebbero però necessarie, e quale nuovo blocco sociale dovrebbe formarsi, costituito per una parte non indifferente da operai, da quelli più giovani che cominciano ad accorgersi degli inganni messi in atto dai sedicenti “rivoluzionari”; in realtà, lo ripeto, sordidi individui al servizio del peggiore e più truffaldino capitale oggi esistente in questo paese. Dubito però che, se non ci si muove subito in una diversa direzione, sia possibile mettere in piedi blocchi sociali nuovi, strategie politiche nuove. Ci vogliono tempi se non proprio lunghi, certamente medi (non meno di dieci anni); francamente, mi sembrano eccessivi, arriverà prima lo sfascio. Sia chiaro che non mi preoccupano i guastatori e provocatori dell’Idv (e del ceto medio parassita di sinistra che ha alimentato girotondi, campagne mediatiche di puro raggiro dell’opinione pubblica patrocinando una finta moralizzazione, ecc.). Mi preoccupano quelli che li muovono, i settori parassiti industrial-finanziari che, malgrado la crisi, hanno sempre soldi a sufficienza per corrompere e promuovere una politica di caos per poi “assaltare la diligenza”.

E mi preoccupa notare – e spero sempre di sbagliarmi – che i settori di punta, i più moderni, non danno una mano a costituire nuove forze politiche assai più decise delle attuali nel contrastare i propositi di quella che ho sempre denominato GFeID. Bisogna muoversi prima che il degrado – aiutato dalla crisi in atto e in probabile aggravamento – giunga allo stadio di “malattia mortale”. In ogni caso, è ormai lampante: l’antifascismo e il comunismo (o almeno il radicalismo di sinistra) sono ormai divenuti oggi, tramite un processo durato a lungo, le false ideologie – rivestite di un aspetto esteriore esattamente opposto al loro reale carattere – che ingannano e deviano forze magari potenzialmente capaci di opporsi invece a questa deriva profondamente reazionaria. Adesso basta farsi ingannare: chi è in buona fede rompa con questi mentitori e sediziosi. Non sono antifascisti, tanto meno comunisti e idealmente vicini alla fu Resistenza; seguono dei venduti al grande capitale più arretrato e succube di “potenze straniere”. Questa la realtà che va gridata forte!